Khalepa, 18 ottobre 1866.
Amico amatissimo,
in
risposta alla vostra cara del 5 agosto vi scrissi lungamente il 27 dello stesso
mese e vi comunicai molte cose riguardanti questa bella isola e la sua eroica e
disgraziata popolazione.
Non ho
finora avuto il bene di ricevere alcuna risposta alla mia ultima, ma persuasa
del vivissimo interesse che portate nel vostro gran cuore per la sventura e per
la bravura dei poveri Cretesi, vengo a trattenervi un poco sugli avvenimenti e
le tragedie, delle quali da sei settimane sono giornalmente testimone.
Non
sarà mai a Voi, grande amico, che dovrò spiegare quante ragioni di lagnanze,
quante cause di scontento e quanti diritti d'insorgere hanno i cristiani di
qui, maltrattati da secoli dalla barbarie turca, calpestati dalla tirannia,
vilmente abbandonati, venduti e traditi dalle così dette potenze
protettrici! Inorridisco di dovermi chiamare inglese; ma a che servono
tante parole? Tutta la Vostra vita non è stata forse, e non è che un magnanimo
sospiro per la santa causa della libertà e della giustizia? Ebbene, con poche
righe, con poche parole, voi potete forse fare moltissimo per questo popolo di
antico eroismo, ma che va man mano distruggendosi.
Non
finirei più se volessi dirvi quanti sono stati i massacri e le crudeltà
commesse. Il Governatore Generale Mustafà Pascià sta a circa 1500 piedi sopra
il livello del mare, come un secondo Nerone, a vedere i 17 villaggi divorati
dalle fiamme, che vi ha fatto appiccare. Più di 20.000 turchi, egiziani ed
abissini, perseguitano sulle montagne i poveri cristiani, ma finora non hanno
avuto l'ombra di una vittoria. Otto battaglioni turchi sono fuggiti, in due giorni,
davanti a 4000 cristiani; i fuggitivi si sono buttati in mare per salvarsi.
Sulle alture di Malapa 500 cristiani hanno combattuto per nove ore contro 4000
turchi! Duecento cristiani hanno avuto una volta l'ardire di attaccare e
mettere in fuga tre mila turchi!
Non vi
parlo del massacro di tanti innocenti, commesso dai turchi, appiccando il fuoco
fino nelle grotte, dove si erano rifugiate intere popolazioni dai villaggi;
hanno tagliato la testa e le membra agli ammalati, trascinandoli come trofei
per le strade, e deponendoli poi ai piedi del Governatore per riceverne il
guiderdone. Le chiese sono tutte profanate; nemmeno i morti hanno avuto riposo;
i cadaveri, tolti dalle tombe, e posti in posizioni orrende, servono di
bersaglio a brigate di turchi. Quanti buoni montanari, quanti degni
agricoltori, che mi hanno dato un'ospitalità tutta patriarcale, non furono
sacrificati! Quante donne coraggiose, che non vollero abbandonare o il vecchio
padre o lo sposo ammalato, non furono, dopo essere state maltrattate in ogni
modo, fatte a pezzi insieme ai loro figli e in presenza dei congiunti!
E le
potenze protettrici dormono, o peggio leggono ogni giorno tali orrori e non
fanno niente. Dicono che l'insurrezione in Creta da per sé non sarebbe niente,
ma potrebbe divenire importante, svegliando la questione d'Oriente! Dunque non
è niente il vedere 250.000 cristiani trattati così?
I
Consoli inglese e francese danno balli e rappresentazioni teatrali sui loro
vapori. Fremo, pensando che nessuna voce si alza per proteggere una popolazione
di martiri!
