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Paolo Sarpi Istoria del Concilio tridentino IntraText CT - Lettura del testo |
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[Il papa si risolve alla traslazione, e dà l'investitura di Parma e Piacenza al suo figlio naturale] Il pontefice era molto angustiato: alle volte si eccitava in lui il desiderio antico de' suoi precessori che il concilio non si celebrasse, e condannava se stesso d'aver caminato questa volta tanto inanzi; vedeva però di non poter senza gran scandalo e pericolo mostrar apertamente di non volerlo, con dissolvere quella poca di congregazione che era in Trento; vedeva chiaramente che per estinguer l'eresie non era utile rimedio, perché per quello che s'aspettava all'Italia, era piú ispediente con la forza e con l'ufficio dell'inquisizione provedere, dove che l'espettazione del concilio impediva questo che era l'unico rimedio. Quanto alla Germania appariva ben chiaramente che il concilio piú tosto difficoltava che facilitava quelle cose; nel rimanente, ancora celebrandosi, aveva gran dubio se dovesse concedere all'imperatore i mezi frutti e vassallatici de' monasterii di Spagna; perché non facendolo, Sua Maestà ne sarebbe restata sdegnata, e facendolo dubitava che nel concilio scoprissero i prelati spagnuoli alienazione d'animo da lui e dalla Sede apostolica, che ad altri donava quello che a loro apparteneva. Vedeva anco una mala sodisfazzione ne' prelati del regno, a' quali averebbe parso intolerabile il pagare le decime et insieme stare su le spese nel concilio; giudicava che quelli di Francia si sarebbono accostati con loro e fomentatigli non per carità, ma per impedire i commodi dell'imperatore. Perilché comminciò voltare l'animo alla translazione, purché non si trattasse di portarlo piú dentro in Germania, come era stato trattato in Vormes, al che non voleva acconsentire mai (diceva egli), se ben s'avesse avuto 100 ostaggi e 100 pegni; massime che col trasferirlo piú dentro in Italia in luogo piú fertile, commodo e sicuro, gli pareva fuggire l'inconveniente di continuare in quello stato e tener il concilio sopra le ancore, e tirarlo di stagione in stagione, peggior deliberazione che si potesse fare per infiniti e perpetui pregiudicii che potrebbono succedere; oltre che, col tempo che la translazione portava, era rimediato al male presente, che era avere un concilio in concorrenza d'un colloquio e d'una dieta instituita per causa di religione, non sapendo che fine né l'uno né l'altro potessero avere; cosa disonorevole e pericolosa e di mal essempio, e si sodisfaceva a' prelati col partire da Trento. Cosí deliberato, per esser provisto a far opportunamente l'essecuzione, mandò a' legati la bolla di facoltà per trasferirlo, data sotto 22 di febraro, della qual dí sopra s'è detto. Non occupavano questi pensieri né tutto, né la principal parte dell'animo del pontefice, sí che non pensasse molto piú all'infeudazione di Parma e Piacenza nella persona del figliuolo, quale aveva a Cesare communicata, e la mandò ad effetto nel fine d'agosto, senza rispetto dell'universale mormorio che, mentre si trattava di reformar il clero, il capo donasse principati ad un figliuolo di congionzione dannata, e quantonque tutto 'l collegio lo sentisse male, se ben solo Giovan Dominico de Cupis, cardinale de Trani, con l'aderenza d'alcuni pochi, si opponesse, e Giovan Vega, ambasciator imperiale, ricusasse intervenirvi, e Margarita d'Austria, sua pronuora, che averebbe voluto l'investitura in persona del marito, perché perdeva il titolo di duchessa di Camerino e non ne acquistava altro, se ne mostrasse scontenta. Dipoi, voltato tutto ad uscire delle difficultà e pericoli che portava il concilio, stando cosí né aperto, né chiuso, ma sí ben in termine di poter servire all'imperatore contra di lui, deliberò di mandar il vescovo di Caserta per trattare con Sua Maestà, proponendo che si aprisse e se gli dasse principio, overo si facesse una sospensione per qualche tempo; e quando questo non fosse piacciuto, la translazione in Italia, per dare tempo onestamente a quello che si fusse trattato nel colloquio e dieta, o qualche altro partito, che non fosse cosí disonorevole e pericoloso per la Chiesa, come era lo star in concilio in pendente con i legati e prelati ociosi.
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