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Paolo Pino
Dialogo di pittura

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  • VIII
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VIII

ATTUALE DECADENZA DELLA PITTURA E SUO ANTICO PRESTIGIO

 

FABIO

L'arte in sé non mai digraderà dalla prima degnità, come arte liberale e virtù rara, ma noi artefici siamo disuguali a quel onere e utilità convenevole a tal arte per tre cagioni. La prima è che noi vogliamo prima esser maestri che discepoli, la seconda per la molta ignoranza di chi fa operare, la terzia per l'avarizia de' pittori e di chi compera. Queste sono a mio giudizio le cause potissime ch'i pittori sono in poca considerazione e mal premiati. Di quegli ch'attendono a porre i bei colori in opera per trarre i quattrini, io non intendo parlarne. Or, ritornando al ragionamento lasciato, creggio ben che la pittura in alcuna età sia stata obliata dal mondo per rivoluzione di queste seconde cause, e perciò Plinio nel principio, dove tratta di pittura, dice che l'arte statuaria eccede la pittura di gloria e fama; ma la statuaria compareva per la natura del sasso, ch'è incorruttibile, e non già per la perfezione dell'arte, questo perché l'arte nostra era a quel tempo immersa, poscia istaurata da ottimi intelletti, al giorni nostri risplende come la fulgente faccia del sole. Vero è che non fruimo quelle prerogative donateci da' Greci, li quali ebbero in tanta venerazione l'arte della pittura, ch'oltre il celebrarla come arte liberale, non pativano per edito publico che niun cattivato in servitù, overo condennato per qual si voglia mesfatto, potesse imparar tal arte, e - se la sapeva - gli era vetata lo isercitarla. Fu anco molto istimata da' Romani, dei quali molti furono nobili pittori, come Manlio Fabio, che dipinse il tempio della Salute, perciò tutti i Fabj furono cognominati pittori. Fu pittor Pacuvio, poeta nipote d'Ennio poeta; Turpillo, cavallier romano, il qual dipingeva con la mano manca. Furono pittori studiosissimi Nerone Valentiano, Alessandro Severo, ambi imperatori; Socrate, Platone e Pirro, filosofi celeberrimi, furono pittori ingenui, e per la degnità di tal arte Pedio fece isercitar Pedio suo nipote, il qual era nato mutolo; e Paolo Emilio con altri nobili romani fecero istruir li suoi figliuoli in tal nobil virtù a loro convenevole. E non tanto dilettò la pittura a gli uomini, ma le femine insieme ne fecero profitto, tra le quali Tamarete, la qual dipinse una Diana lungamente conservata in Efeso, un'altra Irene, e Calisso, l'altra Zizena, vergine olimpia, né di minor ingeniosità fu Marzia, figliuola di Varrone, che dipinse anco ne' fori pubblici, è stata pubblicata da' scrittori.

 

 




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