Ebbene;
io vengo in nome di questi poveretti, che restano ancora, a supplicarvi, mio
augusto amico, di fare tutto quanto è in vostro potere per mandare a questo
povero popolo dei volontari. Ho fatto e faccio quanto posso; ma che cosa sono i
miei mezzi? Nemmeno una goccia d'acqua nell'Oceano. Ho scritto ai giornali
inglesi, tedeschi e francesi per fare conoscere la verità. Ogni istante della
mia vita è consacrata a questa interessante nazione. Vi sono 45.000 soldati
venuti da fuori e circa 15.000 dell'isola, fra volontari e militari regolari;
oggi sono arrivati 1200 albanesi; e questi sono da temere più di 2000 turchi
perché, essendo montanari, si arrampicano sugli scogli e possono fare gran
danno ai cristiani. Sono come lepri per la prestezza e come camosci per
l'agilità.
Saprete
che da per tutto si sono formati comitati per raccogliere il denaro che viene
da tutte le parti. Se conoscete qualche uffiziale di coraggio, di cuore e di
entusiasmo per la santa causa della libertà, mandatelo al comitato di Atene,
che raduna intorno a sé tutti i volontari. Se poteste mandare in aiuto ai
Cretesi 500 uomini, salvereste forse questo disgraziato paese. Mi direte che ci
vogliono denari; ma mi pare che il comitato di Firenze sarebbe in grado di
fornire a questi ufficiali e soldati il denaro necessario per giungere ad
Atene. Vi sono trenta vapori turchi, che giorno e notte fanno il giro
dell'isola; ma, con tutto ciò, finora i comitati di Sira e di Atene hanno
potuto mandare agli insorti fucili, munizioni e diversi volontari. Coroneos, un
bravo colonnello greco, è giunto qui da pochi giorni con alcuni volontari; ma
il pane e le scarpe mancano completamente. Il console americano e il russo
hanno chiesto ai loro governi di fare imbarcare sulle fregate qui residenti le
famiglie degli insorti per condurle in Grecia; ma lo permetterà il turco?
Il
villaggio di Khalepa finora è rimasto intatto, grazie ai turchi, che hanno
preso possesso di tutte le case e proprietà delle famiglie greche fuggite. La
vigna, in mezzo alla quale è posta la casetta che abito, sta fra due famiglie
di briganti turchi che vengono con le pistole e i fucili per rubarmi di giorno.
Il 1°
settembre fui tenuta 25 minuti fra vita e morte.
Ero nel
mare quando un Seliniote volle cacciarmi fuori non per ammazzarmi perché teneva
le armi su di me e poteva farlo, ma per maltrattarmi e portarmi sulle montagne
dove stava col suo nido di briganti. Mi sono salvata nuotando e per l'arrivo di
un turco meno sanguinario.
In
nessun paese, credo, ci sono delle montagne così aspre come in Creta; se aveste
la fortuna di potere mandare alcuni volontari, bisognerebbe che fossero
piuttosto della razza caprina che umana; il solo entusiasmo può animare dei
giovani e forti a venire in questo paese di disagi! Temo che gli insorti
soffrano molto la fame e il freddo sulle grandi alture. Si sentono
continuamente cannonate e si vede tanta polvere come alla battaglia di
Waterloo. Tutto il cielo è annuvolato dal fumo dei villaggi incendiari. La
notte non si vedono che le fiamme e i fuochi dei cristiani sulle alture.
Branchi di cani vagabondi girano urlando e abbaiando come se volessero
divulgare tutte le stragi e gli orrori che si commettono sotto il velo della
notte.
Non
vedo il momento di poter lasciare quest'isola, ma non lo posso ancora; voglio,
devo vedere la fine di questa tragedia storica. La mia prima cura sarà allora
di venire a trovarvi per rifiatarmi il cuore e l'anima. Anelo di sapere
come state; i giornali vi dicono a Caprera, dove spero queste righe vi troveranno
in buona salute. Dovrete essere felice, dopo tante fatiche nel continente, di
trovarvi nella vostra quiete campestre. Vi prego, amatissimo amico, di
scrivermi una riga a Livorno dal negoziante inglese Dunn. Perdonatemi, per
amore della santa causa di cui siete il maggior campione, e credetemi di tutto
cuore e per sempre, la vostra devotissima e affezionatissima
Speranza
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