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Paolo Pino
Dialogo di pittura

IntraText CT - Lettura del testo

  • XVII
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XVII

LA PRESTEZZA NEL DIPINGERE

 

FABIO

L'ispedizione riesce in tutte le cose, ma la prestezza nell'uomo è disposizion natural, et è quasi imperfezione. In ciò non merta il maestro lode per non esser tal cosa acquistata da lui, ma donatagli dalla natura. E poi non si giudica nell'arte nostra la quantità del tempo ispeso nell'opera, ma sola la perfezion d'essa opera per la qual si conosce il maestro eccellente dal goffo. Vero è ch'ambi gli estremi sono biasmevoli, e a questo proposito si dice ch'Apelle biasimava se stesso perch'era troppo diligente, né mai finiva di ricercare e perficere l'opere sue, la qual cosa è molto all'intelletto nociva. Il contrario poi si dice d'un altro pittore, il qual dimostrò una sua opera ad Apelle, gloriandosi averla fatta prestissimo, al che rispose Apelle: «Senza che tu me lo dica, l'opera lo manifesta da se stessa». E anco quest'empiastrar, facendo il pratico, come fà il vostro Andrea Schiavone, è parte degna d'infamia, e questi tali dimostrano saperne puoco, non facendo, ma di lontano accennando quello che fà il vivo, e per ciò conviene usar una mediocre diligenza, non avendo riguardo all'ispender tempo, anzi usavano gli antichi (e si dovrebbe seguir anco, come buona parte) che tutte le tavole, o quadri (come volete nominarli), finite ch'erano, le riponevano da canto, e un tempo dopoi le rivedevano, et emendavanle. Quest'ordine tengono i litterati nelle loro composizioni, et è molto utile.

 

LAURO

E quando ne trarressimo li danari? La povertà è assassina, dicovi; e non si paga tanto un'opera, che li danari soppliscano sino al fine dell'altra. Solleciti chi può, e peggio, ch'alcune fiate vi convien dipignere sino alli sedili, non avendo con qual altra utilità intratenersi, per non esser tal arte necessaria.

 

FABIO

E perché non fate voi delle tavole e non tal gofferia appresso noi vituperosa e impropria?

 

LAURO

Perché se fusse posto a vender un quadro di Tiziano, direbbeno che la cosa è dozzinale, e a nostra confusione ci proferiscono dieci quattrini, e peggio, ch'ogni casa ha il suo dipintore, e s'aspettasse esser richiesto, dipignere più di raro che non appaiono le stelle crinite.

 

FABIO

Vi dirò il vero: io vi tengo per sospetto, e perch'io sono di natura cerea, voi credete facilmente imprimermi nel sigillo della disgrazia, acciò sgombri il paese, temendo ch'involi l'utilità vostre, e così creggio, perché tutti questi signori veneziani mi paiono splendidi e parziali agli vertuosi.

 

 




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