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Paolo Sarpi Istoria del Concilio tridentino IntraText CT - Lettura del testo |
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[Il concilio di Laterano proposto ad imitare a Trento. Contesa sopra 'l titolo] E passando alle azzioni conciliari, il cardinale del Monte narrò il modo tenuto nel concilio lateranense ultimo, nel quale egli intervenne arcivescovo sipontino. Disse che trattandosi allora della pragmatica di Francia, del schisma introdotto contra Giulio II e della guerra tra prencipi cristiani, furono fatte tre deputazioni de' prelati sopra quelle materie, accioché ciascuna congregazione, occupata in una sola, potesse meglio digerirla; che formati i decreti si faceva congregazione generale, dove ciascuno diceva il voto suo, e secondo quelli erano meglio riformate le risoluzioni, in modo che nella sessione le cose passavano con somma concordia e decoro; che piú molteplice era quello che da loro doveva essere trattato, avendo i luterani mosso ogni pietra per sovvertire l'edificio della fede; però che sarà necessario dividere le materie et in ciascuna ordinare congregazioni particolari per disputarle; far deputati a formare i decreti da esser proposti in congregazione generale, dove ogni uno dirà il parere suo; quale, acciò sia intieramente libero, essi legati avevano deliberato di fare solamente ufficio de proponenti e non dire il suo voto, ma questo fare nelle sessioni solamente. Che tutti pensassero le cose necessarie da trattare per dover dare qualche principio, fatta la sessione che instava. Che allora proponevano, se piaceva loro che si publicasse nella sessione un decreto formato circa il modo di vivere cristianamente in Trento durante il concilio. Il qual letto col titolo: «la Sacrosanta», sí come fu da Roma mandato, fecero instanza i francesi che si dovesse aggiongere: «rappresentante la Chiesa universale», la qual opinione fu seguita da gran parte de' vescovi con universale assenso. Ma i legati, considerando che questo era titolo usato dal constanziense e basileense solamente, e l'immitargli era un rinovare la loro memoria e dargli qualche autorità et aprire porta all'ingresso delle difficoltà che la Chiesa romana ebbe in quei tempi, e, quello che piú importava, avvertendo che dopo avere detto: «rappresentante la Chiesa universale», averebbe potuto venire pensiero ad alcuni d'aggiongere anco le seguenti parole, cioè che tiene potestà immediate da Cristo, alla quale ciascuno, eziandio di degnità papale, è tenuto di ubedire, s'opposero gagliardamente e (come essi scrissero a Roma) con parole formali s'appontarono contra, non esplicando però a' padri le vere cause, ma solo con dire che erano parole ampullose et invidiose, e che gli eretici gli averebbono dato sinistra interpretazione; e s'adoperarono ciascuno d'assistere senza scoprir il secreto, prima con arte, e poi con lasciarsi intendere liberamente di non volerlo permettere, sí che fecero acquiettare il moto universale, se ben i francesi et alcuni altri pochi restarono fermi nella loro proposta. Et a' legati prestò grand'aiuto Giovanni di Salazar, vescovo di Lanciano, spagnolo di nazione; il qual, avendo commendato in molte parole i primi concilii della Chiesa per l'antichità e santità degli intervenienti, lodò che fossero immitati nel titolo usato da loro molto semplice, senza espressione di rappresentazione, o di quale o quanta autorità la sinodo abbia. Non piacque però quello che continuò dicendo, che ad essempio di quelli si doveva tralasciare anco la nominazione de' presidenti, che non si vede mai usata in nissun concilio vecchio, solo incomminciata dal costanziense, che per causa del scisma mutò piú volte presidenti; soggiongendo che, se l'essempio di quello fosse da seguire, bisognarebbe anco nominare l'ambasciatore dell'imperatore, perché allora fu nominato il re de' Romani et anco i prencipi che erano con lui. Ma questa fastosità essere aliena dall'umiltà cristiana, e fece ripetizione del discorso fatto dal cardinal Santa Croce de' 12 decembre, inerendo al quale concludeva che si dovesse tralasciare anco il far menzione di presidenza. Diede a' legati questa proposta maggior pensiero che la precedente; nondimeno il cardinale del Monte presentaneamente rispose: i concilii aver parlato diversamente secondo le occorrenze che i tempi portano; per i tempi passati il papa essere stato sempre riconosciuto come capo nella Chiesa, né mai da alcuno essere stato dimandato concilio con questa condizione che fosse independente dal papa, come i tedeschi adesso arditamente; alla qual eretical temerità conveniva sempre in ogni azzione repugnare, mostrandosi d'essere congionti col capo, che è il pontefice romano, facendo menzione dei suoi legati. Parlò longamente in questa materia, la qual sapendo che con la diversione era piú facile sostentare che persuadere, procurò che si passasse ad altro. La contenenza del decreto fu approvata da tutti; ma essendovi in esso una particola, dove ognuno era essortato a pregar Dio per il papa, per l'imperatore e per i re, fecero instanza i prelati francesi, che si facesse nominatamente menzione di quel di Francia; il che lodando il cardinale Sancta Croce, ma soggiongendo che averebbe convenuto fare simile specificazione di tutti al luogo loro, che era cosa longa e piena di pericolo per la precedenza replicarono i francesi che il papa nella bolla della convocazione aveva fatta menzione del solo imperatore e re di Francia, e però conveniva, seguendo l'essempio, o nominar ambedue o nissuno d'essi. Si riferirono i legati a pensarci, dando intenzione che ogni uno resterebbe sodisfatto.
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