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Tommaso Grossi
Marco Visconti

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  • CAPITOLO XXIV
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CAPITOLO XXIV

 

Bice e l'ancella giunsero al castello di Rosate che già cominciava ad albeggiare; vi entrarono credendo d'essere a Castelletto, come quelle che non avean notizia alcuna di quei luoghi; attraversarono un vasto cortile tutto a loggiati, salirono alcune scale, dentro e fuori per corridori, finchè furon messe in un salotto che rispondeva a quattro o cinque altre camere, senza incontrar anima nata. Lo scudiero traditore che le avea scorte fin , lasciolle dicendo che andava ad avvisare il castellano, perchè venisse tosto ai comandamenti della padrona.

Le donne, rimaste sole, passarono nelle camere interne, che trovarono molto onorevoli, con ogni appartenenza: v'erano magnifici letti e sedie e tavolini e specchi; alberelli con acque e con essenze odorose; abiti e adornamenti; e tutte insomma le delicature e le morbidezze che potean richiedersi per una gentil donzella che vada a marito.

Bice, la quale si credeva in casa propria, stanca com'era dal lungo cavalcare, gettossi sopra una seggiola a bracciuoli, e intanto che l'ancella le si affaccendava intorno a trarle la roba di pellicce tutta molle, a vestirlene una di duagio lionato che trovò ivi apprestata, a cavarle i calzaretti, mettendole in piede un paio di pianelle aperte, di seta, a ravviarle i capelli, a darle l'acqua alle mani, a rinvenirla, e rassettarla tutta quanta, andavan fra loro ricambiando tali parole.

- Spunta l'alba, - diceva Bice, - e non dovrebbe star gran tempo a capitare.

- Oh come volete? - rispondeva l'ancella, - se siamo appena arrivate qui noi!

- Ma e tutto il tempo che ci hanno fatto perder per via, non lo conti?

- Codesto è vero. Oh! sentite, padrona, tosto che il vostro sposo sia giunto, avete a dirgliela tutta intera di quei ghiotti; non saper dove ci menavano, smarrire la strada, farci straziar forse quattro ore e più, e tenervi a cavallo voi con quel tempo!

- Quattro ore, è vero? vuoi dire che le avremo perdute quattro ore?

- Sicuramente, e di passo: a quel che mi diceva mio fratello da Gallarate a qui in due ore ci dovevamo essere; e vedete anche voi quanto tempo s'è cavalcato, e come s'andava sempre di gran trotto.

- Bene, - ripigliava Bice, - in quattro ore Ottorino dovrebbe essersi sbrigato... Di' un po', quanto ci corre dal Seprio a qui?

- Non ne so nulla; sapete pure s'io ho pratica di queste parti.

- Così per discrezione, - insisteva la moglie d'Ottorino. - Vuoi dire che vi possan essere otto miglia? Via, rispondi qualche cosa: ti par forse poco eh?... bene, mettiamo dieci, mettiamone anche dodici; voglio far il conto largo... dodici poi, è vero?...

- Oh sicuro, dovrebbe esser presso.

- Or bene, gran faccenda per uno a cavallo! sono subito fatte; e però può arrivare quando che sia, e io l'aspetto fra poco; non l'aspetti anche tu?... dillo, in nome di Dio, dillo una volta, non ti par di sì?

- Potrebbe benissimo arrivare, ma però... ov'egli indugiasse, non sarebbe da farsene caso, chè, si sa bene, quando gli uomini hanno a trattar delle loro faccende, non possono guardarla tanto nel sottile, in una o due ore di più o di meno.

- Adesso parli bene, questo lo capisco anch'io; e credi tu che per una, o per due ore, volessi andar tosto a pensare disgrazie? so bene quanti casi possono occorrere, e come dico, non me ne spaventerei; ma però può anche giungere subito, ed io l'aspetto: gliel'ho raccomandato tanto!... Ma sta... non senti tu una pedata? ch'ei fosse giunto senza che ci siamo accorte del rumor dei cavalli a passare il ponte levatoio?

Così dicendo balzò in piedi per farsi ad una finestra; ma Lauretta, che vi stava più vicina, vi si affacciò prima di lei. La finestra dava su d'una loggia colle vôlte a crociera, rette da sottili colonnine; vide ella chi ne veniva, e lo riconobbe prima che la padrona avesse avuto tempo di guardare; e ritraendo il capo dalla ferrata che v'era dinanzi:

- No, no, - diceva, - non è nessun di loro; dite un po' chi viene? è il Pelagrua.

- Chi? il procuratore del Monastero, quel ch'era a Limonta?

- Appunto, - rispondeva l'ancella, e seguitava tosto: - Come fa mo egli a trovarsi qui costui, chè da quel che scappò dal paese non se ne seppe più nuova? Vi dico il vero, che quella faccia non mi piace niente; sarà un'ubbia... Oh! ma che vo io a cavar fuori adesso?...

