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Paolo Pino
Dialogo di pittura

IntraText CT - Lettura del testo

  • XIV
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XIV

... L'INVENZIONE ...

 

LAURO

Cancaro, qui c'è da far! Pur oltre, all'invenzione.

 

FABIO

Volete altro? ché voglio farmi un ricettario, come se la pittura fusse medicina di Galeno, ma di grazia non lo divolgate, acciò che li pittori nostri non mi canoneggiassero per cierletano.

 

LAURO

Creggio ch'essendo gli uomini cupidi di novità, a ciascuno sia il raggionamento vostro gratissimo.

 

FABIO

Anzi dubito, che non essendo io pittor di poca auttorità, pur mi sodisfacio in due parte: prima, che quanto vi dico è verissimo, poi ch'il mio trattato non rassomiglia ad altro ch'a se stesso.

 

LAURO

E per tanto la lode e il biasimo siasi il vostro.

 

FABIO

Or alla seconda parte, già detta invenzione; questa s'intende nel trovar poesie e istorie da sé (virtù usata da pochi delli moderni), et è cosa appresso di me molto ingeniosa e lodabile.

 

LAURO

A questo vi dò per testimonio le facciate di Santo Zago, le figure delle quali sono senza significato né suo, né d'altrui, e pur maneggia tutte l'antichità di Roma, imo del mondo.

 

FABIO

Tanto è maggior gloria la sua, felice colui che non fura l'altrui fatiche! È anco invenzione il ben distinguere, ordinare e compartire le cose dette dagli altri, accomodando bene li soggetti agli atti delle figure, e che tutte attendano alla dichiarazione del fine; che l'abitudini delle figure siano varie e graziose; ch'il maggior numero di esse si vedano integre e spiccate; ornar l'opere con figure, animali, paesi, prospettive; far nelle tavole intervenire vecchi, giovani, fanciulli, donne, nudi, vestiti, in piedi, distesi, sedenti, che si sforci, altri si dolga, alcuni s'allegri, di quelli che s'affatichi, altri riposi, vivi e morti, sempre variando invenzioni, come si convien alla dichiarazion dell'atto dell'istoria che si suol dipignere, il che fa la natura in tutte l'opre sue, non mai lasciando il naturale, come essemplare, e ancor che si facci più fiate una istoria, cosa vituperosa è il riporvi quelle istesse figure e atti; far nell'opere figure grandi, per ch'in esse si può perfettamente ordinare la proporzione del vivo; e in tutte l'opere vostre fateli intervenire almeno una figura tutta sforciata, misteriosa e difficile, acciò che per quella voi siate notato valente da chi intende la perfezion dell'arte. E perché la pittura è propria poesia, cioè invenzione, la qual fà apparere quello che non è, però util sarebbe osservare alcuni ordini eletti dagli altri poeti che scrivono, i quale nelle loro comedie e altre composizioni vi introducono la brevità, il che debbe osservare il pittore nelle sue invenzioni, e non voler restringere tutte le fatture del mondo in un quadro; n'anco disegnare le tavole con tanta istrema diligenza, componendo il tutto di chiaro e scuro, come usava Giovan Bellino, perch'è fatica gettata avendosi a coprire il tutto con li colori; e men è utile oprare il velo, over quadratura, ritrovata da Leon Battista, cosa inscepida e di poca costruzione. Usano anco di far pronunziare a un solo tutto quello che s'ha da dimostrare, così die fare il pittore, comporre (con l'aiuto del vivo) lui solo e da sé senza altro latrocinio la sua istoria. E perch'anco vogliano minor numero di personaggi che puono. Onde Varrone non comportava che ne' convivj publici vi si adunasse più di nove persone, perch'in vero tante figure anzi si può dir confusione che composizione; non però intendo che questo numero di nove si debbi osservar da noi, ma più e meno, come porta l'istoria, fuggendo il tumultuare, ben mi piace che la dechiarazione del soggetto s'includi in poche figure, ornando con varie spoglie, panni, legami, nodi, freggi, veli, armature, e altri ornamenti di capo bizzarri e gai, dando all'opere tal venustà e gravità, che rendino li riguardanti ammirativi, imperò che mal è per l'artefice, se l'opera muove a riso li circostanti, perché si stupisce del bene, e si burla del sporzionato e goffo.

 

LAURO

Quanto più ne parlate, m'aveggio che tanto meno l'intendo.

 

FABIO

In queste parti vi sarebbe da dir molto più, ma non è di necessità, parlando con chi intende, più di quel ch'io dico.

 

LAURO

Io v'intendo benissimo, ma non però m'è concesso isprimerlo con l'opera. Seguite pur.

 

 




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