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Antonio Pigafetta
Relazione del primo viaggio intorno al mondo descritti da Antonio Pigafetta vicentino, cavaliere di Rodi

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  • VIII
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VIII

Mercore lo re mandò suo figliuolo, detto Mossahap, a Mutir per garofoli, acciò più presto ne fornisseno. Oggi dicessemo al re come avevamo presi certi Indi; rengraziò molto Iddio e dissene li facessimo tanta grazia [che] gli dessemoli prigioni, perchè li manderebbe ne le sue terre, con cinque uomini de li sui per manifestare del re di Spagna e de sua fama. Allora gli donassemo le tre donne, pigliate in nome de la reina per la cagione già detta. Il giorno seguente li appresentassemo tutti li presoni, salvo quelli de Burne. Ne ebbe grandissimo piacere. Da poi ne disse dovessemo, per suo amore, ammazzare tutti li porci [che] avevamo nelle mani, perchè ne darebbe tante capre e galline. Gli ammazzassemo per farli piacere e li appiccassimo sotto la coverta. Quando costoro per avventura li vedevano, se coprivano lo volto per non vederli, nè sentire lo suo odore.

 

Sul tardi del medesimo giorno venne in uno prao Pietro Alfonso portoghese; e non essendo ancora dismontato, il re lo mandò a chiamare e ridendo dissegli, se lui era ben de Tarenate, ne dicesse la verità de tutto quello che li domandassemo. Costui disse come già [da] sedici anni stava ne la India, ma X in Maluco, e tanti erano che Maluco stava descoperto ascosamente. Ed era un anno, manco quindici giorni, che venne una nave grande de Malacca quivi, e se partitte caricata de garofoli, ma per li mali tempi restò in Bandan alquanti mesi, de la quale era capitano Tristan de Meneses portoghese; e come lui li domandò che nove erano adesso in Cristianità, li disse come era partita una armata de cinque navi da Siviglia per descoprire Maluco in nome del re di Spagna, essendo capitano Fernando de Magallianes portoghese; e come lo re di Portogallo, per dispetto che uno Portoghese li fosse contra, aveva mandate alquante nave al capo de Bona Speranza e altre tante al capo de Santa Maria, dove stanno li Cannibali, per vietargli lo passo, e come non lo trovò. Poi el re di Portogallo aveva inteso come lo detto capitano aveva passato per un altro mare e andava a Maluco; subito scrisse al suo capitano maggiore de la India, chiamato Diego Lopez de Sichera, mandasse sei navi a Maluco; ma per causa del Gran Turco che veniva a Malacca non le mandò perchè gli fu forza mandare contro lui sessanta vele al stretto de la Mecca nella terra de Giuda, li quali non trovarono altro, solamente alquante galere in secco ne la riva de quella forte e bella città de Aden, le quali tutte brusorono. Dopo questo mandava contro a noi, a Maluco, uno gran galeone con due mani de bombarde; ma per certi bassi e correnti de acqua, che sono circa a Malacca e venti contrari, non potè passare e tornò indietro. Lo capitano de questo galeone era Francesco Faria portoghese; e come erano pochi giorni che una caravella con due giunchi erano stati quivi per intendere di noi. Li giunchi andarono a Bachian per caricare garofoli con sette Portoghesi. Questi Portoghesi per non avere rispetto a le donne del re e de li suoi (lo re li disse più volte non facessero tal cosa, ma loro non volendo restare) furono ammazzati. Quando quelli della caravella intesero questo, subito tornarono a Malacca, e lasciarono li giunchi con quattrocento bahar de garofoli e tanta mercanzia per comperare altri cento bahar. E come ogni anno molti giunchi vèneno de Malacca a Bandan per pigliare matia e noci moscate, e da Bandan a Maluco per garofoli; e come questi popoli vanno con questi sui giunchi da Maluco a Bandan in tre giorni, e da Bandan a Malacca in quindici; e come el re de Portogallo già [da] X anni godeva Maluco ascosamente, acciò lo re de Spagna nol sapesse.

Costui stette con noi altri insino a tre ore de notte e dissene molte altre cose. Operassemo tanto che costui, promettendogli buon soldo, ne promise de venire con noi in Spagna.

