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Antonio Pigafetta
Relazione del primo viaggio intorno al mondo descritti da Antonio Pigafetta vicentino, cavaliere di Rodi

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I

ANTONIO PIGAFETTA PATRIZIO VICENTINO E CAVALIER DE RODI A L'ILLUSTRISSIMO ED ECCELLENTISSIMO SIGNOR FILIPPO DE VILLERS LISLEADAM, INCLITO GRAN MAISTRO DI RODI, SIGNOR SUO OSSERVANDISSIMO.

 

Perchè sono molti curiosi, illustrissimo ed eccellentissimo signor, che non solamente se contentano de sapere e intendere le grandi ed ammirabili cose che Dio me ha concesso di vedere e patire ne la infrascritta mia longa e pericolosa navigazione, ma ancora vogliono sapere li mezzi e modi e vie che ho tenuto ad andarvi, non prestando quella integra fede a l'esito se prima non hanno bona certezza de l'inizio; pertanto saperà vostra illustrissima signoria, che, ritrovandomi nell'anno della natività del Nostro Salvatore 1519 in Spagna, in la corte del serenissimo re dei Romani con el reverendo monsignor Francesco Chieregato, allora protonotario apostolico e oratore de la santa memoria di papa Leone X, che per sua virtù dappoi è asceso a l'episcopato de Aprutino e principato de Teramo, avendo io avuto gran notizia per molti libri letti e per diverse persone, che praticavano con sua signoria, de le grandi e stupende cose del mare Oceano, deliberai, con bona grazia de la maestà cesarea e del prefato signor mio, far esperienzia di me e andare a vedere quelle cose, che potessero dare alcuna satisfazione a me medesimo e potessero partorirme qualche nome appresso la posterità.

 

Avendo inteso che allora se era preparata una armata in la città di Siviglia, che era de cinque nave, per andare a scoprire la spezieria nelle isole di Maluco, de la quale era capitanio generale Fernando de Magaglianes, gentiluomo portoghese, ed era commendatore di Santo Jacobo de la Spada, [che] più volte con molte sue laudi aveva peregrato in diverse guise lo Mar Oceano, mi partii con molte lettere di favore da la città de Barsalonna dove allora resideva sua maestà, e sopra una nave passai sino Malega, onde, pigliando il cammino per terra, giunsi a Siviglia; ed ivi, essendo stato ben circa tre mesi, aspettando che la detta armata si ponesse in ordine per la partita, finalmente, come qui de sotto intenderà Vostra eccellentissima signoria, con felicissimi auspizî incomensiammo la nostra navigazione: e perchè ne l'esser mio in Italia, quando andava a la santità de papa Clemente, quella per sua grazia a Monteroso verso di me si dimostrò assai benigna e umana e dissemi che li sarebbe grato li copiassi tutte quelle cose [che] aveva viste e passate nella navigazione, benchè io ne abbia avuta poca comodità, niente di meno, secondo il mio debil potere, li ho voluto satisfare.

E così li offerisco in questo mio libretto tutte le vigilie, fatiche e peregrinazioni mie, pregandola, quando la vacherà dalle assidue cure rodiane, si degni trascorrerle; per il che mi parerà esser non poco rimunerato da vostra illustrissima signoria, a la cui bona grazia mi dono e raccomando.

 

Avendo deliberato il capitano generale di fare così longa navigazione per lo mare Oceano, dove sempre sono impetuosi venti e fortune grandi, e non volendo manifestare a niuno de li suoi el viaggio che voleva fare, acciò non fosse smarrito in pensare de fare tanto grande e stupenda cosa, como fece con l'aiuto di Dio, (li capitani sui che menava in sua compagnia, lo odiavano molto non so perchè, se non perchè era Portughese ed essi Spagnoli), volendo dar fine a questo che promise con giuramento a lo imperatore don Carlo re di Spagna, acciò le navi ne le fortune e ne la notte non se separaseno una da l'altra, ordinò questo ordine e lo dette a tutti li piloti e maestri de le sue navi: lo qual era:

Lui de notte sempre voleva andar innanzi de le altre navi ed elle seguitasseno la sua con una facella grande di legno, che la chiamano farol [il] quale portava sempre pendente da la poppa la sua nave. Questo segnale era a ciò [che] continuo lo seguitasseno. Se faceva uno altro fuoco con una lanterna o con un pezzo de corda de giunco, che la chiamano strengue, di sparto molto battuto ne l'acqua e poi seccato al sole ovvero al fumo, ottimo per simil cosa, gli rispondesseno, acciò sapesse per questo segnale che tutte venivano insieme. Se faceva dui fuochi senza lo farol, virasseno, o voltasseno in altra banda quando el vento non era buono e al proposito per andar al nostro cammino, o quando voleva far poco viaggio. Se faceva tre fuochi, tollesseno via la bonetta, che è una parte di vela che se attacca da basso de la vela maggiore, quando fa bon tempo, per andar più: la se tol via acciò sia più facile a raccogliere la vela maggiore, quando si ammaina in pressa in un tempo subito. Se faceva quattro fuochi, ammainassero tutte le vele, facendo poi lui uno segnale di fuoco come stava fermo. Se faceva più fuochi, ovvero tirava alcuna bombarda, fosse segnale de terra o de bassi. Poi faceva quattro fuochi, quando voleva far alzare le vele in alto, acciò loro navigassero seguendo sempre per quella facella de poppa. Quando voleva far mettere la bonetta, faceva tre fuochi: quando voleva voltare in altra parte [ne] faceva due. Volendo poi sapere se tutte le navi lo seguitavano e venivano insieme, [ne] faceva uno, perchè così ogni nave facesse e gli rispondesse.

Ogni notte se faceva tre guardie: la prima nel principio de la notte, la seconda, che la chiamano modoro nel mezzo, la terza nel fine [della notte]. Tutta la gente de la nave se (s)partiva in tre colonelli; il primo era del capitano, ovvero del contro maistro, mutandose ogni notte; lo secondo del pilota o nocchiero, il terzo del maestro.

Luni a 10 agosto, giorno de santo Laurenzio, ne l'anno già detto, essendo la armata fornita di tutte le cose necessarie per mare e d'ogni sorte de gente (era[va]mo duecento e trentasette uomini) ne la mattina si feceno presti per partirse dal molo di Siviglia, e tirando artigliaria detteno il trinchetto al vento; e vennero abbasso del fiume Betis, al presente detto Gadalcavir, passando per uno luogo detto Gioan Dalfarax, che era già grande abitazione de Mori, per mezzo lo quale stava un ponte che pasava el ditto fiume per andare a Siviglia, del che è restato fin al presente nel fondo dell'acqua due colonne, che quando passano le navi hanno bisogno de uomini che sappiano ben lo loco delle colonne, perciò non desseno in esse, ed è bisogno passarle quando el fiume sta piú crescente, ed anche per molti altri luoghi del fiume, che non ha tanto fondo che basti per passare le navi cargate e [è bisogno che] quelle non siano troppo grandi. Poi venirono ad un altro [luogo], che se chiama Coria, passando per molti altri villaggi a lungo del fiume, tanto che giunseno ad uno castello del duca di Medina Cidonia, il quale se chiama S. Lucar, che è posto per entrare nel mare Oceano, levante ponente con il capo di Sant Vincent, che sta in 37 gradi di latitudine e lungi dal detto posto 10 leghe. Da Siviglia fin a qui per lo fiume gli sono 17 o 20 leghe. Da lì alquanti giorni venne el capitano generale con li altri capitani per lo fiume abbasso ne li battelli de le navi et ivi stessimo molti giorni per fornire l'armata di alcune cose [che] le mancavano; e ogni dí andavamo in terra ad aldir messa ad un loco che se chiama Nostra Donna di Baremeda, circa San Lucar. E avanti la partita lo capitano general volse [che] tutti se confessasseno e non consentitte [che] ninguna donna venisse ne l'armada per meglior rispetto.

