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Paolo Pino
Dialogo di pittura

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  • XV
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XV

... IL COLORE

 

FABIO

La terzia e ultima parte della pittura è il colorire; questa è una composizione di colori nelle parti scoperte al vedere, perch'a noi non appartengono quelle cose che non si scopreno al veder stando in un termine, essendo la pittura proprio soggetto visivo. Il colorire consiste in tre parti, e prima nel discernere la proprietà delli colori e intender ben le composizioni loro, cioè redurli alla similitudine delle cose proprie, come il variar delle carni corrispondenti all'età, alla complessione e al grado di quel che si pigne, distinguere un panno di lino da quello di lana o di seta, far discernere l'oro dal rame, il ferro lucido dall'argento, imitar bene il fuoco (il che tengo per difficile), distinguer l'acque dall'aere; e avvertire sopra il tutto d'unire e accompagnare la diversità delle tinte in un corpo solo, che così appari nel vivo, di modo che le non abbino del rimesso, e che non dividano e tagliano una dall'altra; è anco da fuggire il profilare cosa graziosa, e ornar la varietà degli abiti con freggi differenti, riccami, stratagli, franze, profili e gemme, con altre leggiadre invenzioni, dico nelle fimbrie tanto. A ridurre l'opere a fine il maestro deve usarvi diligenzia non estrema. Parmi anco che molto riesci l'esser netto e delicato nel maneggiare e conservare i colori. Sono infinite le cose appertinenti al colorire, e impossibil è isplicarle con parole, perché ciascun colore o da sé o composito può far più effetti, e niun colore vale per la sua proprietà a fare un minimo dell'effetti del naturale, però se gli conviene l'intelligenzia e pratica di buon maestro; e io, ch'intendo ragionare con chi è nell'arte perito, non m'istenderò altrimenti nella specie e proprietà de' colori, essendo cosa tanto chiara appresso ogn'uno, ch'insino quelli che li vendono sanno il modo di porli in opera e conoscono le qualità di tutti, sì minerali come artificiali, e anco n'è sì copiosa ciascuna parte del mondo (oltre che Plinio e altri ne parlorono) che l'ispendervi parole non sarebbe molto profittevole. La prontezza e sicurtà di mano è grazia concessa dalla natura; in ciò fu perfetto Apelle, e si legge a questo proposito, ch'eccitato Apelle dalla fama di Protogene, pittore celeberrimo, andò a Rodi per visitarlo desideroso di sapere se la lui gloria fusse equale all'opere, et entrato in casa sua, dimandò di Protegene a una certa vecchia, dalla qual li fu risposto che non v'era, e Apelle preso un pennello distinse una linea giustissima, dicendo a colei: «Dirai a Protogene: "Quello che fece tal segno ti ricerca"». Tornato Protogene, veduta la linea e inteso il tutto, con un altro colore formò un'altra linea per lo meggio di quella fatta da Apelle, e partisi, ordinando alla vecchia che dicesse ad Apelle: «Colui che fece quest'altro segno, è quello che tu ricerchi». Ritornato Apelle e veduta la linea con intrepida mano, raccolto il pennello, formò la terzia linea nel corpo di quella fatta da Protogene, e fu di tal sottilità ch'era quasi invisibile. Tornando al ragionamento, dico che la prontezza di mano è cosa di grande importanza nelle figure, e mal può oprare un pittore senza una sicura e stabil mano, e quello assicurarsi sopra la bacchetta non fu mai usato dagli antichi, anzi è cosa vituperosa, dica chi vuole. Vero è che gli uomini s'assicurano la mano operando. Del lume, ultima parte e anima del colorire, dicovi, ch'all'imitazione del proprio, vi conviene aver buon lume, che nasci da una finestra alta; e non vi sia refletto di sole o d'altra luce. Questo perché le cose che ritraggete si scuoprano meglio e con più graziato modo, e anco le pitture hanno più di forza e rilevo, e in ciò loderei ch'il pittore eleggesse il lume nell'oriente, per esser l'aria più temperata e gli venti di quello men cattivi. Quest'è quanto ti voglio dire circa l'invenzione, disegno e colorire, le quali cose unite in un corpo sono dette pittura.

 

 




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