CAPITOLO V
Quelli che erano accorsi a Bellano da tutte le parti del
lago, si rimisero in viaggio per ritornar ciascuno al proprio paese. Su per le
rive, dentro i moli era un movimento, una faccenda, un gridìo, un sonar di
catene che levate dagli anelli, a cui raccomandavansi le barche, si tiravan
dentro di queste, un chiamarsi, un rispondersi, un ricambiar d'avvisi o di
saluti. Qui si vedeva una gondola già piena di gente staccarsi dalla spiaggia e
pigliar il largo; là i barcaiuoli, coi remi nell'acqua, e già sulle mosse,
affrettavan qualcuno che mancava al carico: chi bestemmiava affaticandosi per
far un po' di sgombro ad un suo battelletto rinserrato fra più grossi legni;
chi usciva spedito dal porto vogando a due braccia. In un momento il lago fu
seminato di barche d'ogni ragione, che, secondo le direzioni diverse che
pigliavano, o levavan le vele per ricevere una grossa tramontana, che s'era
messa da poco, o facevan forza di remi contro le onde, le quali si frangevano
fragorose e spumanti contro le prore sobbalzate.
I Limontini furono gli ultimi a porsi sul lago: eran sei
barche, e volendo partir tutte di conserva, dovettero aspettar tanto che Lupo si
fosse spiccato dalle mani del Messo e degli avvocati, che l'avean fatto
indugiare per non so che formalità.
Il conte del Balzo, coi più cortesi modi che possano aver
luogo fra amici, avea stretto Ottorino a passar con lui al castello per alcuni
giorni; entrarono pertanto insieme in una nave, e s'adagiarono entro una di
quelle caselline, o capannette, addobbate e fornite d'ogni agio che usavano e
usan tuttavia sui nostri laghi nel mezzo delle barche signorili. Bice sedette
in faccia al padre, e il parroco di Limonta fu gentilmente obbligato dal
padrone a pigliar posto dirimpetto al giovane cavaliere.
V'eran due remi da poppa e due da prora: Michele, come il
più vecchio, badava al governo, il suo Arrigozzo stava dinanzi alla prima
forcola, posto che è solito darsi al più robusto e valente rematore.
Il nostro Lupo, dopo d'aver ricevuto con un suo tal garbo di
modestia alquanto ruvidetta le carezze che gli fecer d'intorno i signori, uscì
fuori a prora e si mise cavalcioni sulla punta della nave, colle gambe spenzolate
l'una di qua, l'altra di là, godendo nell'abbassarsi della barca di sfiorar
qualche volta l'onda co' piedi, e più spesso di sentirsi spruzzar il viso e la
persona come da una minuta pioggia; e intanto colle braccia intrecciate sul
petto guardava le montagne, dalle quali era stato lontano tanti anni, affisava
con una giocondìtà inesprimibile quelle punte, quei seni, quelle vallette
serpeggianti, quei fieri e tremendi dirupi, quei luoghi tutti pieni delle
memorie della prima età, che aveano un nome noto, una sembianza soave, come il
nome, come il volto d'un amico.
Ambrogio, il padre di lui, stavasi seduto sul fondo della
barca, e pensando alla propria beatitudine d'avere un figliuolo di quella
fatta, un figliuolo del quale ogni gentiluomo, a parer suo, avrebbe avuto di
che tenersene, tratto tratto se gli stringeva dappresso e gli dicea qualche
dolce parola, alle quali dimostrazioni Lupo rispondeva per lo più non con altro
che con un'occhiata o con un sorriso.
Quando furono alla punta di Morcate, Arrigozzo vedendo
lampeggiare una nuvoletta sopra val Menagio, disse: - Vuol far temporale: su,
da bravi! questi quattro colpi di lena, che possiam portarci a Varenna prima
che ci arrivi addosso; - e il tonfo misurato dei quattro remi si fece tosto più
serrato e più forte.