 

Marti a XX de settembre, nel medesimo anno, ne partissemo da questo loco, chiamato San Lucar, pigliando la via di garbin, e a 26 del detto mese arrivassemo a una isola de la Gran Canaria, che se dice Tenerife in 28 gradi di latitudine, per pigliar carne, acqua e legna. Stessemo ivi tre giorni e mezzo per fornire l'armata delle dette cose: poi andassemo a uno porto de la medesima isola, detto Monte Rosso, per pegola, tardando due giorni. Saperà Vostra illustrissima signoria che in quelle isole de la Gran Canaria c'è una in tra le altre, ne la quale non si trova pur una goccia de acqua che nasca, se non [che] nel mezodí [si vede] discendere una nebola dal cielo e circonda uno grande arbore che è nella detta isola, stillando dalle sue foglie e rami molta acqua; e al piede del detto arbore è addrizzata in guisa de fontana una fossa, ove casca l'acqua, de la quale li uomini abitanti e animali, cosí domestici come salvatici, ogni giorno de questa acqua e non de altra abbondantissimamente se saturano.

 

Luni a tre d'ottobre a mezzanotte se dette le vele al cammino de l'austro, ingolfandose nel mare Oceano, passando tra Capo Verde e le sue isole in 14 gradi e mezzo; e cosí molti giorni navigassimo per la costa della Ghinea, ovvero Etiopia, (ne la quale ha una montagna, detta Sierra Leone, in 8 gradi di latitudine) con venti contrari, calme e piogge senza venti fino a la linea equinoziale, piovendo sessanta giorni di continuo contra la opinione de li antichi. Innanzi che giungessimo a la linea, 14 gradi, molte gropade da venti impetuosi e correnti de acqua ne assaltarono contra el viaggio. Non possendo spuntare innanzi, a ciò che le navi non pericolasseno, se calavano tutte le vele: ed a questa sorte andavano de mare in traverso finchè passava la gropada, perché veniva molto furiosa. Quando pioveva non era vento; quando faceva sole era bonaccia. Venivano al bordo de la nave certi pesci grandi, che se chiamano tiburoni, che hanno denti terribili e se trovano uomini nel mare li mangiano. Pigliavamo molti con ami de ferro, benché non sono buoni da mangiare, se non li piccoli, e anche loro mal boni.

In queste fortune molte volte ne apparse il Corpo Santo, cioè Santo Elmo, in lume fra le altre in una oscurissima notte, di tal splendore, come è una facella ardente, in cima de la maggiore gabbia, e stiè circa due ore e piú con noi, consolandone che piangevamo. Quando questa benedetta luce si volse partire da noi, tanto grandissimo splendore dette ne li occhi nostri, che stettemo piú de mezzo quarto de ora tutti ciechi, chiamando misericordia, e veramente credendo esser morti. Il mare subito se aquietò.

Vidi molte sorte di uccelli, tra le quali una che non aveva culo; un'altra, quando la femina vuol far li ovi, li fa sopra la schiena del maschio, e ivi si creano; non hanno piedi e sempre vivono nel mare; un'altra sorte, che vivono del sterco de li altri uccelli e non di altro: sí come vidi molte volte questo uccello, qual chiamano cagassela, correr dietro ad altri uccelli, fin tanto [che] quelli sono costretti mandar fuora el sterco; subito lo piglia e lascia andare lo uccello. Ancora vidi molti pesci che volavano, e molti altri congregati insieme, che parevano una isola. Passato che avessimo la linea equinoziale, in verso el meridiano, perdessimo la tramontana, e cosí se navigò tra il mezzogiorno e il garbin fino in una terra, che si dice la terra del Verzin in 23 gradi 1/2 al polo antartico, che è terra del capo de Santo Agostino, che sta in 8 gradi al medesimo polo: dove pigliassemo gran rinfresco de galline, batate, pigne molto dolci, frutto in vero piú gentil che sia, carne de anta come vacca, canne dolci ed altre cose infinite, che lascio per non essere prolisso. Per un amo da pescare o uno cortello davano 5, o 6 galline: per uno pettine uno paro de occati; per uno specchio o una forbice, tanto pesce che avrebbe bastato a X uomini; per uno sonaglio o una stringa, uno cesto de batate; queste batate sono al mangiare come castagne e longhe come napi; e per uno re de danari, che è una carta da giocare, ne detteno 6 galline e pensavano ancora averne ingannati. Intrassemo in questo porto il giorno del Sancta Lucia e in quel dì avessimo il sole per zenit e patissimo più caldo quel giorno e li altri, quando avevamo il sole per zenit, che quando éramo sotto la linea equinoziale.

