[Il cardinale legato tenta d'appagar la
dieta con una leggera riforma]
Fece il cardinale la riforma della
Germania, la quale non toccando se non il clero minuto (e giudicandosi che
dovesse non solo fomentar il male, come fanno sempre i remedi leggieri, ma che
servisse ad accrescere maggiormente il dominio della corte e de' prelati
maggiori, a pregiudicio dell'autorità temporale e desse adito a maggiori
estorsioni di danari) non fu ricevuta, tenendosi che fosse una mascherata per
deludere l'aspettazione della Germania e per ridurla sotto maggior tirannide,
con tutto che il legato facesse accurati ed efficaci uffici acciò fosse
accettata: onde né egli consentí ad alcuna delle proposizioni fattegli dai
deputati della dieta. Vedendosi perciò che fosse impossibile di concludere
alcuna cosa con esso, publicarono il recesso a' 18 aprile, con decreto che dal
pontefice, col consenso di Cesare, fosse intimato quanto prima un concilio
libero in Germania, in luogo conveniente, e che li stati dell'Imperio si
congregassero a Spira per li 11 novembre per determinar che cosa si dovesse
seguir tra tanto che fosse dato principio al concilio. Che ciascun prencipe nel
suo Stato congregasse uomini pii e dotti, i quali raccogliessero le cose da
disputare nel concilio; che li magistrati avessero cura che fosse predicato
l'Evangelio secondo la dottrina de' scrittori approvati dalla Chiesa, e fossero
proibite tutte le pitture e libri contumeliosi contra la corte romana.
Il legato, avendo risposto a tutti i capi
del decreto, e mostrato che non fosse ufficio de' secolari deliberar alcuna
cosa intorno alla fede e dottrina o predicazione di quella, promise quanto al
concilio solamente che n'averebbe dato conto al pontefice.
Partendosi i prencipi dalla dieta, fece il
legato ufficio con quelli che piú erano aderenti alle cose romane di ridurli
insieme per far publicar la riforma non ricevuta nella dieta; e si ridussero in
Ratisbona con lui, Ferdinando, fratello dell'imperatore, il cardinale
arcivescovo di Salzburg, due delli duchi di Baviera, i vescovi di Trento e
Ratisbona, e gli agenti di 9 vescovi; dove fecero prima un decreto sotto il dí
6 di luglio: che essendo stato ordinato nel convento di Noremberga che l'editto
di Vormazia contra Lutero fosse esseguito quanto si poteva, per tanto essi, ad
instanzia del cardinale Campeggio legato, commandavano che fosse osservato in
tutti i loro dominii e Stati. Che fossero castigati gl'innovatori, secondo la
forma dell'editto; che non si mutasse cosa alcuna nella celebrazione della
messa e de' sacramenti, si castigassero i monachi e monache apostati e preti
che si maritavano, e quelli che ricevevano l'eucaristia senza confessarsi, o
mangiavano cibi proibiti; e che tutti i loro sudditi, i quali erano
nell'academia di Vitemberg, fra tre mesi partissero, tornando a casa overo
andando in altro luogo. Il giorno seguente, delli 7, publicò il cardinale le
sue constituzioni della riforma, le quali furono approvate da tutti i sopra
nominati prencipi, e commandato che per li loro Stati e dominii fossero
promolgate, ricevute et osservate.
Nel proemio d'esse constituzioni diceva il
cardinale che, essendo di molto momento per estirpar l'eresia luterana,
riformare la vita et i costumi del clero, col conseglio de' prencipi e prelati
seco ridotti, aveva statuito quei decreti, i quali commandava che fossero
ricevuti per tutta Germania dalli arcivescovi, vescovi et altri prelati, preti
e regolari, e publicati in tutte le città e chiese. Contenevano 37 capi, circa
il vestire e conversare dell'ordine clericale, circa il ministrar gratis i
sacramenti et altre fonzioni ecclesiastiche, sopra i conviti, sopra le fabriche
delle chiese, sopra quelli che s'avevano a ricever alli ordini, sopra la
celebrazione delle feste, sopra i digiuni, contra i preti che si maritavano,
contra quelli che non si confessavano e communicavano, contra i biastematori,
sortilegi divinatori et altre cose tali. Infine era commandata la celebrazione
de' concilii diocesani in ogni anno per osservanzia di quei statuti, dando ai
vescovi potestà d'invocare il braccio secolare contra i transgressori.
Divulgato l'editto di riforma, i prencipi
e vescovi che nella dieta non avevano consentito alla dimanda del cardinale
restarono offesi, cosí di lui, come di tutti quelli che erano convenuti con
esso in Ratisbona, parendo loro restar ingiuriati dal legato, che avesse voluto
far un ordine generale per tutta la Germania con intervento d'alcuni pochi
solamente, e tanto piú dopo che gli era stato dimostrato che non fosse per
riuscirne alcun bene. Si riputarono anco ingiuriati da que' pochi prencipi e
vescovi, che soli s'avessero assonto d'intervenire ad obligar tutta la
Germania, contra il parere degli altri. S'opponeva anco a quella riformazione:
prima, che tralasciate le cose importanti, come se in quelle non vi fosse alcun
disordine, si provedesse alle cose di leggierissimo rilevo; perché poco male
pativa la Germania per gli abusi del clero minuto, ma gravi per le usurpazioni
de' vescovi e prelati, e gravissimi per quelli della corte romana; e nondimeno,
come se questi fossero stati piú ordinati che nella primitiva Chiesa, non se ne
faceva menzione; poi, per quanto s'aspettava anco al minuto clero, non si
trattava delli principali abusi, ma di quelli che meno importavano, che era
quasi un approvar gli altri; e quelli anco che si riprendevano erano lasciati
senza veri rimedii, col solo notarli, non applicandovi la medicina necessaria
per sanar il male.
Ma al legato et alli sopra detti prencipi
con lui convenuti poco importava quello che fosse detto in Germania, e meno
quello che fosse per seguire della publicazione dell'editto; perché il loro
fine non era altro che dar sodisfazzione al pontefice, né il fine del pontefice
altro che mostrar d'aver proveduto, sí che non vi fosse bisogno del concilio.
Perché Clemente, molto versato ne' maneggi di Stato, eziandio vivendo Adriano,
sempre aveva tenuto difeso che nelle occorrenze di quei tempi fusse consiglio
pernizioso valersi del mezo de' concilii; et era solito dire che il concilio
fosse utile sempre che si trattasse tutt'altro che dell'autorità del papa, ma
venendo quella in contenzione, nissuna cosa fosse piú perniziosa. Perché, sí
come per li tempi passati l'arma de' pontefici fu il ricorrere alli concilii,
cosí nel presente la sicurezza del pontificato consiste in declinarli e
fuggirli; tanto piú ch'avendo già Leone condannata la dottrina di Lutero, non
si poteva trattare la medesima materia in un concilio, né metterla in essame,
senza metter in dubio anco l'autorità della Sede apostolica.
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