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Paolo Sarpi
Istoria del Concilio tridentino

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  • Libro quinto
    • [Il duca di Ghisa passa in Italia a favor del papa, il quale incarcera il Morone, dipuone il Polo e lo cita]
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[Il duca di Ghisa passa in Italia a favor del papa, il quale incarcera il Morone, dipuone il Polo e lo cita]

Nel principio del 1557 il duca di Ghisa passò con le armi in Italia a favore del pontefice, il qual, per servar la promessa del nipote al re di Francia, fece una promozione di 10 cardinali, la quale non corrispondendo né quanto al numero, né per la qualità de' soggetti alla intenzione data et al fine concertato, fece sua scusa con dire d'esser cosí strettamente congionto con Sua Maestà, che i suoi dependenti non cedevano a' proprii francesi nella servitú del re e doveva tener per certo che erano tutti per lui; quanto al numero, che per allora non poteva promoverne di piú, poiché il numero era eccessivo, arrivando a 70, ma presto quel numero sarebbe diminuito col mancamento d'alquanti ribelli, e supplito con persone da bene: il che diceva per quelli che già erano in Castello e per altri contra quali aveva dissegno, cosí per cause di Stato, come per cause di religione. Imperoché egli non era cosí attento alla guerra, che abbandonasse il negozio dell'Inquisizione, quale diceva esser il principal nervo et arcano del ponteficato. Ebbe alcuni indicii contra il cardinale Morone, che in Germania avesse qualche intelligenza, e lo fece preggione in Castello, e deputò 4 cardinali ad essaminarlo rigidamente, e per la complicità impreggionò Egidio Foscararo, vescovo di Modena.

Privò anco della legazione d'Inghilterra il cardinale Polo e lo citò a presentarsi a Roma nell'Inquisizione, avendo già impreggionato Tomaso San Felice, vescovo della Cava, suo amico intrinseco, come complice; et acciò dal cardinale non fosse preso pretesto di dimorar in Inghilterra sotto colore della legazione e de' bisogni di quelle chiese, creò cardinale a' tempori della Pentecoste Gulielmo Poito, vescovo di Salsberi, e lo constituí legato in luogo del Polo. E se ben la regina et il re, testificando il servizio che quel cardinale prestava alla fede catolica, fecero efficaci officii per lui, il papa non volse mai rimetter un ponto della rigidezza. Ubedí il cardinale Polo, deponendo l'amministrazione e le insegne di legato e mandando a Roma Ormaneto per dar conto della legazione, ma egli non partí d'Inghilterra, allegando commandamento della regina, perché cosí essa come il re, tenendo per fermo che il pontefice vi avesse qualche passione, non volsero consentire alla partita. In Inghilterra fu preso gran scandalo e molti catolici s'alienarono per questo, et in Roma non pochi avevano per calonnia inventata a fine di vendicarsi per la tregua trattata da lui tra i due re, essendo cardinale e legato, senza participazione d'esso pontefice, sí come anco già era stimata calonnia l'opposizione che nel conclavi gli fece per impedirlo dal papato. Il nuovo legato, persona di gran bontà, ebbe i concetti medesimi, e se ben assonse il nome di legato, per non irritar il papa, non essercitò però mai il carico in nove mesi che visse dopo avuta la croce della legazione, anzi si portò con la stessa riverenza verso il Polo come per inanzi.

Ma il duca di Ghisa, passato in Italia, mosse le armi in Piemonte et era d'animo di fermar la guerra in Lombardia e divertir in quel modo le armi prese contra il papa. Ma non glielo permise l'ardor grande del pontefice ch'il regno di Napoli fosse assalito. Da' francesi erano le difficoltà conosciute, et il duca di Ghisa co' principali capitani andò in poste a Roma per far intender al papa quello che le buone raggioni di guerra portavano; in presenza del quale posto il tutto in consultazione, non lasciando la risoluzione del papa luogo a prender altra deliberazione, fu necessario sodisfarlo, né altro si fece che assaltar Civitella, luogo posto al primo ingresso della provincia d'Abruzzo, dove l'essercito ebbe la repulsa, con grave querela di Ghisa che i Caraffi avessero mancato delle provisioni promesse e necessarie. In somma le armi ecclesiastiche, cosí proprie, come ausiliari, furono poco da Dio favorite. Ma nel mezo d'agosto, accostando l'essercito del duca d'Alva sempre piú a Roma, non temendo del francese che in Abbruzzo era trattenuto, et intesa dal papa la presa di Signia con sacco e morte di molti, et il pericolo in che era il Pagliano, riferí il tutto in concistoro con molte lacrime, soggiongendo che aspettava intrepidamente il martirio, maravigliandosi i cardinali con quanta libertà depingesse a loro, conscii della verità, quella causa come di Cristo, e non profana et ambiziosa, quale egli diceva esser il principal nervo et arcano del pontificato.

 

 




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