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Paolo Sarpi
Istoria del Concilio tridentino

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  • Libro secondo
    • [Nella congregazione si tratta della materia della seguente sessione. Il papa ordina che si tratti del peccato originale]
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[Nella congregazione si tratta della materia della seguente sessione. Il papa ordina che si tratti del peccato originale]

Ma tornando alle cose conciliari, erano restati, come s'è detto, per reliquie delle cose trattate inanzi l'ultima sessione i doi capi di provedere alle lezzioni della Sacra Scrittura e predicazione del verbo divino. Perché nella prima congregazione si trattò di questo et anco, per dare principio alla materia della fede, si propose di trattar insieme del peccato originale: al che s'opposero i prelati spagnoli, con dire che vi restava ben materia assai da trattare per una sessione, provedendo ben agli abusi che erano nella predicazione e lezzione. La qual opinione fu anco seguita da' prelati italiani imperiali; e parve a' legati di scoprire che questo era ufficio fatto da' ministri cesarei, i quali strettamente a punto avevano trattato con quei prelati. Perilché ne diedero aviso a Roma; da dove gli fu risposto che vedessero d'andare ritenuti sin tanto che s'avesse potuto dare loro risoluzione. Perilché essi usarono artificiosa diligenza, trattenendosi con la parte degli abusi, senza venir a conclusione d'essi e senza far dimostrazione che volessero o non volessero incaminarsi nella materia del peccato originale; cosí si continuò sino a Pasca.

La qual passata, il pontefice scrisse che si procedesse inanzi e fosse quella materia proposta: la lettera, capitata a' 2 di maggio, pervenne a notizia di don Francesco, il quale, andato alla visita de legati, usò molti artificii, ora mostrando di consegliare, ora di proponere parere in materia del proseguire la riforma, solamente a fine d'intendere la mente loro e persuadergli obliquamente a quello che dissegnava; ma vedendo di non fare frutto, passò inanzi dicendo tanto apertamente quanto bastava, avere lettere dalla Maestà cesarea per quali gli commetteva di procurare che per allora non si entri ne' dogmi, ma si tratti la riforma solamente. A che risposero i legati con assai ragioni in contrario, e fra le altre con dire che non potevano farlo senza contravenire alle bolle del papa, che proponevano queste due materie insieme, et a quello che si era stabilito in concilio di mandarle del pari, aggiongendo d'avere scritto a Sua Santità che 8 giorni dopo Pasca averebbono incominciato. Furono da ambedue le parti fatti diversi discorsi e repliche, e dicendo finalmente i legati d'avere commandamento dal papa e non poter mancare del loro ufficio, disse don Francesco l'ufficio de buoni ministri esser il mantenere l'amicizia tra prencipi et aspettare qualche volte la seconda commissione; il che, sí come da' legati non fu negato, cosí risposero che non si doveva voler da' loro piú di quello che potessero fare con loro onore. Di tutto ciò diedero al pontefice conto, aggiongendo avergli detto il cardinale di Trento che, se si proponesse l'articolo del peccato originale, non passarebbe senza mala contentezza dell'imperatore, e che però, desiderando essere da una parte ministri di pace e concordia e dall'altra ubedienti a' commandamenti di Sua Santità, gli era parso spedire questo aviso in diligenza, pregandola a non lasciargli errare: soggiongendo che, non venendo altro aviso, seguiterebbono il suo ultimo commandamento, sforzandosi a persuadere a don Francesco et al cardinale di Trento che l'articolo del peccato originale in Germania non sia piú per controverso, ma per accordato, apparendo ciò per l'ultimo colloquio di Ratisbona, dove Sua Maestà per il primo articolo da concordare ha fatto pigliare quello della giustificazione; ma per dar piú longo tempo che sarà possibile, si tratteneranno tutti i giorni che potranno onestamente con l'espedizione del residuo della sessione passata.

Si fece una congregazione per questo solo di dare meglior forma come si dovesse procedere piú ordinatamente che per lo passato, cosí nel trattare la dottrina della fede, come la materia della riforma: e furono distinte due sorti di congregazioni, una di teologi, per discorrere sopra la materia di fede che si proponesse, e le loro opinioni fossero scritte da uno de' notari del concilio e, parlandosi della riforma, fossero oltra i teologi, introdotti anco i canonisti, e queste congregazioni si tenessero in presenza de' legati, ma vi potessero però intervenire quei padri a chi piacesse per udire. Una altra sorte di congregazione constasse de' prelati a formar i capi o di dottrina, o di riforma, i quali essaminati e, secondo il parere piú commune, ordinati, fossero proposti nella congregazione generale per sentir il voto di ciascuno e, secondo la deliberazione della maggior parte, stabilire i decreti da publicare in sessione.