Ma al di dentro, dopo che ebbero favellato un poco dei fatti
di quel giorno, il padre di Bice diede una svolta al discorso per entrare a
parlare di Marco Visconti; e raccontare al giovane ospite una cosa ch'ei sapeva
già da un pezzo, una cosa che il conte era solito raccontare a tutti quanti,
cioè com'egli alla scuola fosse stato compagno di quel famoso capitano. -
Abbiamo studiato insieme il trivio e il quatrivio, e da ultimo anche ragione e
decreto, - diceva egli, - e Marco era uno dei più valenti, anzi, per dirla, non
ve n'avea che un solo che gli potesse star a petto, - e fece un risolino d'una
certa modestia sguaiata col quale dava troppo apertamente a vedere chi fosse
quell'uno ch'ei non nominava: ma temendo ancora che Ottorino non avesse forse
bastante acume per interpretare quella sua reticenza: - Siamo sempre stati due
i competitori, - seguitava, - e mi ricordo delle dispute che avemmo insieme
quando venne fuori il libro De Monarchia di Dante Alighieri, libro velenoso che
fu poi fatto bruciare per mano del carnefice come meritava; e Marco
insatanassato nelle sue ghibellinerie volea sostenerlo a spada tratta. Vi so
dir io, che n'abbiam fatto strepiti e grida la nostra parte: con tutto ciò
eravam sempre buoni amici.
- In fatti, so che m'ha parlato più d'una volta di voi nei
tempi addietro, - rispondeva Ottorino.
- Dite davvero? e che cosa vi diceva?
- Sapendo ch'io era stato in tanta strettezza col vostro
povero Lionetto, e che avea passato molto tempo al castello di Limonta, mi
veniva interrogando di tutto quello che vi riguardava, tanto voi quanto la
contessa, della quale diceva ogni bene.
Il conte Oldrado abbassò la voce, e s'accostò all'orecchio
del cavaliere, come per non lasciarsi intendere dalla figlia; con tutto questo
parlò ancora tanto chiaro che Bice, quantunque mostrasse di non dargli ascolto,
e per dir vero non ne avesse neppur l'intenzione, non perdette una sillaba del
suo discorso. - Avete a sapere, - diceva dunque, - che Ermelinda doveva esser
moglie di Marco, ma sono poi nati tali casi... basta, vi racconterò tutto con
più agio: vi sono stati guai, scompigli e sangue. Il padre di mia moglie vi
lasciò la vita, chè Marco lo colse al passaggio dell'Adda...
A questo punto il discorso fu interrotto da un improvviso
scoppio di tuono. Un momento dopo s'intese la voce del timoniere che gridava: -
È qui il menagino! fuori tutti i remi! - Vi fu un barcollamento prodotto
dall'affaccendarsi che fecero Lupo e Ambrogio per obbedire a quell'ordine; poi
successe un po' di silenzio, tanto che si potè sentire di lontano a diritta il
lungo muggir del lago che si faceva sempre più chiaro. Il curato aperse una
finestrella e guardò fuori; veniva da Menagio un tempo nero, e già le prime
onde d'una prepotente traversia si vedevano avvicinarsi colle creste irte,
biancheggianti.
Il Conte, facendosi all'uscio che rispondeva a poppa, disse:
- Michele, perchè non andar a riva quando veniva il mal tempo, prima di
cacciarti, fra queste maladette scogliere, dove non c'è approdo?
- Se m'è arrivato addosso come che l'abbia portato qui il
diavolo! - rispose il barcaiuolo. - Su, uomini! - gridò poi, - su da bravi! la
remata più stretta, tutti insieme, da bravi! - Gli esortati si videro dar
addietro tutti ad un tratto, piombar su i remi, curvarvisi, distendervisi sopra
colle robuste spalle; si sentirono le sponde scricchiolar sotto lo sforzo
potente. Ma ecco giunge un soffio repentino, ecco le prime onde cominciano a
percuotere di traverso la barca, la quale ora si sbieca, or si storce da prora,
or da poppa, e dà indietro e perde in un istante un lungo tratto acquistato con
tanta fatica.
Con tutto ciò que' prodi rematori tornarono ad avviarsi, e
battendo i colpi gagliardi e spessi guadagnavan sempre qualche spazio, e si
venivano avvicinando a poco a poco alla punta di Varenna. Già le erano a lato,
già stavan per voltarla, quando un colpo furioso di vento percosse la barca da
poppa e le fece fare un giro tondo: nello stesso punto s'intese il fracasso
d'un legno che si schianti, e una voce che profferì queste tremende parole:
- Il timone se n'è andato.
- Ah poveri noi! siam perduti! - Ladro cane! lega quella
tenda! - Madonna santissima! - Metti giù un remo in luogo di governo Tieni,
tira, puntella! - Presto, canaglia! presto! - Signore, misericordia! - Giù quel
remo, che il diavolo ti porti! - Aiuto, aiuto! - Ed era un rimescolarsi
urtandosi, impacciandosi a vicenda; e il ruggire delle onde fra gli scogli, e
il soffiar del vento, e il rimbombar terribile dei tuoni echeggianti per le
balze e per le caverne della montagna spaventosa, sperdevan quelle grida,
quelle querele.