 

Venere, al 15 de novembre, il re ne disse come andava a Bachian per pigliare de quelli garofoli lasciati da li Portoghesi. Ne dimandò due presenti per darli a li due governatori de Mutir in nome del re di Spagna; e passando per lo mezzo de le navi, volse vedere come tiravano li schioppetti, le balestre e li versi, che sono maggiori d'uno archibuso. Tirò lui tre volte la balestra, perchè gli piaceva più che li schioppetti.

Sabato lo re moro de Giailolo venne a le navi con molti prao, al quale donassemo uno saio de damasco verde, due braccia de panno rosso, specchi, forbici, coltelli, pettini e due bicchieri dorati. Ne disse [che], perchè erano amici del re de Tadore, èramo ancora suoi, perchè amavalo come uno suo proprio figliuolo; e, se mai alcuno de li nostri andasseno in sua terra, li farebbe grandissimo onore.

Questo re è molto vecchio, e temuto per tutte queste isole per essere molto potente, e chiamase raià Iussu.

Questa isola de Giailolo è tanto grande che tardano quattro mesi a circondarla con uno prao.

Domenica mattina questo medesimo re venne a le navi; e volse vedere in che modo combattevamo e come scaricavamo le nostre bombarde, del che pigliò grandissimo piacere e subito partì. Costui, come ne fu detto, era stato nella sua gioventù grandissimo combattitore.

 

Nel medesimo giorno andai in terra per vedere come nascevano li garofoli. Lo albero suo è alto e grosso come un uomo al traverso nè più nè meno: li suoi rami [si] spandono alquanto largo nel mezzo, ma nella fine fanno in modo de una cima. La sua foglia è come quella del lauro: la scorza è olivastra. Li garofoli vengono in cima de li rametti, dieci o venti insieme. Questi alberi fanno sempre quasi più da una banda che de l'altra, secondo li tempi. Quando nascono li garofoli sono bianchi [quando sono] maturi rossi, e secchi negri. Se coglieno due volte l'anno, una de la natività del Nostro Redentore, l'altra in quella de Sancto Gioan Battista, perchè in questi due tempi è più temperato l'aere: ma più in quella del Nostro Redentore. Quando l'anno è più caldo e con manco piogge, se coglieno trecento e quattrocento bahar in ogni una de queste isole. Nascono solamente ne li monti, e se alcuni de questi arbori sono piantati al piano, appresso li monti, non vivono. La sua foglia, la scorza e il legno verde è così forte come li garofoli. Se non si coglieno quando sono maturi, diventano grandi e tanto duri, che non è bono altro de loro, se non la sua scorza. Non nascono al mondo altri garofoli, se non in cinque monti de queste cinque isole. Se ne trovano ben alcuni in Giailolo e in una isola piccola fra Tadore e Mutir, detta Mate, ma non sono buoni. Vedevamo noi quasi ogni giorno una nebula discendere e circondare l'uno o l'altro de questi monti, per il che li garofoli diventano perfetti. Ciascuno de questi popoli hanno de questi arbori e ogni uno custodiscono li sui; ma non li coltivano.

In questa isola se trovano alcuni alberi di noce moscata. L'albero è come le nostre noghere e con le medesime foglie; la noce quando se coglie, è grande come uno cotogno piccolo, con quel pelo e del medesimo colore. La sua prima scorza è grossa come lo verde de le nostri noci; sotto de questa è una tela sottile, sotto la quale sta la matia, rossissima, rivolta intorno la scorza della noce, e de dentro de questa è la noce moscata.

Le case de questi popoli sono fatte come le altre, ma non così alte da terra, e sono circondate da canne, in modo de una sieve.

Queste femmine sono brutte, e vanno nude come le altre, con quelli panni de scorza de albero. Fanno questi panni in tal modo: pigliano uno pezzo di scorza e lo lasciano nell'acqua fin che diventa molle; e poi lo batteno con legni e lo fanno lungo e largo come vogliono: diventa come uno velo de seta cruda con certi filetti de dentro che pare sia tessuto. Mangiano pane di legno de albero, come la palma, fatto in questo modo: pigliano un pezzo de questo legno molle e gli cavano fuora certi spini negri lunghi; poi lo pestano e così fanno lo pane. L'usano quasi solo per portare in mare e lo chiamano sagu. Questi uomini vanno nudi come gli altri; ma sono tanto gelosi de le sue moglie, che non volevano andassemo noi in terra con le braghette discoperte, perchè dicevano le sue donne pensare noi sempre essere in ordine.

