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Paolo Sarpi Istoria del Concilio tridentino IntraText CT - Lettura del testo |
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[Il papa è assalito da' cesariani e Roma è presa e saccheggiata] Perilché nel seguente anno 1527 andarono in silenzio le negoziazioni di concilio, secondo l'uso delle cose umane che ne' tempi della guerra le provisioni delle leggi non hanno luogo. Successero nondimeno notabili accidenti, i quali è necessario narrare per l'intelligenzia delle cose che succedettero doppo nella materia che noi trattiamo. Imperoché, pretendendo il vicerè di Napoli che il pontefice, col procedere contra i Colonnesi, avesse violata la tregua et incitato dal cardinale et altri di quella famiglia, ritornò a reinviar le genti sue verso Roma. E dall'altro canto ancora Carlo di Borbone, capo dell'essercito imperiale in Lombardia, non avendo da pagar l'essercito e temendo che si ammutinasse o almeno dileguasse, volendolo in ogni maniera conservare, l'inviò verso lo Stato ecclesiastico, al che anco era incitato efficacemente da Giorgio Fransperg, capitano tedesco, il qual avendo condotto in Italia un numero di 13 in 14 mila soldati di Germania, quasi tutti aderenti alle openioni di Lutero, non con altra paga che con avergli dato un scudo per uno del suo proprio e promesso di condurli a Roma, mostrandogli la grand'occasione di predare e farsi ricchi in una città dove cola l'oro di tutta Europa. Nel fine di genaro Borbone passò il Po con tutta questa gente e s'inviò verso la Romagna, dalla qual mossa Clemente ebbe molta perturbazione, considerando la qualità della gente e le continue minaccie di Fransperg, che appresso all'insegna faceva portar un laccio, dicendo con quello voler impiccar il papa, per inanimir i suoi a star uniti e sopportar di caminare, ancorché non pagati. Le qual cose tutte indussero il pontefice a dar orecchie a Cesare Fieramosca napolitano, il quale di nuovo venuto di Spagna, gli aveva portato una longa lettera di Cesare piena d'offerte; e fattogli fede che l'imperatore aveva sentito male l'ingresso de Colonnesi in Roma e che era desideroso di pace, indusse il pontefice a prestare orecchie ad una trattazione di tregua, la qual si sarebbe maneggiata tra lui et il vicerè di Napoli. E se ben nel marzo sopravenne un accidente d'apoplessia al capitano Giorgio Fransperg, che lo condusse quasi a morte, nondimeno, perché l'essercito era già entrato nello Stato ecclesiastico e tuttavia caminava, in fine del mese si risolse il papa di venir all'accordo, quantonque lo vedeva dover esser con grand'indignità et anco con dar sospezzione a' collegati e forse alienargli dalla sua difesa. Fu adonque stabilita la sospensione d'arme per otto mesi, pagando il pontefice sessanta mila scudi e concedendo assoluzione dalle censure a' Colonnesi e la restituzione della dignità al cardinale, al che condescese con estrema difficoltà. Ma la tregua, se ben conclusa col vicerè e seguita la esborsazione de' danari e la restituzione de' Colonnesi, non fu accettata dal duca di Borbone, il qual, seguitando il camino, il dí 5 maggio alloggiò appresso Roma, et il giorno seguente diede l'assalto dalla parte del Vaticano. Dove, quantonque i soldati del papa e la gioventú romana, massime della fazzione guelfa, s'opponesse nel principio arditamente, e Borbone restasse morto d'archibuggiata, nondimeno l'essercito entrò, fuggendo i defensori nel Borgo. Il pontefice, come ne' casi repentini, pieno di timore, con alcuni cardinali si salvò nel Castello; e quantonque fosse consegliato non fermarvisi, ma passar immediate in Roma e di là salvarsi in qualche luogo sicuro, nondimeno, ripudiato il buono conseglio, forse per disposizione di causa superiore, risolvé di fermarvisi. La città ritrovandosi senza capo, restò piena di confusione in maniera che nissun venne al rimedio, che sarebbe stato proprio in quel tempo, di romper i ponti che sopra il Tevere passano dal Borgo in Roma e mettersi alla difesa, il che, se fosse stato fatto, averebbero i romani almeno avuto tempo di retirar le persone di conto e le robe preciose in luogo sicuro; ma non essendo questo fatto, passarono i soldati nella città, spogliarono non solo le case, ma le chiese ancora di tutti gli ornamenti, giettate in terra e conculcate le reliquie et altre cose sacre non di valore, fecero prigioni i cardinali et altri prelati, facendo anco derisione delle persone loro con menarli sopra le bestie vili in abito e con l'insegne pontificali. Certo è che i cardinali di Siena, della Minerva e Ponceta furono bene battuti e menati vilissimamente in processione, e che i cardinali spagnoli e tedeschi, con tutto che si fidassero per esser l'essercito composto de' soldati delle nazioni loro, non furono meno mal trattati delli altri. Fu assediato il papa, retirato nel Castel Sant'Angelo, e fu costretto ad accordarsi, cedendo il Castello, insieme a' capitani imperiali e consegnando la persona sua prigione in quello, nel quale anco fu tenuto da loro assai stretto; dove essendo per le cose successe in grandissima afflizzione, se glien'aggionse una, secondo la sua stima molto maggiore, che il cardinale di Cortona, il qual era al governo di Fiorenza per suo nome, immediate udita la nuova, si retirò dalla città e la lasciò libera; la quale, subito scacciati i Medici e vindicatasi in libertà, riordinò il suo governo, e la maggior parte de' cittadini dimostrò tanta acerbità verso il papa e la casa sua, che scancellò tutte l'insegne di quelli, eziandio ne' luoghi loro privati, e desformò con molte ferite l'imagini di Leone e di Clemente che erano nella chiesa della Nonciata.
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