Il curato levò la mano a benedire il tempo, diede a tutti
l'assoluzione in articulo mortis, poscia si gettò ginocchioni in un canto col
capo nascosto fra le mani, e loro raccomandava l'anima, mentre il conte, cogli
occhi spalancati, colla bocca aperta, guardando la figlia che gli sì era
stretta al petto, badava pur a dire: - Signore, aiutatemi! Signore, aiutatemi!
Ma Ottorino, saltando fuori della cameretta per dar quel
soccorso che avesse potuto, vide la nave che ora travolta in giro, ora spinta
miseramente di fianco, correva a perdita manifesta contro le rupi di Morcate,
mentre i rematori, vogando tutti all'indietro, facevano ogni sforzo per
isfuggire ai primi scogli prominenti. In quella appunto ch'egli usciva,
Arrigozzo nell'abbandonarsi che fece indietro sovra il remo con tutta la
persona, non trovando resistenza al colpo, perocchè l'onda da lui disegnata gli
era scappata di sotto e avea fallato l'acqua, sbalzò netto nel lago. Si dibattè
un istante fra i cavalloni, poi la barca gli passò addosso e lo travolse
sossopra: egli venne a dar fortemente del capo contro il fondo di quella, e non
fu più visto comparire.
- Tutti i remi verso il monte, - gridò per l'ultima volta il
timoniere, il quale avendo la vista impedita dalla casellina ch'era nel mezzo
della nave, non s'era accorto del figlio perduto. S'intesero ancora alcune voci
di bestemmia e di preghiera, ma tutte poi si perdettero in uno strido generale
inarticolato, quando la barca levata in alto piombò addosso ad un enorme
scoglio, e ne fu tutta conquassata.
Nel momento di quella rovina, il giovane cavaliere non si
perdette d'animo: avvisato tostamente un ronchione, fu tosto a spiccare un
salto e gettarvisi sopra, traendosi dietro colla mano destra la catena; ma
l'onda ripercossa dal monte si portò via subitamente la nave, e avrebbe
strappato giù il cavaliere, s'ei non si fosse attenuto fortemente al sasso che
avea preso. Sopravvenne un altro cavallone, e la barca si trovò di nuovo sullo
scoglio. Ottorino questa volta fu lesto ad abbrancarne la sponda: Lupo, il
falconiere, e l'altro barcaiuolo, che eran in piedi sulla proda e stavano
avvisati, ne balzaron fuori in un momento, e tutti insieme ebber tanto di
ventura da poter avvolgere la catena intorno a un caprifico sorgente da un
crepaccio. La nave costretta a quel modo contro la rupe colla punta alta fuor
dell'acqua, a guisa d'un toro preso al laccio, s'andava dibattendo e tramutando
nei fianchi, spinta or in qua, or in là colla poppa, a grado dei fiotti che non
restavano dal darle travaglio; ma non se ne potè più staccare.
Ottorino e gli altri scampati, tosto ch'ebbero ridotto in
salvo il conte del Balzo e la sua figlia, si sparsero turbati e premurosi per
ogni parte del vasto masso ineguale, guardando se si vedesse ricomparire il
naufragato. Solo il padre di questo che era stato l'ultimo a uscir della barca,
e in quella confusione, in quel rimescolamento non s'era per anco accorto ch'ei
mancasse, sedutosi al basso col troncone d'un remo sulle ginocchia lo veniva
cercando col guardo fra gli altri scampati, ma senza inquietezza, certo che
nessuno fosse pericolato.
Se non che il Conte, rinvenuto dal primo spavento,
sentendosi addosso una stizza grande pel rischio corso, cominciò a pigliarsela
col timoniere e col suo Arrigozzo, del quale anch'esso era ben lontano dal
sospettare quel che fosse avvenuto. Michele ascoltò i rimbrotti rivolti a sè
col capo basso, coll'aria d'un uomo che sa pure d'avere un gran torto; ma
sentendo toccare il figlio, punto troppo sul vivo non potè più contenersi, e
s'apparecchiava a rispondere qualcosa. Quando nel volgere il viso verso il
lago, gli venne visto sott'acqua alcun che di strano che parea impigliato fra
gli scoscendimenti d'una scogliera poco discosta, coperta dall'onde: affissa egli
ansiosamente quell'oggetto che appare sotto diverse forme, raffigura il lembo
d'una gabbanella color marrone, al fine distingue una mano che ora spunta fuor
dell'acqua, ora vi si rituffa secondo il mover dell'onda.