Questa terra del Verzin è abbondantissima e più grande che la Spagna, Franza e Italia tutte insieme: è del re de Portugallo. Li popoli di questa terra non sono Cristiani e non adorano cosa alcuna; vivono secondo lo uso della natura e vivono centovincinque anni e cento quaranta; vanno nudi cosí uomini, come femmine; abitano in certe case lunghe che le chiamano boii e dormono in rete de bambaso, chiamate amache, legate ne le medesime case da un capo e da l'altro a legni grossi: fanno foco in fra essi in terra. In ognuno di questi boii stanno cento uomini con le sue mogli e figlioli facendo gran rumore. Hanno barche d'uno solo albero, ma schize chiamate canoe, (s)cavate con menare di pietra. Questi popoli adoperano le pietre, come noi il ferro, per non aver(n)e. Stanno trenta e quaranta uomini in una di queste; vogano con pale come da forno e cosí negri, nudi e tosi assomigliano quando vogano a quelli della Stige palude.

 

Sono disposti uomini e femmine come noi; mangiano carne umana de li suoi nemici, non per buona, ma per una certa usanza. Di questa usanza, lo uno con l'altro, fu principio una vecchia, la quale aveva solamente uno figliuolo, che fu ammazzato da li suoi nemici, per il che, passati alcuni giorni, li suoi pigliarono uno de la compagnia che aveva morto [il] suo figliuolo e lo condussero dove stava questa vecchia. Ella, vedendo e ricordandose del suo figliuolo, come cagna arrabbiata, li corse addosso e lo mordette in una spalla. Costui de lì a poco fuggì ne li suoi e disse come lo volsero mangiare, mostrandoli el segnale de la spalla. Quando questi pigliarono poi di quelli, li mangiarono, e quelli de questi; sí che per questo è venuta tale usanza. Non se mangiano subito; ma ogni uno taglia uno pezzo e lo porta in casa, mettendolo al fumo; poi ogni 8 giorni taglia uno pezzetto, mangiandolo brustolato con le altre cose per memoria degli sui nemici. Questo me disse Ioanne Carvagio piloto, che veniva con noi, il quale era stato in questa terra quattro anni.

Questa gente si dipingono meravigliosamente tutto il corpo e il volto con fuoco in diverse maniere; anche le donne; sono tosi e senza barba, perchè se la pelano. Se vestono de vestiture de piume di pappagallo, con rode grandi al culo de le penne maggiori, cosa ridicola. Quasi tutti li uomini, eccetto le femmine e fanciulli, hanno tre busi nel labbro de sotto, ove portano pietre rotonde e longhe uno dito, e piú e meno di fuora pendente. Non sono del tutto negri, ma olivastri; portano descoperte le parte vergognose; el suo corpo è senza peli, e cosí omini qual donne sempre vanno nudi. Il suo re è chiamato cacich. Hanno infinitissimi pappagalli e ne dànno 8, o 10 per uno specchio; e gatti maimoni piccoli; fatti come leoni, ma gialli, cosa bellissima. Fanno pane rotondo bianco de midolla de arbore, non molto buono, che nasce fra l'arbore e la scorza ed è come ricotta: hanno porci che sopra la schiena tenono il loro ombelico, e uccelli grandi che hanno el becco come uno cucchiaro, senza lingua.

Ne davano per una accetta o coltello grande una o due delle loro figliole per schiave; ma [le] sue mogliere non dariano per cosa alcuna. Elle non farebbero vergogna a' suoi mariti per ogni gran cosa, come ne è stato riferito. Di giorno non consentono a li loro mariti, ma solamente di notte. Esse lavorano e portano tutto el mangiare da li monti in zerli, ovvero canestri sul capo o attaccati al capo; però essendo sempre seco [i] suoi mariti solamente con un arco de verzin o de palma negra e uno mazzo di frezze de canna: e questo fanno perchè sono gelosi. Le femmine portano [i] sui figlioli (at)taccati al collo in una rete da bambaso. Lascio altre cose per non esser più lungo.

