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Giuseppe Garibaldi
Lettere a Speranza von Schwartz

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  • Roma 12 marzo 1868.
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Roma 12 marzo 1868.

Amico mio,

devo ringraziarvi ben caramente per le vostre preziosissime righe dell'11 febbraio.

Mia sorella col marito sta ancora da me nel mio modestissimo appartamento nel quale sogno ancora di vedermi beata con la vostra magnanima presenza. La presenza dei miei ospiti mi prende del tempo; con tutto ciò il lavoro progredisce e quando saranno partiti procederà più presto ancora.

La bionda spiritosa mi lascia senza risposta, senza il rimanente del manoscritto che tiene, ma mi figuro che lavora. Pazienza!

In Francia nessunissima possibilità di stampare anche nei giornali così detti liberali la vostra interessantissima fuga da Caprera. Come dissi, la mandai tradotta nelle diverse lingue con somma cura e vero affetto, in America, in Inghilterra, in Francia, e in Germania. Finora soltanto la Germania l'ha stampata in un foglio che ha 400.000 esemplari: mi fu promesso il maggior onorario. Le copie mandatemi qui furono confiscate benché indirizzate a un nero nero!... L'Inghilterra finora non si è degnata di riprodurre quelle pagine palpitanti d'interesse. La Francia da quattro lati le ha respinte! Dall'America non si sa ancora niente, Le mando oggi in Isvizzera. Sul campo della letteratura stiamo quasi male quanto in quello della politica. Se sapeste quanto soffro! Qui l'aria è propriamente empestée.

Scusate questi dettagli, carissimo mio amico, ma penso sempre a Voi e mi occupo dell'interesse vostro. Dalla Germania non mi hanno mandato ancora l'onorario: l'avrete, appena saprò quant'è.

Ho molti dispiaceri personali. Un tale, che vi portai una volta al Varignano, dopo che lo salvai dal disonore, pagandogli debiti, ecc., perché credeva alle sue mentite disgrazie, si mostra un birbone di primissima qualità. Dopo che ho fatto per dieci mesi tutto ciò che una madre può fare per un suo figlio, mi minaccia di morte e di vendetta perché, avendo io scoperto con fatti la sua scelleraggine, non voglio dargli denari per mantenerlo nei suoi vizi e nell'ozio!

Due domande devo farvi.

La prima è se vi ricordate di un giovane irlandese, nipote d'un barone, di nome Richard Preginal Levinge, che, come i suoi parenti mi scrivono, era un fanatico ammiratore vostro e vi seguì nell'ultima campagna. Mai si è sentito una parola di lui. I parenti sono disperati, ma non possono dirmi né la compagnia in cui si trovava né il battaglione, niente! Siccome era uomo ricchissimo, educatissimo, avreste potuto conoscerlo. Promisi ai suoi di farvi questa domanda, ma la faccio senza la minima speranza.

La seconda domanda mi tocca più da vicino. C'è qui un vecchio professore tedesco di 75 anni, colla moglie assai più giovane. Quel bravo uomo, benché impedito dalle conseguenze d'un colpo, è robusto e prima di ritornare nella sua patria non ha che un desiderio: quello di avere la somma consolazione di vedervi. Affronterebbe, benché non marinaio, ogni burrasca, se sapesse di trovarvi a Caprera dal 10 al 20 aprile. Questa brava coppia vorrebbe ch'io l'accompagnassi. L'unica cosa che mi impedirebbe sarebbe il lavoro e la paura di non poter ritornare qui ove voglio restare finch'io ho finito il romanzo vostro. Dunque l'ammirazione che quel bravo uomo nutre per Voi l'ha stretto a me in amicizia; la moglie teme il viaggio, pensa ai figli e nipotini e mi prega di sconsigliarlo all'anziano sposo. Con tutto ciò il professore mi ha pregato caldamente di scrivervi per domandarvi se c'è probabilità o sicurezza di trovarvi a Caprera dal 10 al 20 aprile. Io risposi che Voi stesso non potevate saperlo, ma per atto di coscienza ho dovuto scrivervi per domandarvelo.

Se, amico carissimo, volete aggiungere un altro ai tanti favori da anni concessimi, rispondetemi subito una riga in quanto alla mia domanda e se, oltre alla vostra riga a me, volete aggiungere un saluto vostro al Signor Professore Massmann che vi ama e adora, questi cari caratteri saranno una santa consolazione nel caso che non potesse avverarsi il suo sogno del viaggio a Caprera.

Ecco una lunghissima chiacchierata e quanto avrei da aggiungere!

Odo Russel poi, la zia del console americano, quell'infame che andò a Mentana coi Pontifici e che, vedendosi scalfito da una palla garibaldina, prese un fucile, lo scaricò, ammazzò uno dei vostri e disse: Almeno ne ho ammazzato uno, e tante altre persone che prima si dicevano liberali non mi avvicinano più. È un complimento per me, ma questo spiega a che siamo arrivati! Ho fatto noto questo fatto del console americano a tutti, sperando coll'aiuto della potente bionda che già lo sapeva quando la vidi nel dicembre a Livorno, di farlo mandar via da qui.

Invece si divertono, godono qui ed io muoio di rabbia vedendo il male sempre trionfare sul bene calpestato sotto i piedi!

Vi bacio con tanto affetto le care mani dicendomi per questa vita e per tutte quelle che potranno seguire vostrissima

Speranza.

 




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