Il povero padre ne fu per cascar morto: afferrare il tronco
che si teneva dinanzi, balzare in piedi e gridare con voce tremante: -
Arrigozzo! Arrigozzo! - fu un punto solo. Non venendogli nessuna risposta,
corse sull'alto dello scoglio, volse il guardo all'intorno, ravvisò ad uno ad
uno tutti gli scampati, ma non vi trovò suo figlio. Vistosi dinanzi il Conte
che ne avea pur allora oltraggiato il nome: - Ah sei qui tu, o cane! - gridò
come ruggendo: e brandito il legno, gli si avventò per darglielo sul capo. Bice
mise un grido, Ottorino fu presto a sviare il colpo; accorsero in un momento
Lupo, il falconiere, i barcaiuoli, e disarmarono quel forsennato, il quale
dandosi dei due pugni nella fronte, spiccò un salto nel lago.
Fu visto avventarsi contro le onde infuriate e superarle con
un ardimento, con una forza che non suol dare che la disperazione, in pochi
colpi raggiunse il cadavere, vi stese addosso le mani brancicando nell'acqua,
l'afferrò pei capelli; ma preso incontanente da un gentile senso di paterna
carità, troppo villano parendogli quell'atto sul corpo amato, gli pose invece
la mano sinistra sotto al mento per tenergli alto il capo, e colla destra si
mise a batter l'onda tornando verso lo scoglio abbandonato. I barcaiuoli
accorsero nella nave presso che sommersa, e di là gettarono al vecchio le corde
della vela, alle quali egli abbrancatosi potè giungere in salvo col suo troppo
funesto e prezioso peso.
Adagiò sulla pietra il corpo del figlio, se ne recò il capo
su i ginocchi, e chinandosi sopra quello, gli veniva toccando il petto se sentisse
battergli il cuore; gli si stringeva addosso seno contro seno, guancia contro
guancia, baciandolo per gli occhi, per la bocca, per tutto il volto,
alitandogli sopra come per rianimarvi la vita. Un buffo improvviso di vento
scosse un tratto un braccio del cadavere che cadea penzoloni e lo fece
tentennare: a quel movimento il povero padre fu preso da un soprassalto di
speranza, il sangue gli colorì per un istante le gote, parve che gli si
rilevassero i lineamenti, gli brillò una luce subitanea negli occhi che teneva
intenti nel caro volto; ma accortosi dell'inganno si cacciò le mani ne'
capelli, e stendendole poscia coi pugni chiusi verso il lago: - Maladetto
vento! - gridava, - maladette onde! maladetto codesto carcame di barca, e il
momento in cui vi ho posto su il piede! Oh vada ogni cosa in perdizione!
Tutti gli stavan dattorno guardandolo come sgomentiti;
nessuno osava dirgli una parola di consolazione. Ma il parroco, dopo averlo
lasciato qualche tempo al suo dolore, gli si fece più da presso, e invece di
volgere il discorso a lui proprio, pose una mano sul capo del figlio ch'esso
tenevasi sulle ginocchia, e disse con una viva commozione: - Povero il mio
Arrigozzo! tu sei sempre stato un buon figliuolo, timorato di Dio, e amoroso
de' tuoi parenti!
- È vero, è vero, - rispose il padre tutto intenerito da
quelle lodi date al suo caro, - io non lo meritava un sì buon figliuolo.
- In questi tempi che si corre tanto rischio nella fede, -
proseguiva il curato, - sai tu, mio povero Michele, lo so io che non sia stata
una misericordia del Signore a chiamarlo intanto che era suo? Via, fanne un
dono a Lui che te l'avea dato, e che te l'ha tolto, per fini che non possiamo
conoscere, ma che sono sicuramente di giustizia e di pietà per i suoi eletti.
- Oh! ma io che farò al mondo senza di lui? - esclamava il
barcaiuolo, - che cosa risponderò alla mia povera Marta tornando a casa, quando
mi domanderà: Che hai tu fatto del nostro figlio?
- Il Signore non vi abbandonerà, - insisteva dolcemente il
buon prete. - Egli che vi ha dato l'afflizione vi misurerà la forza per
sopportarla.
Michele levò gli occhi al cielo, e dopo un momento tornava a
sclamare: - Perchè non sono morto io?... perchè lasciarmi qui, me vecchio
inutile e fastidioso, e portar via lui sul primo fiore? l'unica nostra
speranza, il sostegno... la consolazione?... - ma non potè andar più innanzi.