 

Ogni giorno venivano da Tarenate molte barche caricate di garofoli; ma, perchè aspettavamo il re, non contrattavamo altro se non vettovaglia. Quelli de Tarenate se lamentavano molto, perchè non volevamo contrattare con loro. Domenica de notte, a ventiquattro de novembre, venendo al luni, lo re venne sonando con borchie e, passando per mezzo le navi, discaricassemo molte bombarde. Ne disse [che] in fine a quattro giorni veniriano molti garofoli. Luni lo re ne mandò settecento e novanta uno cathili de garofoli senza levare la tara. La tara è pigliare le spezierie per manco de quel che pesano, perchè ogni giorno se seccano de più. Per essere li primi garofoli [che] avevamo messi ne le navi, discaricassemo molte bombarde. Quivi chiamano li garofoli ghomode; in Sarangani, dove pigliassimo li due piloti, bonghalavan, e in Malacca chianche.

 

Marti, a ventisei di novembre, el re ne disse come non era costume de alcuno re partirsi de la sua isola: ma lui se era partito per amore del re de Castiglia e perchè andassemo più presto in Spagna e retornassimo con tante navi, che potessero vendicare la morte de suo padre, che fu ammazzato in una isola chiamata Buru e poi buttato nel mare. E dissene, come era usanza, quando li primi garofoli erano posti ne le navi, ovvero ne li giunchi, lo re fare un convito a quelli de le navi e pregare lo suo Dio li conducesse salvi ne lo suo porto: e anche lo volea fare per cagione del re Bachian e uno suo fratello, che venivano per visitarne: faceva nettare le vie.

Alcuni de noi, pensando qualche tradimento, perchè quivi, dove pigliavamo l'acqua, furono ammazzati da certi de questi, ascosi ne li boschi, tre Portoghesi de Francesco Serrano, e perchè vedevamo questi Indi susurrare con li nostri prigioni, dicessemo, contra alquanti volonterosi de questo convito, non se dovere andare in terra per convito, ricordandogli de quello altro tanto infelice.

Facessemo tanto [che] se concluse de mandare [a] dire al re venisse presso a le navi perchè volevamosi partire e consegnarli li quattro uomini promessi con altre mercanzie. Il re subito venne e, entrando ne le navi, disse ad alcuni sui, [che] con tanta fiducia entrava in queste come ne le sue case. Ne disse essere grandemente spaventato per volerne partire così presto, essendo il termine de caricare le navi trenta giorni, e non essersi partito per farne alcun male, ma per fornire più presto le navi de garofoli; e come non se dovevamo partire allora, per non essere ancora lo tempo [de] navigare per queste isole et per li molti bassi [che] se trovano circa Bandan e perchè facilmente avressimo potuto incontrarsi [in] qualche nave de Portoghesi. E se pur era la nostra opinione de partirsi allora, pigliassemo tutte le nostre mercadanzie, perchè tutti li re cinconvicini direbbono il re di Tadore avere ricevuto tanti presenti da uno sì gran re e lui non averli dato cosa alcuna, e penserebbero noi essersi partiti per paura de qualche inganno, e sempre chiamerebbeno lui per uno traditore.

Poi fece portare lo suo Alcorano, e prima baciandolo e mettendoselo quattro o cinque volte sovra il capo e dicendo fra sè certe parole (quando fanno così chiamano zambahean), disse in presenza de tutti che giurava per Allà e per lo Alcorano che aveva in mano, sempre volere essere fedele amico al re di Spagna. Disse tutto questo quasi piangendo. Per le sue buone parole li promettessimo de aspettare ancora quindici giorni. Allora li dessemo la firma del re e la bandiera reale. Niente di meno intendessemo poi, per buona via, alcuni principali di queste isole averli detto ne dovesse ammazzare, perchè farebbe grandissimo piacere a li Portoghesi e come loro perdoneriano a quelli de Bachian: e il re averli risposto [che] non lo faria per cosa alcuna, conoscendo lo re de Spagna e avendone data la sua pace.