Seguendo questo ordine fu trattato delle lezzioni e prediche, formando e riformando varie minute di decreti, né mai si trovò modo che piacesse a tutti, per esser interessati molto i prelati a volere che tutto dependesse dalla autorità episcopale e che non vi fosse nissuna essenzione; e dall'altro canto volendo i legati mantenere i privilegii dati dal pontefice, massime a' mendicanti et alle università: e dopo molte dispute, essendo la materia assai dibattuta, credettero che nella congregazione de' 10 maggio dovessero essere tutti d'accordo. Ma riuscí in contrario, perché se ben durò sino a notte, non si poté prendere conclusione, in alcuni capi per la diversità de' pareri tra' prelati medesimi, in altri, perché i legati non volevano condescender all'opinione universale di levare o almeno moderare i privilegii. Opponevano a' vescovi che si movessero piú per interesse proprio che per raggione; che non tenessero conto del pregiudicio de' regolari; che troppo arditamente volessero correggere i concilii passati e mettere mano ne' privilegii concessi dal papa; né potero convenire, non tanto per la varietà delle opinioni e per l'interesse de vescovi, ma ancora perché gli imperiali procuravano ciò per mettere tempo, a fine che non si venisse alla proposizione de' dogmi. Né a legati era ingrato che temporeggiasse, essendo risoluti, se non gli veniva vietato nella risposta che aspettavano da Roma, passar alla proposizione de' dogmi, e come dicevano i suoi confidenti, chiarirsi di quello che ne abbia a riuscire.

Ma per mettere qualche fine alle cose trattate, fecero legger un sommario delle opinioni de' teologi e canonisti, dette in diverse congregazioni precedenti, dicendo che per esser i voti assai longhi, avevano scielto quello che gli pareva esser di buona sustanza acciò si essaminasse e si dicesse sopra il parere. Ma Bracio Martello, vescovo di Fiesole, udito a leggere l'estratto, s'oppose con perpetua orazione dicendo esser necessario che la congregazione generale intendesse i voti e le raggioni di tutti, e che non gli fossero lette raccolte e sommarii, e si estese in maniera, amplificando l'autorità del concilio e la necessità di ben informarlo e la poca convenienza che era che alcuni soli fossero arbitri delle deliberazioni, overo le risoluzioni venissero d'altrove, che i legati restarono assai offesi e ripresero il vescovo bene con affettata modestia ma però assai pongentemente; e la congregazione fu licenziata.

Il giorno seguente mandarono i legati a dimandar al vescovo copia del raggionamento fatto da lui e la mandarono a Roma, tassando il raggionamento come irreverente e sedizioso, aggiongendo che gli avevano fatto una modesta e severa riprensione e sarebbono anco passati piú inanzi, perché cosí il vescovo meritava, se non fosse stato il dubio d'attaccar qualche disputa aromatica, la qual potesse generare scissura; però che non è da lasciarlo impunito per non accrescergli l'ardire di far in ogni congregazione il medesimo e peggio; rapresentando a Sua Santità, che ad ogni modo sarà ben farlo partire da Trento, o per una via, o per l'altra, et operare che non ritorni piú il vescovo di Chioza, poco dissimile da lui, se ben per diverso andare. Era partito questo vescovo immediate dopo la sessione sotto pretesto d'indisposizione, ma in verità per parole passate tra lui et il cardinal Polo in congregazione nella materia delle tradizioni, avendo il vescovo parlato in difesa di fra Antonio Marinaro, e perciò conteso col cardinale; il che avendo dato occasione a lui di fare querimonia che non vi fosse libertà nel concilio, si vedeva non esser in buona grazia de' legati e stare soggetto a qualche pericolo. Non contenti i legati dell'operato, per mortificare il vescovo di Fiesole e mantenere la cosa integra in sino all'aviso di Roma, per poterla o cacciare inanzi o dissimulare secondo che gli fosse ordinato, nella seguente congregazione gli fece il Monte una ripassata adosso, concludendo che si lasciava per allora d'attender a' casi suoi, essendo necessario occuparsi in cose di maggior importanza.

Ebbero risposta da Roma, quanto a' due vescovi, che opportunamente averebbe rimediato; ma quanto alle cose da trattare che, quando [si] attendesse all'appetito de' prencipi, sarebbe far il concilio piú tumultuoso e le risoluzioni piú longhe e difficili, cercando ogni uno d'attraversare quella parte che non gli piacesse o, con mettere difficoltà in una cosa, intrattener l'altra. Però senza altro risguardo dassero mano al peccato originale, ma avvertendo di non valersi in modo alcuno di quella scusa, che dissegnavano usare con don Francesco, cioè che l'articolo del peccato originale non sia controverso in Germania, et usassero piú tosto termini generali e con ogni sorte di riverenza verso l'imperatore.

Gli commandò oltra di ciò strettamente che intorno l'emendazione dell'edizione volgata non si dovesse passare piú inanzi, sin che la congregazione de' deputati sopra il concilio in Roma non avesse deliberato il modo che si deve tenere. In essecuzione di quegli ordini, risoluti i legati di passar inanzi alla proposizione del peccato originale, fecero congregazione doi giorni continuatamente per risolvere i doi capi del legger e predicare, inanzi che publicassero di volere trattare materia di fede, acciò, restando quei capi indecisi, non porgessero occasione agli imperiali di divertire da questa; e da' deputati sopra l'edizione vulgata si fecero portare tutto l'operato in quella materia, commettendo loro che non vi mettessero piú mano sino ad altro nuovo ordine. Tale era la libertà del concilio dependente dal pontefice nel tralasciare le cose incominciate e mettere mano alle nuove.

 

 




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