Khalépa (Creta), 4 gennaio 1869.
Amico amatissimo.
non
prima di ieri ebbi il sommo piacere di ricevere la vostra carissima lettera in
data del 14 dicembre insieme con le gentili righe del Signor Basso, ma, causa i
vostri dolori, non mi portò altro che la vostra santa firma; mille grazie per
tutto! Io anelava veramente di avere vostre notizie, giacché i giornali vi
fanno, a torto o con ragione, girare di qua e di là. Il non aver voluto Enrico
Malatesta per prudenza mandarmi la prima vostra lettera senza esser sicuro del
mio arrivo qui, ecco il motivo del ritardo.
Della
vostra Anita ebbi poco fa ottime notizie. Credo che il clima della Svizzera
farà di vostra figlia, già così felicemente costituita, un fenomeno di forza e
di energia. Spero, se non l'ha fatto finora, che presto vi scriverà qualche
riga in italiano; ha una compagna di Modena colla quale parla sempre ed il
maestro per l'italiano fu il primo che feci dare all'Anita, affinché sappia
bene la bella lingua nativa del suo Gran Padre, la bella lingua del sì.
Lasciai
Roma l'11 novembre per giungere qui il 4 dicembre. Più presto non si poteva
viaggiare umanamente e però ci vollero 24 giorni.
Le
tempeste della stagione non mi favorirono; venendo da Sira a Creta (tragitto
che col vapore si deve fare in 24 ore) restai sei giorni in mare con borea
spaventevole; per fortuna l'Arcipelago offre molti porti di rifugio o porti
naturali. Più serio delle tempeste avrebbe potuto riuscire per me un
avvelenamento che mi accadde a Patras. Pochissimo mancò che passassi all'altra
vita: ho potuto coll'aiuto di certi rimedi salvarmi, Dio permettendo, ma ho
sofferto tutti gli spasimi del cholera. Basta e più che basta di me.
Immaginate
con che stretta di cuore lessi l'infausta notizia della scelleratissima azione
del 24 novembre. Non posso esprimere il dolore che mi ferì il cuore e mi
trafisse l'anima perché mi pareva che io avrei dovuto e potuto impedire
quell'atto atroce. Vi assicuro che nel momento in cui gli sbirri mi toglievano
le carte, li avrei annientati! A Roma ebbi la certezza (almeno mi fu detto per
certissimo) che queste povere vittime sarebbero state risparmiate alla morte
crudele e precoce. Avrete forse maledetto la mia “maladresse” in quel momento
critico, ma v'assicuro, amico mio, che mi era impossibile agire
differentemente.
E che
cosa vi dirò di questa povera popolazione cretese? Se avessi saputo di trovare
le condizioni che vi sono, mai sarei venuta qui. L'esistenza fra tanti
intrighi, tanta scelleraggine diplomatica, tante bugie da una parte e
dall'altra, è insopportabile, dovrei dire impossibile.
Siamo
in mezzo ai Pascià turchi rinnegati, in mezzo ai feriti, ammalati, prigionieri,
volontari sommessi e non sommessi. Non si può mai sapere la verità: ci sono
certi signori consoli i quali appongono la loro firma a lettere dettate da uno
o dall'altro dei Pascià. Ad Atene mi fu detto dal console americano che sapeva
che non mi avrebbero permesso di sbarcare qui e che il console inglese non
avrebbe fatto nessun passo per aiutarmi. Con tutto ciò non mi lasciai né
impaurire né sgomentare e finora ho potuto rimanere inoffesa. Tutte le famiglie
ch'io conosceva sono partite, ma il mio bravo cavallino mi riconobbe subito e
si mostrò molto contento di tornare nel possesso della sua antica padrona;
anche il mio povero cane con tre gambe mi ricevette con grandissima simpatia.
Trovo
l'attitudine della Grecia molto dignitosa, ma spero poco dal così detto
Congresso. Il dramma che ha luogo qui da tre anni ci mostra che cosa possiamo
aspettarci dall'inumano procedere dell'Occidente. Questo libro che mi deste su
Creta è un orrore; fu stampato a Parigi, alle spese dell'Ambasciata
turca, sotto il nome di un così detto volontario, tutto in onore dei turchi.
Omer Pascià (non il celebre rinnegato, ma un altro rinnegato ungherese) ha
fatto prigioniero giorni fa il vecchio Petropoulabri (che combatté nel '21) con
diverse centinaia d'uomini; si sono tutti arresi in conseguenza di una lettera
che il console francese scrisse togliendo loro ogni speranza. Senza l'aiuto
dell'Enosis i cretesi possono sostenersi ancora due o tre mesi; ma guai se le
cose vanno alle lunghe! I poveri cretesi sono perduti. Trovai Omer Pascià dal
console inglese che me lo presentò come un Eroe! Cominciò subito a parlarmi in
tedesco. Mi sentivo male in questa società e scappai presto.
Perdonate
questa lunghissima chiacchierata. Tanti saluti a tutti. Vi prego di scrivermi
una parola sulla vostra preziosissima salute. Sono sempre vostra per la vita
Speranza.
Un
bacio a Pisceni.
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