Si disse due volte messa in terra per il che questi stavano con tanta contrizione in ginocchioni, alzando le mani giunte, che era grandissimo piacere vederli. Edificarono una casa per noi, pensando dovessimo star seco alcun tempo, e tagliarono molto verzin per darnelo a la nostra partita. Era stato forse due mesi [che] non aveva piovesto in questa terra; e quando giongessemo al porto, per caso piovette. Per questo dicevano noi venire dal cielo e avere menato nosco la pioggia. Questi popoli facilmente se converterebbono a la fede di Gesù Cristo. Imprima costoro pensavano [che] li battelli fosseno figlioli de le navi e che elli li partorisseno quando se buttavano fora de nave in mare; e stando così al costado, come è usanza, credevano [che] le navi li nutrissero.

Una giovane bella venne un dì nella nave capitania, dove io stava, non per altro se non per trovare alcuno recapito. Stando così aspettando, buttò lo occhio sopra la camera del maestro, e vide uno chiodo longo piú de un dito, il che pigliando, con grande gentilezza e galanteria se lo ficcò a parte a parte de li labbri della sua natura; e subito bassa bassa se partitte, vedendo questo il capitano generale e io.

 

ALCUNI VOCABOLI DE QUESTI POPOLI DEL VERZIN

 

Al miglio = maiz.

Alla farina = hui.

All'amo = pinda.

Al coltello = tacse.

Al pettine = chigap.

Alla forbice = pirame.

Al sonaglio = itanmaraca.

Buono più che buono = tum maragatum.

 

Stessimo 13 giorni in questa terra. Seguendo poi il nostro cammino andassemo fino a 34 gradi e uno terzo al polo Antartico, dove trovassemo, in uno fiume de acqua dolce, uomini che se chiamano Canibali e mangiano la carne umana. Venne uno de la statura quasi come uno gigante nella nave capitania per assicurare li altri suoi. Aveva una voce simile a uno toro. Intanto che questo stette ne la nave, li altri portorono via le sue robe dal loco dove abitavano, dentro de la terra, per paura de noi. Vedendo questo, saltassimo in terra cento uomini per avere lingua e parlare seco, ovvero per forza pigliarne alcuno. Fuggitteno, e fuggendo facevano tanto gran passo che noi saltando non potevamo avanzare li sui passi. In questo fiume stanno sette isole. Ne la maggior de queste se trova pietre preziose, che si chiama Capo de Santa Maria.

Già se pensava che da qui se passasse al mare de Sur, cioè mezzodì, nè mai più oltre fu discoverto. Adesso non è capo, se non fiume e ha larga la bocca 17 leghe. Altre volte in questo fiume fu mangiato da questi Canibali, per troppo fidarse, uno capitano spagnolo, che se chiamava Iohan de Solís e sessanta uomini, che andavano a discoprire terra come noi.

 

Poi seguendo el medesimo cammino verso el polo Antartico, accosto da terra, venissemo a dare in due isole piene di occati e lupi marini. Veramente non se poría narrare il gran numero de questi occati. In una ora cargassimo le cinque navi. Questi occati sono negri e hanno tutte le penne ad uno modo, così nel corpo come nelle ali: non volano e vivono de pesce. Erano tanto grassi che non bisognava pelarli ma scorticarli. Hanno lo becco como uno corvo. Questi lupi marini sono de diversi colori e grossi come vitelli e il capo come loro, con le orecchie piccole e tonde e denti grandi. Non hanno gambe, se non piedi tacadi al corpo, simili a le nostre mani, con unghie piccole e fra li diti hanno quella pelle [che hanno] le oche. Sarebbero ferocissimi se potessero correre: nodano e vivono de pesce. Qui ebbeno le navi grandissima fortuna, per il che ne apparsero molte volte li tre Corpi Santi, cioè Sant'Elmo, Sancto Nicolò e Santa Chiara; e subito cessava la fortuna.




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