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Paolo Pino
Dialogo di pittura

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  • XXVI
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XXVI

PARAGONE FRA PITTURA E SCULTURA

 

LAURO

El vi convien dechiarare qual è più nobil arte: la pittura, o la scultura.

 

FABIO

Sta bene, voi mi richiedete queste resoluzioni come s'io fusse il maestro delle sentenzie; pur, perch'in tal difficultà si concerne l'onor nostro, io m'affaticherò in farvi intender quello ch'è chiaro da se stesso, ma con patto che; detto questo, faciam fine al parlar di pittura.

 

LAURO

Starà a voi.

 

FABIO

Molti sono stati quelli ch'hanno mossa questa difficultà, e con altra accutezza della mia, i quali hanno sempre voluto difendere la scultura come più nobile; ma perché niun di loro fu pittore, non è maraviglia se non diedero a tal questione un risoluto fine. Volendo di tal cosa parlare, non son per citar le ragioni di costoro, ma solo difenderla con le vere ragioni dell'arte nostra. La pittura e la scultura nacquero insieme, e furono ambe due prodotte da l'intelletti umani a uno istesso fine e a un solo effetto, per imitar e fignere le cose naturali e artificiali, al qual fine noi s'accostiamo molto più perfettamente che gli statuarj, imperò che lor non puono dare a una figura altro che la forma, ch'è l'essere; ma noi pittori, oltre la forma e l'essere, l'orniamo del ben esser integramente, e questo è ch'insieme figniamo la forma composita di carne, ove si discerne la diversità delle complessioni, gli occhi distinti dai capegli e dagli altri membri, non dico solo di forma, ma di colori, come è anco nel vivo distinto. Noi facciamo veder un'aurora, un tempo pluvio, e nel figner le cose artificiali noi faremo conoscer un'armatura, un panno di seta, di lino, un cremisino separato da un verde, e simil cose; e se voleste dire che questi sono effetti de' colori, dico che non, per ch'il verde farà ben tutte le cose verdi, ma non darà la propria differenzia del veluto o del panno di lana, e però i colori non possono far tali effetti da sé, se non vi aggiugnie il maestro il suo artificio. Gli scultori sono imperfetti, non avendo autorità di distintamente imitare una cosa, ma solo nelli contorni.

 

LAURO

Chi può contradire al vero che si vede?

 

FABIO

Vi voglio far intender un punto forse non più udito, ma tal cosa non ve la dico come ragione. Non può lo statuario formare per ordine comune cosa niuna.

 

LAURO

Come diavol no? oh, che folla dite voi.

 

FABIO

State a udire. Lo scultore non mai forma quella cosa ch'egli fà al modo diritto di formare, come facciam noi, imperò che, quando uno pittore forma una figura, egli prencipia dal centro, e ce l'insegna la natura, nell'ordine del suo operare, la qual comincia dalle cose semplici e vien poi alle miste. Si ordisce prima il cadavero per modo anatomico, poscia si cuopre di carne, distinguendo le vene, le legature e le membra, riducendolo per li veri meggi alla sua integra perfezione; ma lo scultore va retrogradando alla rebuffa come ritto ebraico nello scrivere, e così opera l'arte all'opposito della natura; possiam dire che tant'è la scultura inferiore alla pittura, quanto è differenzia dall'arte alla natura, e non fabrica mai nella figura, ma nella superficie della pietra, la qual vien a poco a poco tanto scemata e tagliata dal maestro, ch'egli ritrova la figura intesa da lui, sì che li accrescono e loro diminuiscono. Non so voi m'intendete.

 

LAURO

Una bella sottilità, per Dio, e verissima.

 

FABIO

Trovate voi un scultore che divegni pittore senza praticar il colorire, non mai; ma un pittore si farà ben scultore da sé; né può il statuario operare cosa senza il meggio del disegno, il qual è corpo dell'arte nostra, se vogliano operar nella sua; ma s'aggrandiscono dicendo: «Noi gli diamo il rilevo, e non solamente sodisfacciamo al vedere, ma anco al tatto, e per ciò quel giovane Ateniese s'impazzite della imagine di Venere suo idolo».

Di scultori, che si tengono avantaggiati per lo rilevo, sono goffi. La ragione è ch'i pittori dànno il rilevo alle sue figure formate nella superficie d'una materia piana e liscia, e con l'artificio loro tratto dal vivo la fanno parer di rilevo, sì ch'inganna; ma gli scultori fanno veder una figura in un sasso, il quale rilevato da se stesso, e dove è il rilevo, naturalmente non bisogna, né l'arte gli lo può dare.

 

LAURO

Sta molto bene. Voi militate a favor nostro mirabilmente. Ancor che questi tali dicano esser astretti a far una figura di punto, perché scemandone una scaglia oltre il bisogno la figura non si può reintegrare o emendare.

