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Giuseppe Garibaldi
Lettere a Speranza von Schwartz

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  • Livorno, 9 dicembre 1865.
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Livorno, 9 dicembre 1865.

Amico carissimo,

il bene di vedervi quest'anno mi è stato tolto: fui delusa! Le ciancie dei giornali, le false notizie ricevute da Firenze e le assicurazioni di persone di Roma le quali dicevano di avervi veduto nella Capitale, tutto mi indusse a credere che io vi troverei colà: ero sul punto di partire col vapore del 21 nov. per Caprera quando seppi tutto ciò. Presi dunque l'appuntamento di accompagnare una giovine madre con due creature in Oriente, passando per Firenze. Questa benedetta famiglia, senza mezzi, mi fece aspettare fino a ier l'altro: arrivo qui ieri per sapere che non avete mai lasciato Caprera! Ne sono dolentissima per il motivo che non vi vedrò. Se non ci fosse la quarantena, partirei oggi e sarei ancora a tempo per imbarcarmi ad Ancona; ma la quarantena non essendo tolta ed io avendo fatto una promessa alla famiglia che accompagno, devo partire per imbarcarmi a Ancona questa settimana (venerdì). Non saprei dirvi quanto mi rode il dispiacere di non vedervi e forse più ancora il pensiero che Voi imaginate che io non abbia avuto la dovuta premura nel rispondere al vostro caro invito. Oh, voglio sperare che non sia così, perché mi fareste gran torto, amico carissimo!

Il mio soggiorno nell'isola di Creta, dove mi reco per adempire un impegno preso con un editore in Germania, non durerà più di tre mesi. Spero che in quello spazio di tempo potrò raccogliere il materiale per il libro che devo pubblicare. Se siete a Caprera, quando torno, verrò, col vostro permesso, a salutarvi colà; ma forse ci troveremo altrove?... Voi sapete, caro amico, che tutti i miei voti sono per Voi e per la santa causa.

Avevo diverse cose da comunicarvi, ma credo che sia meglio aspettare fino a che lo potrò fare a voce. Spero che siate in salute florida e che la vostra sublime pazienza non vi abbandoni.

Prendo la libertà di mandarvi da qui i sigari e la berretta che speravo di portarvi e, se le trovo, alcune frutta.

Da Roma vi scrissi a Firenze, recapito Prof.re Zanetti: non avete ricevuto la mia?

Se volete onorarmi e bearmi con due parole, vogliate indirizzarle a Livorno, recapito Enrico Dunn.

Il banchiere Macbean non mi manda le lettere; ne trovai una vostra del febbraio da lui nel mese di luglio!...

Ma Enrico Dunn è un inglese molto premuroso per me.

Addio, carissimo ed amatissimo amico. Salutatemi caldamente Menotti e Teresa. Spero che stiano tutti bene. Sono di cuore, come sempre, col più profondo affetto e la più grande ammirazione,

Vostra devotissima

Speranza.

 




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