Dopo che le lagrime gli ebbero alquanto alleggerito il
cuore, voltandosi al curato, diceva: - Oh che figliuolo, che figliuolo che ho
perduto! Il bene che mi voleva! e tanto quieto! un figliuolo di giudizio e di
ragione che non ce n'era un altro in Limonta, e me lo diceva tante volte la sua
povera madre, che io, così vecchio come sono, avrei potuto torre esempio da
lui.
Intanto gli altri scampati stavano deliberando come
potessero togliersi da quella nuda punta prima che sopravvenisse la notte. Il
masso contro cui avean rotto era poco discosto dalla montagna, e pareva che se
ne fosse staccato anticamente; anzi non era gran fatto malagevole il pervenire
alla radice di essa saltando dall'uno all'altro di tre o quattro scoglietti
minori che si vedevano spuntar fuori dell'onde. Ma giunto che uno fosse a
toccar il monte poteva dire di non aver fatto nulla, perocchè questo si ergeva
ripido, a picco, per un'altezza smisurata.
Indugiarono ivi un pezzo guardando su per tutte le alture
vicine, se mai vedessero comparire qualche pecoraio trascorso in traccia
d'un'agnella o d'una capra sbrancata, per dargli avviso del loro stremo co'
cenni, e domandargli soccorso; ma guarda a destra, guarda a manca, non comparve
mai anima nata. Il gridare fra quella vasta solitudine, sotto quelle immense
vôlte, con quel fracasso, era opera perduta.
Dopo aver lungamente esitato fra sè stesso, Lupo disse ai
compagni: - Qui convien risolversi intanto che è giorno; tenterò io
d'arrampicarmi lassù, - ed accennava col dito un'altura un po' sulla diritta, -
e troverò modo di calare a Varenna per tornar poi qui con una barca.
Il falconiere non volea per verun patto ch'ei s'avesse a
porre a sì gran rischio - Resta qui con noi, - gli diceva, - tutti insieme a
beneficio di fortuna. - Anche Ottorino cercò di persuaderlo che non si mettesse
a quell'impresa, che pareva una temerità, sto per dire una pazzia; ma egli
rispondeva: - Ho fatto il cacciatore quand'era giovinetto, e posso dire che non
v'ha precipizio del Còdano o del Legnone ch'io non conosca; dunque lasciatemi
fare, e coll'aiuto di Dio spero che riuscirò a bene. - Si trasse i calzaretti,
depose un mantello che avea in dosso, e rimasto in un semplice farsettin di
pelle leggiero e succinto, senza più si pose all'opera.
Giunse senza troppa difficoltà alla radice della montagna, e
fermatosi un istante sopra l'ultimo scoglio appoggiato a quella, guardò in su
la sterminata altezza che dovea guadagnare, stese le palme sul sasso
tastandolo, e crollò il capo quasi disperasse di potervisi tenere: ma poi si
fece il segno della croce, e cominciò a montar lentamente, con accortezza,
inerpicando, aggrappandosi di balza in balza, di roccia in roccia, di dirupo in
dirupo. Se s'abbatteva in un pruno, in uno sterpo, in un querciuolo, in un
sottil gambo di fico salvatico, lo afferrava colle mani, vi appoggiava poscia i
piedi, e su e su: ogni scoscendimento, ogni scheggia, ogni fenditura gli faceva
giuoco, v'adoperava le braccia, le gambe, le dita e le unghie; quando si
inarcava su i ginocchi, quando veniva strisciando leggermente sul petto, e su e
su.
Quelli che dallo scoglio lo stavan seguendo con gli occhi,
trepidanti ad ogni suo movimento ineguale, ad ogni passo infido, lo vedevano
alla luce dei lampi infocati, già pervenuto a mezza costa, starsi attaccato
agli erti massi spaventosi fra i quali echeggiava il tuono, e pendere sulle
onde che gli ruggivan sotto; e vedevano insieme stargli sovra il capo un'altra
altezza più brulla, più disperata della prima.
Il salitore trovò per ventura un po' di cavità dove potè
posarsi a riprender fiato: di là egli abbassò gli occhi per misurare il cammino
percorso, ma ne gli ritrasse poi subito abbarbagliati e conquisi dall'altezza:
dopo pochi momenti fece un'altra volta il segno della croce, e si rimise in sul
lavoro. Di mano in mano che guadagnando dell'erta veniva accostandosi
all'ultime cime, si facea sempre più piccino, confondevasi talvolta colla rupe
su cui si trovava, pareva ora un cespuglio mosso dal vento, ora un falco che
dibattesse le ali cercando la sua preda fra quei dirupi.