 

Mercore, a ventisette de novembre, dopo disnare, lo re fece fare un bando a tutti quelli [che] avevano garofoli, li potesseno portare ne le navi. Tutto questo giorno e l'altro contrattassemo garofoli con gran furia. Venere, sul tardi, venne lo governatore de Machian con molti prao. Non volse desmontare in terra, perchè stavano ivi suo padre e uno suo fratello banditi da Machian. Il giorno seguente lo nostro re con lo governatore suo nepote, entrarono ne le navi. Nui, per non aver più panno, ne mandò a torre tre braccia del suo e ne 'l dette, lo quale con altre cose donassemo al governatore. Partendose, se discaricò molte bombarde. Dappoi lo re ne mandò sei braccia de panno rosso, acciò lo donassemo al governatore. Subito lo gli presentassemo, per il che ne ringraziò molto e disse ne manderebbe assai garofoli. Questo governatore se chiama Humar ed era forse de venticinque anni.

 

Domenica, primo de dicembre, questo governatore se partì. Ne fu detto il re de Tadore avergli dato panni de seta e alcune de quelle borchie, acciò costui più presto li mandasse li garofoli. Luni il re andò fuori de la isola per garofoli. Mercore mattina, per essere giorno de Santa Barbara e per la venuta del re, se descaricò tutta l'artiglieria. La notte lo re venne nella riva e volse vedere come tiravamo li rocchetti e bombe da fuoco, del che lo re pigliò gran piacere. Giove e venere se comperò molti garofoli così ne la città, come ne le navi. Per quattro braccia de frisetto ne davano uno bahar de garofoli; per due catenelle de lattone, che valevano uno marcello, ne dettero cento libbre de garofoli; infine per non avere più mercadanzie, ognuno li dava chi le cappe, e chi i sai, e chi le camicie con altri vestimenti per avere la sua quintalata. Sabato tre figlioli del re di Taranate con tre sue mogli, figliole del nostro re, e Pietro Alfonso portoghese venirono a le navi. Donassemo a ogni uno de li tre fratelli un bicchier de vetro dorato, a le tre donne forbici e altre cose. Quando se partirono furono scaricate molte bombarde. Poi mandessemo in terra a la figliola del nostro re, già moglie del re di Taranate, molte cose, perchè non volse vegnire con le altre a le navi. Tutta questa gente, così uomini come donne, vanno sempre descalzi.

 

Domenica, a otto de dicembre, per essere giorno della Concezione, se scaricò molte bombarde, rocchetti e bombe di fuoco. Luni, sul tardi, lo re venne a le navi con tre femmine, [che] li portavano il betre. Altri non può menare seco donne se non il re. Dopo venne il re de Giailolo, e volse vedere noi un'altra fiata combattere insieme. Dopo alquanti giorni il nostro re ne disse lui assimigliare uno fanciullo che lattasse e conoscesse la sua dolce madre e, quella partendosi, lo lasciasse solo; maggiormente lui restare desconsolato, perchè già aveva conosciuto e gustato alcune cose di Spagna e perchè dovevamo tardare molto al ritornare, carissimamente ne pregò li lasciassimo per sua defensione alquanti de li versi nostri, e ne avvisò, quando fossimo partiti, navigassemo se non de giorno, per li molti bassi [che] sono in queste isole.

Li respondessimo, [che] se volevamo andar in Spagna, ne era forza navigare de giorno e de notte. Allora disse farebbe per noi ogni giorno orazione al suo Iddio, acciò ne conducesse a salvamento. E dissene come doveva venire lo re de Bachian per maritare uno suo fratello con una de le sue figliuole: ne pregò volessemo far alcuna festa in segno de allegrezza, ma non scaricassemo le bombarde grosse, perchè farebbero gran danno a le navi, per essere caricate in questi giorni.

