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Paolo Sarpi Istoria del Concilio tridentino IntraText CT - Lettura del testo |
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[Dilazione della sessione contradetta dal Lorena] Instando il giorno 22 del mese d'aprile destinato per la sessione, nel precedente si fece congregazione per deliberar di prolongarla, e li doi legati proposero la prolongazione sino a' 3 di giugno. Lorena fu di contrario parer e disse che era un gran scandalo a tutta la cristianità l'aver tante volte prorogato quella sessione senza mai esser tenuta; il quale crescerebbe maggiormente, quando di nuovo fosse assegnata in un giorno e poi differita ancora: però, vedendo che alcuna cosa non è risoluta ancora di tante già proposte e trattate, cosí sopra la residenza, come in materia del sacramento dell'ordine e del matrimonio, non era ben stabilire giorno prefisso, ma aspettar a deliberar il giorno della sessione sino a' 20 di maggio, che allora si potrebbono veder meglio li progressi di tutte le cose et assegnar un giorno certo, e tra tanto, per non perder tempo, dar li voti sopra gl'articoli degl'abusi del sacramento dell'ordine, nel qual tempo potrebbe esser di ritorno dall'imperatore il cardinale Morone con ampla risoluzione, con la qual si potrebbono componer le cose controverse et usar diligenza di finir il concilio tra doi o tre mesi. Seguí quell'opinione il cardinale Madruccio e cosí gran numero de' padri che la sua sentenza prevalse, sí che fu decretato che a' 20 maggio sarebbe prefisso il giorno da celebrare poi la futura sessione. Finita la congregazione, Antonio Chierelia, vescovo di Budua, solito per l'adietro nel dire il suo voto trattener li padri con qualche facezia e spesse volte aggiongerci qualche profezia che tuttavia tenesse del ridiculo, le quali si mandavano anco fuori in diverse parti, allora ne diede fuora una sopra la città di Trento, immitando quelle molte d'Isaia dove sono predetti i gravami e calamità di diverse città. Diceva in sostanza che Trento era stata favorita et eletta per la città dove si dovesse stabilir una general concordia del cristianesmo, ma per la sua inospitalità resa indegna di quell'onore, doveva in breve incorrer l'odio universale, come seminario di maggior discordie. Era ben palliato il senso con coperta di diversi enigmi in forma profetica poetica, ma non talmente che non fosse con facilità intesa. L'aver Lorena con tanta reputazione ottenuto l'universal consenso diede gran gelosia a' ponteficii, li quali, atteso l'onore che gli fu fatto il giorno inanzi da quelli che l'incontrarono e l'esser ricevuta la sua opinione da tanti, riputavano la cosa non solo con indegnità de' legati, ma anco che fosse fatta un'apertura contra il decreto che li soli legati propongano; et andavano parlando quasi publicamente che ben il pontefice diceva quel cardinale esser capo di parte; e che prolongava l'espedizione [del concilio, e che impediva la translazione] in Bologna. Ma il cardinale, non si curando molto di quello che si dicesse in Trento, era attento alla negoziazione coll'imperatore; gli spedí un gentiluomo, mandandogli il parere de' dottori suoi sopra gl'articoli posti da quella Maestà in consulta e facendogli esporre che per il buon progresso del concilio era necessario che parlasse vivamente al cardinale Morone e mostrasse il gran desiderio suo di veder buone risoluzioni a gloria di Dio; facesse intender a Sua Maestà il desiderio di tutti li buoni padri, pregandola anco che non si slontanasse dal concilio, per il buon frutto che speravano li padri dover far la vicinanza sua, con retener ciascuno in ufficio et impedir li tentativi di quelli che dissegnano di trasferirlo in un altro luogo, sí come ci era aviso che ve ne fosse machinazione, e che, inanzi la sua partita d'Ispruc, Sua Maestà si certificasse che la libertà del concilio, del quale egli è protettore, fosse conservata. Gli mandò copia dell'editto di pacificazione del re di Francia e d'una lettera della regina di Scozia, dove dava conto d'esser liberata d'una gran congiura e che continuava nella deliberazione di viver e morir nella religione catolica. In fine pregava il cardinale Sua Maestà di trovar qualche forma d'accommodamento che non fosse disputato nel concilio tra Francia e Spagna della precedenza per non interromper il buon progresso. I doi legati tra tanto che aspettavano il ritorno di Morone, per far alcuna cosa il dí 24 aprile communicarono agl'ambasciatori i decreti formati sopra gl'abusi dell'ordine, acciò potessero considerargli, et il dí 29 gli diedero a' prelati; e per il primo di quelli, il qual trattava dell'elezzione de' vescovi, ricercando in loro le qualità conformi a' canoni antichi, gl'ambasciatori de' re non se ne contentarono, parendogli che ristringesse troppo l'autorità de' loro prencipi nella presentazione o nominazione di quelli, e fecero ogn'opera in tutti quei giorni, il conte di Luna massime, acciò fosse accommodato overo piú tosto afatto tralasciato, dicendo che non conosceva che quel capitolo facesse bisogno, cosa che sarebbe anco molto piacciuta a' legati, e gl'imperiali anco vi mettevano difficoltà per il dissegno che avevano di far nascer occasione di trattar dell'elezzione de' cardinali e del papa in consequenza.
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