I riguardanti lo perdettero un momento di vista, e scorgendo
poi qualche cosa che rovinava dall'alto a precipizio, tutti furon per
ispiritare; ma s'accòrsero tosto che era un masso, il quale rimbalzando venne a
cadere nel lago rotto in mille frantumi. L'ardito viatore si tornò a mostrare
un'altra volta come una macchia bruna, incerta; poscia scomparve del tutto.
Allora Ottorino domandò ad uno dei barcaiuoli, se una nave
avrebbe potuto reggersi con un lago sì grosso.
- Adesso come adesso, - rispose l'interrogato, - stimo bravo
chi si stacca tre palmi dalla riva; ma al tramonto il vento ha da dar giù, e ad
ora che Lupo possa essere a Varenna l'onda si potrà battere. -
Il giovine cavaliere senza far altre parole s'assise sullo
scoglio presso a Bice. Tutti tenean gli occhi rivolti sopra i monti di Tremezzo
fra i quali il sole si era pur allora nascosto. Giganteschi nuvoloni spinti a
furia dal vento si vedevano svolgersi, avvoltolarsi, trasfigurarsi in cento
maniere fantastiche, tinti d'un vivo rosso di fuoco. La luce andava ritraendosi
dietro quelle montagne, e si estinguea a poco a poco sulla faccia delle cose,
che di momento in momento, cominciando dalle più lontane, e quindi venendo
innanzi a gradi, si vedevano impallidire, annebbiarsi, perdere i contorni,
pigliar varie figure indistinte, irrequiete, vacillare, dirò così, dinanzi agli
occhi, e sfumar via e spegnersi del tutto. Chi guardava il cielo là dove il
sole era caduto, lo vedeva ancor rosso, ma abbassando lo sguardo dalle più alte
vette giù per la china fino alla riva del lago, non vi discerneva gli alberi,
non vi trovava più le case; i seni, le prominenze erano sparite; tutta la
montagna non parea più che una grande ombra disegnata nel cielo, e quell'ombra
stessa veniva sempre confondendosi, dileguandosi, svanendo, e non era più. Le
tenebre vennero innanzi a mano a mano sempre più dense, più fitte, e i nostri
naufragati furono alfine involti in tanta oscurità che appena si potean vedere
l'un l'altro. Sul mutabile piano del lago si potevan però anche fra quel buio
discernere fino ad una certa distanza gl'infuriati cavalloni che sfioccandosi
nel giungere alla maggiore altezza, biancheggiavano minacciosi, ricadevano gli
uni su gli altri incalzandosi a vicenda, e venivano a fiagellare lo scoglio
come se minacciassero d'ingoiarlo, e ridomandassero la preda che era stata loro
tolta.
Tutto taceva lassù; solo dal basso si sentiva, tra mezzo al
mugghio delle onde e del vento, venire la voce lenta, uguale, continuata, del
povero Michele che diceva il rosario sul corpo del suo figliuolo.
Ottorino aveva presa una mano di Bice, la quale in quello
stordimento, in quel terrore, gliel'aveva abbandonata, confortandosi di
sentirsi vicina ad uno che la proteggesse; però che il padre sedutole
dall'altra banda, accoccolato, col capo tra i ginocchi, battendo i denti dal
freddo e dalla paura, non le poteva dar troppa fidanza. Le lunghe chiome della
fanciulla che erravano a grado del vento furono portate un istante sul volto
del giovane, il quale, naufrago com'era, in quel luogo, in mezzo a tanti
oggetti di terrore e di pietà, non avrebbe dato quel momento per le più
gioconde giornate del viver suo.
Dopo forse un'ora, che a tutti parve un'eternità, fuorchè a
lui e al povero Michele, i quali non ebber agio di misurarne la durata, assorti
entrambi con tutta l'anima nell'idea d'un presente, ahi troppo diverso! fu
visto un lume venir dalla punta di Varenna, che non avean potuto voltare, e
s'innalzò un grido generale di gioia, al quale si sentirono rispondere altre
grida affiocate dal vento. I nostri continuarono a mandar delle voci, dietro le
quali la barca che veniva per salvarli dirigeva il suo combattuto viaggio. Dopo
qualche tempo in mezzo al fragore delle onde, largo, spiegato, s'intese un
rumore rimbombante che si alternava e veniva sempre innanzi: si ricambiarono
altre voci di qua e di là; finalmente la nave comparve. I due barcaiuoli del
Conte accorsero a dar mano, che non percotesse contra il masso; e coll'aiuto di
questi, Lupo, il quale era coi nuovi venuti, potè mandar fuori dalla prora una
larga tavola che servisse di ponte fra la barca e lo scoglio.
