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Paolo Sarpi Istoria del Concilio tridentino IntraText CT - Lettura del testo |
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[Seconda sessione. Decreto di dilazione] Venuto il primo settembre, giorno deputato alla sessione, con la solita ceremonia s'andò alla chiesa, l'ordine della precedenzia fu: prima il cardinale legato, dopo il cardinale Madruccio, seguivano doi noncii e dopo essi gli due elettori, non essendo Colonia arrivato; dopo questi, due ambasciatori imperiali, non gionto l'archidiacono; seguiva l'ambasciatore del re de Romani e poi gli arcivescovi. Cantata la messa e finite le ceremonie ecclesiastiche, il secretario del concilio lesse un'essortazione per nome de' presidenti a' padri del concilio in questa sentenza: che della presenza de' 2 prencipi elettori essendo entrati in speranza che molti vescovi della medesima nazione e d'altre ancora dovessero intervenire al concilio, fra tanto, per il luogo sostenuto da loro, gli pareva necessario far un poco d'ammonizione a se medesimi et a loro (se ben vedevano tutti pronti a far l'ufficio di buoni pastori) per esser di gran momento quello che s'ha da trattare, che era estirpar l'eresie, riformar la disciplina ecclesiastica, la corrozzione della quale era stata l'origine delle eresie, e finalmente quietare le discordie de' prencipi. Che il principio dell'essortazione doveva esser preso dalla cognizione della propria insufficienza e dal refugio all'aiuto divino, il qual non è per mancar e già se ne vedono molti indicii, ma specialmente la venuta de' 2 prencipi. Che l'autorità de' concilii generali fu sempre grandissima, presedendo in loro lo Spirito Santo, et i loro decreti sono stimati non umani, ma divini; che di ciò è stato lasciato essempio dagl'apostoli e da' padri sussequenti, poiché per mezzo de' concilii sono stati dannati tutti gl'eretici e riformata la vita e costumi de' sacerdoti e del popolo e tranquillata la Chiesa discordante. Onde essendo congregati al presente per far altretanto, convien svegliarsi per ricuperare le pecore uscite dall'ovile del Signore e custodir quelle che per ancora non sono sviate; nel che non si tratta della salute di quelle solamente, ma della propria, dovendone render conto alla Maestà divina, dalla quale, facendo il debito, s'ha d'aspettar mercede, oltre che sarà attribuito a gran lode a quel concilio da tutta la posterità, se ben a questo non si debbe mirare, ma guardar solamente il proprio debito e la carità verso la Chiesa, la qual afflitta e lacerata e privata di tanti carissimi figliuoli alza le mani a Dio et a loro per ricuperargli. Pertanto voglino trattar con ogni mansuetudine e come è degno d'un tanto consesso le cose conciliari senza contenzione, ma con perfetta carità, e consenso d'animi, raccordandosi d'aver spettatore e giudice Dio. Finita l'essortazione, dal vescovo celebrante fu letto il decreto; la sostanza del quale fu: che la santa sinodo, la quale nella passata sessione aveva determinato caminar inanzi, in questa d'oggi, avendo differito farlo sin ora per l'assenza della nazione germanica e per poca frequenza de' padri, rallegrandosi per la venuta de' 2 prencipi elettori, sperando che molti altri dell'istessa nazione e delle altre al loro essempio siano per affrettar la venuta, differisce la sessione per 40 giorni, cioè sino a' 11 ottobre, e proseguendo il concilio nello stato in che si ritrova, avendo trattato già de 7 sacramenti, del battesmo e confermazione, ordina di trattar dell'eucaristia, e, quanto alla riforma, delle cose che facilitano la residenza. Poi dal secretario fu letto il procuratorio imperiale e dal conte di Montfort parlato, con dire che Cesare, dopo impetrata la redozzione del concilio in Trento, non aveva cessato di far opera che i prelati delli Stati suoi vi si trasferissero: il che dimostra la presenza degl'elettori e la frequenza de' padri; ma per maggior testimonio del suo animo aveva mandato don Francesco del regno di Spagna et un altro delli Stati patrimoniali, e di Germania sé, quantonque indegno, pregando d'esser per tale ricevuto. Rispose Giovanni Battista Castello, promotore, per nome del concilio, aver sentito il mandato di Cesare con piacere, avendo da quello e dalla qualità de' procuratori constituiti concepito quanto si può promettere; onde spera aiuto da loro et admette quanto può il mandato cesareo. Fu parimente letto il procuratorio del re de' Romani in persona di Paolo Gregoriani, vescovo di Zagabria, e Federico Nausea, vescovo di Vienna, e parlò questo secondo, e gli fu risposto come a quelli dell'imperatore.
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