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Paolo Pino Dialogo di pittura IntraText CT - Lettura del testo |
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XI MAESTRIA DI ANTICHI PITTORI
LAURO Volete voi credere che il ragionamento vostro mi accende d'una certa invidia, a tal che se possibil fusse, non risparmerei il sangue proprio per farmi dotto nella pittura? In vero che l'eccellenzia di costoro mertava esser goduta eternamente dal mondo. Non so dove a' tempi nostri si trovasse un pittore che, con una pittura, accendesse il cuor di un uomo di libidine, come Ponzio, legato di Caio imperatore (per quanto dice Plinio), ch'infiammatosi d'una Elena dipinta, tentò più meggi per portarsela seco, ma, essendo la pittura in muro, ciascuna invenzione fu debole; e Zeusi, che dipinse l'uve tanto simili alle proprie, che gli augelli volavano a quelle credendo mangiarsele.
FABIO Degno di più onorato preggio fu Parasio, che dipinse uno panno bianco in un quadro, sotto il qual accennò esservi certe figure, e Zeusi, suo concorrente, scintillando ancor nella gloria acquistata per l'uve, stimolava Parasio che facesse scoprire il quadro, al che rispose Parasio: «Scoprilo da te stesso». Zeusi, cupido di vedere l'opera che pareva e non era, accostatosi alla tavola, diede di mano nel velo dipinto, ond'egli confessò esser vinto dall'ingeniosità del rivale.
LAURO Maggior difficultà è ingannare un maestro nella medesima arte con la qual egli si vince, ch'ingannar gli augelli, li quali conoscono le cose per le forme senza altra distinzione, e che così sia, dipinsi poco tempo è in una loggia un gallo indiano, imitandone un vivo, il qual vivo, veduto il dipinto, cominciò alterarsi di tanto sdegno che, gridando, con l'ali e ungnie difformò tutta la pittura, e per lungo spazio li tennero un certo riparo. Il medesimo m'è occorso in alcuni cavalli, sì come avvenne a quel d'Apelle, e a un ratto dipinto da un mio amico, al qual s'aventò un gatto credendolo vivo.
FABIO Di ciò vi presto indubitata fede. Et è chiaro che fu senza comparazione maggior l'intelligenzia di Parasio, perch'ancora egli fece nella insula di Rodi una pernice sopra una colonna, alla qual volavano le vere cotornici, e anco m'aita a crederlo ch'el ditto Zeusi fece un fanciullo che teneva pur uve in un piatto, alle quali, come le prime, venivano gli augelli, non ispavendosi per lo fanciullo. Dil che Zeusi si sdegnò con se stesso dicendo: « S'il fanciullo avesse del vivo, come l'uve hanno del vero, gli augelli lo temerebbono». Fu Zeusi dannato che formava le figure curve con i capi troppo grandi, ma ebbe la sorte fautrice e gli scrittori propizj.
LAURO Voi mi avete introdotto in un giardino tanto dilettevole che, se non mi scemasse l'umore, o mi farrei vallente pittore, o mi morrei sul buco del studio.
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