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Giuseppe Garibaldi
Lettere a Speranza von Schwartz

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  • Roma, 3-4 giugno 1868.
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Roma, 3-4 giugno 1868.

Preziosissimo Amico,

la vista dei cari vostri caratteri mi riempi di gioia. Grazie al Cielo state meglio, ma avete sofferto molto: me lo dissero le gentili ancora un poco tremanti parole.

Io speravo di potervi dire oggi il giorno della mia partenza che avrebbe dovuto essere il 14 da Livorno, ma un'avversa fortuna è sempre il despota della mia vita; basta che desideri qualche cosa per vedere le mie più care speranze tronche.

Il giorno dopo che vi scrissi s'ammalò gravemente un degno vecchio di 78 anni il quale dalla mia infanzia mi ha portato un affetto tutto paterno. Io stessa, ancora fresca di una grave malattia e deboluccia, gli ho prestato delle cure assidue, superiori alle mie forze (è un odiapreti di prima sfera) ed eccomi di bel nuovo con una forte infiammazione e dolori tali da non poter intraprendere nessun viaggio nello stato attuale. Sono disperatissima perché temo sempre di essere priva d'un bene che anelo appassionatamente da mesi. Spero però che il ritardo non sarà che di pochi giorni e che alcuni giorni più tardi non vi riuscirò inopportuna.

Grazie mille del vostro premuroso permesso di portar meco “l'antica romana”, Angelina: è piena di difetti e mi fa disperare tante volte, ma, ignorante com'è, ha tanto senno naturale, tanti sentimenti patriottici e tanto coraggio che me la tengo. Ha un'adorazione per Voi ed i vostri fatti che mi fa piacere. Essendo poi io stata tanto male, mi è prezioso averla; dunque di nuovo mille grazie!

Dopo tanti tentativi ebbi il permesso di vedere Giuseppe Castellazzi, cioè di andare a trovarlo, ma era partito per l'Italia da qualche tempo, così almeno mi assicurò il chirurgo Battistini che l'assisté nell'Ospedale di S. Spirito.

Ora, carissimo amico, un'ultima parola o domanda: andando o tornando da Caprera, io devo passare per Firenze anzitutto per intendermi colla Rossa Bionda (di cui nessuna riga mi perviene) sopra vari punti della nostra opera comune e poi per altre cose di minor importanza. Se dunque posso esservi utile a Firenze, comunque, scrivetemelo subito che potrò ancora ricevere la vostra risposta qui e così mi recherò a Livorno, via Firenze. Se non vi posso essere utile colà in niente, vado direttamente da qui a Livorno e poi, dopo essere stata a Caprera, andrei a Firenze: l'ultimo progetto mi piacerebbe di più perché vorrei essere con Voi il più presto possibile. Posso esservi utile a Livorno? Per sigari o qualunque cosa? Più commissioni mi darete, più mi farete felice. Sapete quanto il mio cuore è pieno d'affetto per Voi, di modo che il venire con le mani vuote sarebbe un contrasto troppo forte. Dunque, senza complimenti, disponete delle mie deboli facoltà. Intanto vi bacio le vostre preziose mani, desiderando di levarne tutto il male e dicendomi, come sempre, vostra tuttissima

Speranza.

 

Solamente da 5 giorni sono in possesso dell'ultima parte del vostro bel romanzo; finora non ne aveva che 226 pagine. Credete pure che il mio soggiorno a Roma per il riscontro dell'esattezza di alcune note in queste 226 pagine non è stato superfluo. La vostra erudizione mi fa stupire.

Devo aggiungere questo P.S. per dirvi che oggi alle 9 partirono i sei ultimi detenuti dall'ospedale di Sant'Onofrio: Tabacchi, Mazza, Cavalieri e tre altri. Pezza è rimasto qui e fu trasferito in un altro ospedale dove dovrà subire un'operazione. Ho vestito interamente a spese mie il vecchio Tabacchi d'Ancona, benché non mi abbiano permesso di vederlo. Cavalieri di Terni è furioso contro la Contessa della Torre, donna di grandi parole, che ho scoperta qui non sempre fedele alla verità delle sue asserzioni riguardo a quello che fece per i vostri. Mi figuro che il matrimonio di Menotti annunziato dai fogli sarà come tante altre notizie falsissimo. Tutta vostra come sempre

Speranza.

 




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