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Paolo Sarpi
Istoria del Concilio tridentino

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  • Libro sesto
    • [Riconciliazione de' legati. Lettera del re di Spagna sopra la continuazione e la residenza]
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[Riconciliazione de' legati. Lettera del re di Spagna sopra la continuazione e la residenza]

Finita la sessione, li legati si diedero a metter ordine alle cose da essaminare per l'altra, con dissegno d'abbreviar il tempo, se possibil fosse stato. Arrivarono in Trento lettere da Alessandro Simoneta al cardinale suo fratello, e dal cardinale Gonzaga al zio con efficacissime essortazioni per nome del pontefice ad accommodar le differenze et all'avvenire intendersi ben insieme; per questo la dominica dopo la sessione Simoneta restò, partendo li legati dalla Chiesa, a disnar con Mantova e ne seguí perfetta riconciliazione; entrò questo in raggionamento di quei prelati che pratticavano in casa sua et erano in sospetto a Mantoa per ufficii fatti contra lui, ma egli lo fermò modestamente, dicendo che all'avvenire non parleranno cosí; trattarono strettamente come dar compita sodisfazzione al papa et alla corte in materia della residenza e quali prelati sarebbono atti a maneggiarsi a persuader gl'altri: quelli che già erano scoperti per ristretti negl'interessi ponteficii o della corte, se ben atti del rimanente, stimarono non buoni per mancamento di credito. Messero 2 di stima per bontà e molto destri nel negoziare, li vescovi di Modena e di Brescia. L'istesso giorno l'arcivescovo di Lanciano, congregati li vescovi che per suo posto avevano scritto al papa, gli presentò il breve di risposta pieno d'amorevolezza, umanità et offerte, che gl'indolcí tutti e portò gran momento per rilasciare l'ardire della residenza. S'aggionse pur il giorno medesimo un altro accidente molto favorevole al pontefice: che il marchese di Pescara mandò al secretario copia d'una lettera scrittagli dal re, dove gli diceva che, avendo inteso dispiacer all'imperatore et a Francia la decchiarazione della continuazione e conoscendo che, quando si facesse, potrebbe causar la dissoluzione del concilio, gli commetteva che non ne facesse piú alcuna instanza, purché non si faccia decchiarazione di nuova indizzione e che il concilio segua proseguendo come ha incomminciato; gl'ordinò appresso di far saper a' prelati suoi che egli aveva inteso la controversia e disputa sopra la residenza e l'instanza da loro fatta acciò si decchiarasse de iure divino; che lodava il loro zelo e buona intenzione, nondimeno gli pareva che per allora non fosse a proposito tal decchiarazione; però non dovessero farne maggior instanza. Mostrò il secretario la lettera a' prelati spagnuoli, e Granata, consideratala accuratamente, disse che la facenda andava bene, poiché il papa non la voleva; il re non sapeva quello che importasse, che era consegliato dall'arcivescovo di Siviglia, che mai residette, e dal vescovo di Conca, che se ne stava in corte; che egli sapeva molto ben a che fine commandava e l'ubedirrebbe in non protestare, ma non resterebbe di dimandarla sempre che fosse venuta occasione, sapendo che non offenderebbe il re. Fu anco mostrato il capo della continuazione agl'ambasciatori cesarei e francesi, quali risposero che veramente non vi è bisogno di quella dicchiarazione espressamente in parole, poiché s'esseguiva per effetto.

 

 




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