 

FABIO

Di questo, s'il maestro è perfetto, egli conosce molto ben la natura della pietra, e la siegue con tanti vezzi e con tal diligenza che non ne trae pur un attomo più di quel che li conviene, e se pur fortuitamente occorre che la se spezzi, quella si può aiutare con stucchi usati da loro. Ma più chiaro, se voi conumerate la fragilità della pietra tra l'eccellenza della scultura, senza dubbio la pittura è più perfetta per esser priva di tal pericolo; ma quant'alli corpi, over materie di tal arti, molto più fragili e deboli sono li corpi della pittura, per esser di legni e telle, ma tal cosa non si contiene nell'arte; e che così sia, la scultura non è quella pietra, ma la scultura s'intende quella figura scolpita e formata in essa pietra, né si deve lodar la sodezza di quella materia, ma la perfezion dell'artefice; e avvenga ch'alla figura mancasse il capo, over un braccio, vorreste voi per ciò imputar il maestro? non in vero, per ch'il fallo è della pietra, né anco si resta di lodar integramente lo scultore per il guasto della figura; ma se la figura dipinta si guasta, o nella faccia, o in altra parte, chi è quello che la possi acconciare? Tutti li pittori e scultori insieme non sarian bastevoli, perché sempre apparerebbe l'acconcio; le si puono ben rifare, e loro anco possono riformarle, riducendole in minor forme, ora meglio. Se noi avessimo questa metta nella pittura di non poter senza ruina della figura preterire gli estremi, siate certo, ch'essendo noi uomini, come essi sono, lo sapressimo servare con maggior diligenza della sua, ma dandoci la liberal pittura campo franco di compiacersi nel fare e disfare, abbiamo più causa di ringraziarla che non hanno gli scultori ragione di lodare la loro scultura.

 

LAURO

Al corpo di me, che gli avete legato la lingua di modo che tutti gli statuarj insieme non possono contradire o negare l'imperfezione della scultura e che sono veramente nostri inferiori, sian pur l'opere sue più che le nostre eterne.

 

FABIO

Che l'opere scolpite siano più delle dipinte eterne, gli cedo, ma tal cosa non dipende per la sua ingeniosità, ma per la sodezza della pietra.

 

LAURO

Schifate questa imbroccata, o statuarj! E forsi che non si gonfiano nel dire che per un scultore vi sono cento pittori, e se l'attribuiscono a gran lode, dicendo che la difficultà della scultura non è appetita da tanti intelletti.

 

FABIO

Vi dirò la ragione, ma prima vi rispondo che, quanto alla gran copia de' pittori, io non ho inteso mai, nel ragionamento mio, parlare se non di quelli veri pittori, come eccellenti nell'arte, delli quali non creggio che ve ne siano, circoendo tutto il mondo, il numero di dieci; ma che gli uomini appetiscano e applicansi alla pittura più ch'alla scultura, questo avviene perché la conoscono più perfetta e più unita con il natural, ch'è il suo fine più dilettevole, perché dà più integra similtudine alle cose, e anco con più brevità s'isprime il suo concetto. E più che la partecipa meno del mecanico e laborioso, la qual parte è fuggita dall'intelletto, come suo contrario, ma la pittura è accettata da lui con tal dolcezza, ch'i pittori si liquefanno e si risolveno, come Narciso, nell'imagine della sua beltade.

 

LAURO

Voi m'avete sodisfatto benissimo, e se la memoria mia conserva il ragionamento vostro, chiuderò la bocca a questi che vorranno diffendere la scultura, come per un altro modo furno confusi da Georgione da Castel Franco, nostro pittor celeberrimo e non manco degli antichi degno d'onore. Costui, a perpetua confusione degli scultori, dipinse in un quadro un san Georgio armato in piedi appostato sopra un tronco di lancia con li piedi nelle istreme sponde d'una fonte limpida e chiara, nella qual transverberava tutta la figura in scurzo sino alla cima del capo, poscia avea finto uno specchio appostato a un tronco, nel qual riflettava tutta la figura integra in schena e un fianco. Vi finse un altro specchio dall'altra parte, nel qual si vedeva tutto l'altro lato del san Georgio, volendo sostentare ch'uno pittore può far vedere integramente una figura a un sguardo solo, che non può così far un scultore, e fu questa opera (come cosa di Georgione) perfettamente intesa in tutte le tre parti di pittura, ciò è disegno, invenzione e colorire.

 

FABIO

Questo si può facilmente credere, perch'egli fu (come dite) uomo perfetto e raro, et è opera degna di lui, e atta d'aggrandire l'ali alla sua chiara fama.

 

 




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