Primo di tutti a salirvi, tosto che la vide ben salda, fu il
conte Oldrado: saltò egli nella nave, poi si volse a chiamar la figlia, ed ebbe
il contento di trovarsela tosto a lato, chè Ottorino presala per un braccio
l'avea aiutata in quel tragitto. Ad uno per volta vi passaron dentro tutti
quanti: il timoniere fu l'ultimo; egli depose il cadavere del figlio nel fondo
della gondola da poppa ed acconciovvisi a giacere da presso. Dopo qualche
tempo, Lupo, che lo vide tutto bagnato e intirizzito in puro farsetto, si levò
dalle spalle un mantello che avea portato con sè, e ne lo ricoperse. Michele nè
accettò, nè ricusò l'ufficio di carità; stette un pezzo che non parve che si
fosse accorto di nulla, ma poi quando nel mover d'un braccio sentì quel nuovo
ingombro, si rizzò su i ginocchi, se lo tolse da dosso, e gettatolo sul corpo
del figlio, ve lo distese, ve l'acconciò sopra con attento studio d'amore.
Superata la punta, fu visto il molo di Varenna tutto
risplendente di fuochi e si sentirono venirne le grida che mandava la gente
ond'era pieno: la barca si avvicinò alla spiaggia, seguendo i consigli che
venivan gridati di là dai più pratici, volse a tempo la prora, imboccò il porto
e giunse in salvo. Quei del paese s'affaccendavano intorno agli scampati; chi
tirava la gondola al sicuro, chi faceva lume o dava aiuto a quelli che ne smontavano;
era una gara d'officiosità; pure in mezzo a tanta amorevolezza di fatti non
restavano dal proverbiare, dallo schernire i barcaiuoli di Limonta, che s'eran
lasciati cogliere a quel modo dal temporale. Questi dopo d'aver taciuto un
pezzo cominciarono a rimbeccarli, e d'una in altra parola, riscaldandosi sempre
più, stavano quasi per venire alle mani, quando corse una voce tra la folla,
che il timoniere del Conte era nella barca col cadavere del proprio figlio
annegato, e quelle grida e quegli insulti s'acquietarono in un tratto e si
cambiarono in un susurro generale di compassione. Fu profferto ricovero,
assistenza e ogni sorta di servigio al povero padre, il quale, ricusato ogni
cosa, volle rimanersi tutta notte a vegliare il morto che si proponeva di traghettar
poi a Limonta la mattina.
Tosto che fu giorno egli cercò d'un falegname che gli
facesse una croce da collocarsi sullo scoglio del naufragio: si trasse di tasca
quei pochi piccioli di terzuoli che v'avea, e facendoli scorrere ad uno ad uno
sulla mano callosa per numerarli, onde pagare l'artefice: - Sono danari
guadagnati da lui, - diceva; - sono ancora di quelli che m'ha dato l'altro dì
quando è tornato da Lecco: chi gli avrebbe detto, questi serviranno per pagare
la tua croce! -
Appena caduto il vento erano giunte a Varenna le altre
barche dei Limontini, fra le quali anche quella del nostro Michele, che il dì
prima egli avea prestata ad alcuni suoi paesani. Alla mattina alcuni pietosi
collocarono in essa il corpo dell'annegato. Quando il povero padre giunse alla
riva, e vide la sua barchetta e il carico che le aveano imposto, si senti
intenebrar gli occhi dalle lagrime, ma fece forza a sè stesso, vi entrò con
calma, diede di mano ad un remo, puntò contro l'arena e staccossene; prese
poscia un altro remo e si diede a vogare a due braccia, allontanandosi
lentamente dalla spiaggia a cui avea volte le spalle.
Il lago era piano, liscio, lucente come uno specchio: di
tanto in tanto si vedeva or qua or là balzarne fuori con un guizzo leggiero
qualche pesciolino, brillare un istante nell'aria d'una luce d'argento, e
ricadendo farsi increspare lievemente in giro, per poco spazio d'intorno, quel
piano inerte e levigato.
Il cielo splendea d'un candido azzurro, l'aria era limpida e
molle. Su per gli alti gioghi dei monti, giù per la china sino alle falde
estreme che si confondono coll'acqua, si distingueva all'intorno a diversi
intervalli ogni tugurio, ogni casa, ogni chiesetta: il verde fresco e rugiadoso
delle piante, delle macchie, dei cespugli, veniva acquistando nuovi e più
splendidi colori ai primi raggi del sole nascente, nuove ed infinite varietà
dai molteplici accidenti della luce, quando spiccata in mezzo a grandi ombre
vaporose, quando degradata a poco a poco e morente in misture ineffabili.
