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Paolo Sarpi
Istoria del Concilio tridentino

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  • Libro quinto
    • [Giulio III muore, et è eletto Marcello II, il quale vuole concilio e riforma]
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[Giulio III muore, et è eletto Marcello II, il quale vuole concilio e riforma]

Ma delle cose di Germania, quantonque avesse il papa poca speranza, per non trascurarle nondimeno et esser attento a tutte le aperture che potessero farsi di proponer modi per ridur gli sviati alla Chiesa, mandò alla dieta imperiale il cardinale Morone per legato, con instruzzione di metter sempre inanzi l'essempio d'Inghilterra, e con quello essortar la Germania a conoscer il suo fallo et a ricever la medesima medicina; e sopra il tutto divertire ogni colloquio e trattazione di religione. Non fu cosí presto gionto il cardinale in Augusta, che Giulio pontefice morí; di che l'aviso gli sopragionse 8 giorni dopo arrivato: si partí egli perciò l'ultimo di marzo insieme col cardinale d'Augusta per ritrovarsi all'elezzione del nuovo papa.

Fu creato inanzi l'arrivo loro in Roma pontefice, a 9 d'aprile, Marcello Cervino, cardinale di Santa Croce, uomo di natura grave e severa, d'animo costante, qual volle dimostrare nella prima azzione del pontificato, con ritener il nome medesimo e significar al mondo di non esser fatto un altro per la degnità ricevuta, cosa a ponto opposita a quello che da tanti suoi precessori fu fatto; imperoché dopo quel tempo, quando si diede principio alla mutazione di nome per esser assonti al pontificato tedeschi, nominati con vocaboli all'orecchie romane insoliti, i seguenti servarono l'uso di mutar il nome, per significar con quello d'aver mutato gl'affetti privati in pensieri publici e divini: dove questo pontefice, per dimostrar di aver anco in stato privato avuto pensieri degni del pontificato, con ritener l'istesso nome volle mostrar immutabilità. Un'altra simile azzione fu che, essendogli presentati i capitoli fatti in conclavi per giurare, rispose esser quel medesimo che pochi dí prima aveva giurato, e voler servargli con fatti, non con promissioni. La settimana santa, che allora si celebrava, e le instanti feste di Pasca furono causa che il pontefice, per l'assiduità alle ceremonie ecclesiastiche, contraesse grave indisposizione; con tutto ciò ebbe i pensieri fissi alle cose che inanzi il pontificato (al quale sempre s'era augurato dover ascendere) dissegnato aveva. Con molti cardinali, con quello di Mantova particolarmente, conferí il suo dissegno di componer le differenze della religione con un concilio, cosa che diceva non esser riuscita già, per la via impropria tenuta. Che era necessario prima far una intiera riforma, per quale resterebbono accordate le differenze reali: il che fatto, le verbali, parte da se stesse cesserebbono, parte con leggier opera del concilio si concorderebbono. Che i precessori suoi, per 5 successioni, avevano aborrito eziandio il nome di riforma, non per fine cattivo, ma persuasi che fosse posta inanzi con mira d'abbassar l'autorità ponteficia; ma esso aver contraria opinione: che nissuna cosa possi conservarla, se non quella; anzi esser anco mezo di aummentarla; et osservando le cose passate, ogni uno poter vedere che quei soli de' pontefici romani che si sono dati alla riforma, hanno inalzata et accresciuta l'autorità; che la riforma non levava se non cose apparenti e vane, non solo di nissun momento, ma ancora di spesa e gravezza: i lussi, le pompe, le numerose comitive de prelati, le spese eccessive e superflue et inutili, che non fanno il pontificato venerando, ma contennendo; che troncate queste vanità crescerà la vera potenza, la riputazione e credito appresso il mondo, il danaro e gl'altri nervi del governo, e sopra ogni altra cosa la protezzione divina, che debbe tenere per sicuro ogni uno che opera conforme al proprio debito.

Si publicarono per la corte questi dissegni, i quali da' benevoli erano ornati con titoli di pietà et amore della pace e della religione, non mancando però gl'emuli d'interpretar in sinistro, con dire che il fine non era buono; che il papa fondava sopra predizzioni astrologiche, a' quali era tutto dato, seguendo le vestigie del padre, che per quella professione fu aggrandito; che sí come alle volte, o per caso, o per altra causa riescono, cosí per il piú sono occasioni di precipitar molti. Tra le cose che dissegnava il pontefice in particolare era d'instituire una religione di 100, a guisa di una cavalaria, de' quale voleva esser capo e far la scielta, estraendogli di qualsivoglia religione o stato di persone, quali tutti avessero 500 scudi per uno dalla camera ponteficia, facessero uno solenne e molto stretto giuramento di fedeltà al pontefice, e non potessero esser assonti ad altro grado, né meno accrescer in entrata maggiore, solo potessero esser per meriti creati cardinali, non uscendo però dalla compagnia. Di questi soli voleva valersi per noncii, per ministri de' negozii e per governatori delle sue città, per legati et ad ogni altro bisogno della Sede apostolica: e già erano nominati molti litterati abitanti in Roma da lui conosciuti, et altri si avanzavano per aver questo onore. Di molte nuovità la corte era piena, che si aspettavano, ma tutte furono poste in silenzio, perché Marcello, già indebolito per le fatiche corporali delle longhe e gravi ceremonie, come s'è detto, soprafatto d'un accidente d'appoplessia, morí l'ultimo dí del mese, non verificate le altre predizzioni astrologiche del padre e sue, che si estendevano per qualche anno oltra quel giorno.

 

 




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