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Congregazione per il Clero
Presbitero, pastore e guida

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d) La fedeltà del sacerdote alla disciplina ecclesiastica

15. La «coscienza di essere ministro» comporta anche la coscienza dell’agire organico del Corpo di Cristo. Infatti, la vita e la missione della Chiesa, per potersi sviluppare, esigono un ordinamento, delle regole, delle leggi di condotta, ovvero un ordine disciplinare. Occorre superare qualsiasi pregiudizio nei confronti della disciplina ecclesiastica, a cominciare dall’espressione stessa, e superare altresì qualsiasi timore e complesso nel citarla e nel richiederne opportunamente il compimento. Quando vige l’osservanza delle norme e dei criteri che costituiscono la disciplina ecclesiastica, sono evitate quelle tensioni che, diversamente, comprometterebbero lo sforzo pastorale unitario di cui la Chiesa ha bisogno per adempiere efficacemente la sua missione evangelizzatrice. La matura assunzione del proprio impegno ministeriale comprende la certezza che la Chiesa «ha bisogno di norme affinché la sua struttura gerarchica ed organica sia visibile e per l’esercizio delle funzioni divinamente affidatele, soprattutto quella della sacra potestà e dell’amministrazione dei Sacramenti»[52].

Inoltre, la coscienza di essere ministro di Cristo e del suo Corpo mistico, implica l’impegno del fedele compimento della volontà della Chiesa, che si esprime concretamente nelle norme.[53] La legislazione della Chiesa ha come fine una maggiore perfezione della vita cristiana, per un migliore compimento della missione salvifica e va dunque vissuta con animo sincero e buona volontà

Tra tutti gli aspetti merita particolare rilievo quello della docilità alle leggi e alle disposizioni liturgiche della Chiesa, vale a dire, l’amore fedele ad una normativa che ha lo scopo di ordinare il culto in accordo con la volontà del Sommo ed Eterno Sacerdote e del suo mistico Corpo. La sacra Liturgia è considerata come l’esercizio del sacerdozio di Gesù Cristo[54], azione sacra per eccellenza, «culmine verso cui tende l’azione della Chiesa e, insieme, la fonte da cui promana tutta la sua virtù»[55]. Di conseguenza, è questo l’ambito in cui maggiore deve essere la coscienza di essere ministro e di agire in conformità agli impegni liberamente e solennemente assunti di fronte a Dio e alla comunità. «Regolare la sacra Liturgia compete unicamente all’autorità della Chiesa, la quale risiede nella Sede Apostolica e, a norma del diritto, nel Vescovo. (...) Nessun altro, assolutamente, anche se sacerdote, osi, di sua iniziativa, aggiungere, togliere o mutare alcunché in materia liturgica»[56]. Arbitrarietà, espressioni soggettivistiche, improvvisazioni, disobbedienza nella celebrazione eucaristica costituiscono altrettante patenti contraddizioni con l’essenza stessa della Santissima Eucarestia, che è il Sacrificio di Cristo. Lo stesso vale per la celebrazione degli altri sacramenti, soprattutto per il Sacramento della Penitenza mediante il quale – essendo contriti e avendo il proposito di emendarsi – vengono perdonati i peccati e si viene riconciliati con la Chiesa[57].

Analoga attenzione i presbiteri prestino alla partecipazione autentica e cosciente dei fedeli alla sacra Liturgia, che la Chiesa non manca di promuovere[58]. Nella sacra Liturgia esistono funzioni che possono essere esercitate da quei fedeli che non hanno ricevuto il sacramento dell’Ordine; altre invece sono proprie ed assolutamente esclusive dei ministri ordinati[59]. Il rispetto per le diverse identità dello stato di vita, la loro complementarietà per la missione, esigono di evitare qualsiasi confusione in questa materia.

 




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