Venne Pietro Alfonso portoghese con la sua donna e tutte le altre sue cose a stare ne le navi. De li a due giorni venne a le navi Chechil de Roix, figliolo del re de Tarenate, in un prao ben fornito e disse al Portoghese [che] discendesse un poco al suo prao; li rispose [che] non li voleva discendere, perchè veniva nosco in Spagna. Allora lui volse entrare ne le navi; ma noi non lo volsemo lasciar entrare. Costui, per essere grande amico del capitano de Malacca, portoghese, era venuto per pigliarlo, e gridò molto a quelli [che] stanziavano appresso il Portoghese, perchè lo avevano lasciato partire senza sua licenza.

 

Domenica, a quindici de dicembre, sul tardi il re de Bachian e il suo fratello venirono in uno prao con tre mani di vogatori per ogni banda; erano [in] tutti cento e venti, con molte bandiere de piuma de pappagallo bianche, gialle e rosse e con molti suoni de quelle borchie, perchè a questi suoni li vogatori vogano a tempo: e con due altri prao de donzelle per presentarle a la sposa. Quando passarono appresso le navi, li salutassemo con bombarde, e loro per salutarne circondorono le navi e il porto.

Il re nostro, per essere costume nessuno re discendere ne le terre de altrui, venne per congratularse seco. Quando il re de Bachian lo vide venire, se levò dal tappeto dove sedeva, e posesi de una banda; il nostro re non volse sedere sovra lo tappeto, ma dall'altra parte; e così niuno stava sopra lo tappeto.

Il re de Bachian dette al nostro re cinquecento patolle, perchè desse sua figlia per moglie al suo fratello. Queste patolle sono panni de oro e de seta fatti nella Cina e molto pregiati fra costoro. Quando uno de questi muore, li altri suoi, per fargli più onore, se vestono de questi panni. Dànno, per uno de questi, tre bahar de garofoli e più e meno, secondo che sono.

 

Luni il nostro re mandò uno convito al re de Bachian per cinquanta donne, tutte vestite de panni de seta, da la cinta fino al ginocchio. Andavano a due a due con uno uomo in mezzo de loro. Ognuna portava uno piatto grande, pieno di altri piattelli de diverse vivande. Li uomini portavano solamente lo vino in vasi grandi. Dieci donne de le più vecchie erano le mazziere. Andarono in questo modo fino al prao e appresentarono ogni cosa al re, che sedeva sovra lo tappeto sotto uno baldacchino rosso e giallo.

Tornando costoro indietro, pigliarono alcuni de li nostri e se loro volsero essere liberi li bisognò darli qualche sua cosetta.

Dopo questo il re nostro ne mandò capre, cocchi, vino e altre cose. Oggi mettessemo le vele nuove a le navi, ne le quali era una croce de Santo Iacobo de Gallizia, con lettere che dicevano: questa è la figura de la nostra buona ventura.

 

Marti donassemo al nostro re certi pezzi de artiglieria come archibusi, che avevamo pigliati in questa India, e alcuni pezzi de li nostri con quattro barili de polvere. Pigliassemo quivi ottanta botti de acqua per ciascuna nave. Già [da] cinque giorni lo re aveva mandato cento uomini a far legno per noi a la isola di Mare, perchè convenivamo passare per ivi.

Oggi lo re de Bachian con molti altri de li suoi discendette in terra per fare pace con noi. Dinnanzi de lui andavano quattro uomini con stocchi dritti in mano. Disse, in presenza del nostro re e de tutti li altri, come sempre starebbe in servizio del re di Spagna e salvaria in suo nome li garofoli, lasciati da li Portoghesi, finchè venisse un'altra nostra armata, e mai li darebbe a loro senza lo nostro consentimento.

Mandò a donare al re di Spagna uno schiavo, due bahar de garofoli (glie ne mandava X, ma le navi per essere troppo caricate non li poterono portare), e due uccelli morti, bellissimi. Questi uccelli sono grossi come tordi, hanno lo capo piccolo con lo becco lungo; le sue gambe sono lunghe un palmo e sottile come un calamo; non hanno ali, ma in luogo di quelle, penne lunghe de diversi colori come gran pennacchi: la sua coda è come quella del tordo: tutte le altre sue penne, eccetto le ali, sono del colore de taneto, e mai non volano se non quando è vento.