Quello spettacolo di letizia e di pace contrastava troppo
coll'angoscia, colla tempesta dell'animo del povero barcaiuolo.
Egli seguitò innanzi alcun tempo in silenzio, accorandosi
sempre più; alfine, vinto da un impeto di dolore e di rabbia, diede di tutta
forza nell'acqua col remo che tenea dalla mano destra, sclamando: - Lago
traditore! - il remo si spezzò, ed ei tirato sgarbatamente in barca l'altro,
col mozzicone del primo che gli era rimasto in pugno percosse un gran colpo
sulla sponda, con che fracassò una forcola.
Ma in quel tramenarsi, venne un tratto a far piegare la
navicella in guisa che si spostò un terzo remo messo pel lungo d'una panchetta,
il quale sdrucciolando stava per cadere addosso al corpo del figlio. Michele ne
fu spaventato, spiccò un salto, raccolse il remo per aria, lo tenne un momento
fra le mani, lo guardò, e disse: - È il suo, - quindi lo depose soavemente al
posto di prima.
- Signore! - esclamò allora, - aiutatemi, tenetemi la vostra
santa mano in capo, chè il nimico non mi tenti per farmi morir disperato e
dannar l'anima; - e si rimise a vogare dicendo fervorosamente le sue divozioni.
Pregava e pregava mandando innanzi a poco a poco la barca,
ma intanto che le braccia coll'usato moto ora si raccoglievano al petto, ora se
ne staccavano distendendosi su i remi; intanto che le labbra mormoravano le
parole consuete, la mente dell'infelice riandava tutti gli anni della vita di
quel suo perduto, da quando era bambino, poi fanciullo, poi giovincello, poi
giovine fatto, fino a quel giorno: gli tornavano alla memoria le prime parole
che aveva inteso balbettare dal suo labbro, parole che gli avean fatta sentire
tutta la dolcezza del nome di padre; rammentava le speranze che aveva
collocate, che aveva veduto crescere e maturare su quell'amato capo; gli ultimi
pensieri di sostentamento, di riposo e di pace pei vecchi suoi anni, per gli
anni della sua dolce compagna, composti in lui solo: rammentava la sua
consolazione e il giubilo glorioso della madre, quando lo videro la prima volta
raccorre alla riva la sua navicella, tornato dal primo viaggio che gli era
stato affidato; rammentava i terrori che avea divisi tante volte colla sua cara
donna quando la notte, udendo stormire il vento tra il fogliame dei castagni,
si facevano insieme a una finestrella, e guardando giù il lago in fortuna
venivansi interrogando: «Dove sarà ora il nostro Arrigozzo?». Si richiamava
alla memoria i vanti del figlio, che era uno dei più valenti rematori del lago,
che non avea chi gli potesse star innanzi nel maneggio d'una vela o d'un timone;
gli pareva di sentire ancora da proda il tonfo di quel suo remo vigoroso, gli
sonava pur anco nelle orecchie l'armonia della sua favorita canzone, di che era
usato rallegrargli la malinconica solitudine del lago in bonaccia.
Mentre tutti questi pensieri si succedevano nella mente del
povero padre, la sua bocca continuava ad articolare le parole della preghiera,
la quale sonava involontaria e inavvertita come il ruscello che mormora
correndo alla china. Se non che da ultimo rompendo a mezzo, senza accorgersi,
un'orazione, i labbri volsero da sè ad intonare con un basso mormorio l'aria
consueta del suo Arrigozzo: ma riscosso poi tosto da quel suono materiale che
gli percosse l'orecchio, crollò il capo, e levando la faccia al cielo se la
trovò tutta piena di lagrime.
Intanto la barchetta si veniva accostando a Limonta, e una
più intensa e più angosciosa cura, raddoppiata dalla vista di quei luoghi,
ottenebrava la mente dell'orbo padre, del misero marito.
Ma, oh Dio di misericordia! che crepacuore fu il suo quando
accostandosi alla spiaggia la vide piena di popolo che guardava verso di lui e
pareva aspettarlo, e in mezzo a tanta gente, potè discernere una donna
scapigliata graffiarsi la faccia, percuotersi il petto, stracciarsi i crini
canuti; e sentiva il lido e gli antri del monte risuonare del suo pianto, delle
sue grida disperate!
Non ci patisce il cuore d'intrattenerci più a lungo in uno
spettacolo di sì desolante pietà, e però abbandonando il misero barcaiuolo e la
sua (se è possibile) ancor più misera donna, torneremo ai nostri personaggi che
abbiamo lasciati a Varenna.
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