Costoro ne dissero questi uccelli venire dal paradiso terrestre e li chiamano bolon dinata, cioè uccelli de Dio.

Ognuno de li re de Maluco scrissero al re de Spagna che sempre volevano esserli suoi veri sudditi. Il re de Bachian era forse de settanta anni: e aveva questa usanza: quando voleva andare a combattere, ovvero a fare qualche altra cosa importante, prima se lo faceva fare due o tre volte da uno suo servitore che nol teneva ad altro effetto se non per questo.

 

Un giorno il nostro re mandò a dire a quelli nostri, che stavano nella casa della mercanzia, [che] non andasseno de notte fuora de casa, per certi de li suoi uomini, che se ongeno e vanno de notte e pareno siano senza capo. Quando uno de questi trova uno de li altri, li tocca la mano e glie la unge un poco dentro: subito colui se inferma e fra tre o quattro giorni muore: e quando questi trovano tre o quattro insieme, non gli fanno altro male, se non che l'imbalordiscono. E lui ne aveva fatto impiccare molti.

Quando questi popoli fanno una casa di nuovo, prima [che] li vadano ad abitare dentro, li fanno fuoco intorno e molti conviti; poi attaccano al tetto de la casa un poco d'ogni cosa [che] si trova ne la isola, acciò non possino mai mancare tal cose a gli abitanti. In tutte queste isole se trova gingero; noi lo mangiavamo verde, come pane.

Lo gingero non è albero, ma una pianta piccola, che pullula fuori de la terra certi coresini lunghi un palmo, come quelli de le canne e con le medesime foglie, ma più strette. Questi coresini non valeno niente; ma la sua radice è il zenzero, e non è così forte verde come secca. Questi popoli lo seccano in calcina, perchè altrimenti non durerebbe.

 

Mercore mattina, per volerse partire de Maluco, il re de Tadore, quel re Giailolo, quel de Bachian e uno figlio del re de Tarenate, tutti erano venuti per accompagnarne infino a l'isola de Mare. La nave Victoria fece vela e discostossi alquanto aspettando la nave Trinitade: ma questa, non potendo levare l'ancora, subito fece acque nel fondo. Allora la Victoria tornò al suo luogo, e subito cominciammo a scaricare la Trinitade per vedere se potevamo rimediarli. Si sentiva venire dentro l'acqua, come per un cannone, e non trovammo dove la entrava. Tutto oggi e il dì seguente non facessemo altro si non dare alla pompa, ma niente li giovavamo.

Il nostro re, intendendo questo, subito venne ne la nave e se affaticò per vedere dove veniva l'acqua. Mandò nell'acqua cinque de li suoi per vedere se avessemo potuto trovare la fessura. Stetteno più di mezz'ora sott'acqua e mai la trovarono. Vedendo il re costoro non potere giovare e ogni ora crescere più l'acqua, disse quasi piangendo [che] manderebbe al capo de la isola per tre uomini, [che] stavano molto sotto acqua.

Venere mattina, a buona ora, venne lo nostro re con li tre uomini e presto mandolli ne l'acqua con li capelli sparsi, acciò con quelli trovassero la fessura. Costoro stettero una buona ora sotto acqua e mai la trovarono. Il re, quando vide non poterli trovare rimedio, disse piangendo: chi anderà mo' in Spagna dal mio signore a darli nuova di me? Li rispondessimo che andarebbe la Victoria per non perdere li levanti, li quali cominciavano; e la altra, fin [che] se conciasse, aspetterebbe li ponenti e poi andaria al Darien, che è ne l'altra parte del mondo ne la terra de Diucatan.

Il re ne disse [che] aveva duecentoventicinque marangoni, che farebbono il tutto; e li nostri che restavano ivi li tenirebbe como suoi figli e non se affaticarebbono, se non due in comandare a li marangoni come dovessero fare. Diceva queste parole con tanta passione, che ne fece tutti piangere. Noi della nave Victoria, dubitando se aprisse la nave per esser troppo caricata, la alleggerissimo de sessanta quintali de garofoli, e questi facessemo portare ne la casa, dove erano li altri. Alcuni de la nostra nave volsero restare quivi, per paura che la nave non potesse durare sino in Ispagna: ma molto più per paura de morire de fame.




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