- Sì, sì: lascia un po' da banda codeste scempiaggini: io lo so benissimo come è qui costui, anzi doveva immaginarmi d'avervelo a trovare, solo che ci avessi posto mente: te lo dirò poi. - Bice si ricordò d'allora che, essendo a Varenna con Ottorino, il dopo il naufragio, il giovane ora suo sposo, a sollecitazione del pievano di Limonta, s'aveva tolto sopra di d'allogare il procuratore fuggiasco e minacciato; e non sapendone più in , al sentirlo ora quivi, si venne immaginando ch'ei gli avesse poi dato qualche impiego nel suo castello.

Fu bussato all'uscio del primo salotto: Lauretta, cui la padrona avea fatto un cenno affermativo del capo, disse: - Entrate. - Le imposte s'apersero, e comparve il Pelagrua. S'era cavata una berretta di velluto nero, e tenendola nella mano sinistra, veniva innanzi col capo basso facendo inchini.

Il Pelagrua, chi avesse voglia di conoscerlo di persona, era un uomo di cinquant'anni, di mezzana statura, asciutto e scarso delle membra; le guancie, d'uno smorto livido, non si colorivano, non si alteravano mai per cosa al mondo. Due lunghe sopracciglia folte e grigie gli adombravano due occhi neri, fulminanti, che non c'era verso si potessero accordare coll'umiltà della fronte in cui eran piantati; due occhi indomabili, ineducabili, con una significazione crudele di malignità e di superbia; due occhi diabolici, che avrebbero sbugiardato il viso d'un santo anacoreta. Entrando, li portava onestamente vôlti a terra in atto rimesso, ma li rilevava qualche volta gettandoli a dritta e a manca colla rapidità e collo sfolgorare del baleno e parea che scappassero dall'incontrarsi negli sguardi altrui, come il ladro che ha paura d'esser côlto sul furto.

S'appressò a Bice, pose un ginocchio in terra, e chinando il capo: - Degnatevi, madonna, - le diceva, - d'accettare l'omaggio d'un vostro abbietto vassallo, il guardiano di Castelletto.

- L'ha dunque affìdata a voi la custodia di questa sua signoria?

- Sì, mia signora; così potessi sperare di gradire all'illustre e graziosa donna e sovrana del mio nobile padrone, cui ho data la fede e il cuore per tutta la vita, come, la sua mercè, fui sempre accetto a lui.

- Levatevi, - disse allora Bice.

Il Pelagrua obbedì, ed essa continuava:

- Il mio sposo e signore elegge i suoi fedeli, io non posso che aver in grado sempre e pienamente ogni sua scelta. - Lasciando poi il contegno e il tuono di dignità e di cerimonia, con cui s'eran ricambiate quelle quasi formole d'omaggio prestato e ricevuto, la fanciulla assunse un fare più disinvolto, più naturale, e gli domandò:

- Ditemi un po', castellano, vi pare ch'egli possa star molto ancora a giungere? avrete inteso ch'egli è andato fino al Seprio.

- Lo so, e so pure che quelli che vi hanno scortata fin qui hanno risposto assai male all'onore cui furono sortiti: ma non vi date pensiero, madonna, lasciate fare a me; saprò dar loro tal ricordo...

- No, no, - interruppe Bice, - non voglio che abbiano a provare sconcio alcuno in grazia mia; ve lo comando espressamente: tutto quello che hanno fatto, l'hanno fatto a fin di bene, per obbedire al loro signore e mio. E se anche... se avessero... trasceso i termini... via, non voglio che se n'abbia a far parola mai più!

- Come? - proruppe il Pelagrua in atto di maraviglia e di sdegno, - come? che vi fosse stato alcuno tanto temerario?... mi si fa duro a crederlo... Io non parlava che di quella loro storditezza imperdonabile nell'avervi fatta smarrir la via; ma se mai, se qualche miserabile... chiunque egli sia, poveretto lui!

- Oh! quanto a questo, - saltò su Lauretta, - vi prometto io, che la figlia del conte del Balzo non fu mai avvezza... - Ma le parole le furon rotte in bocca da un'occhiata severa lanciatale dalla padrona.

Il falso castellano, simulando d'esser tutto compreso d'orrore: - Permettete, - diceva a Bice con una voce che parea soffocata mezzo dall'ira per l'eccesso sospettato, mezzo dalla riverenza per la persona che gli imponeva di non farne caso, - permettete, madonna; è per l'onore del castello... guai se il nobile vostro sposo avesse mai ad intendere... guai a tutti, guai a me: permettetemi ch'io sappia chi fu tanto sfacciato... e vi assicuro...

- Orsù, v'ho comandato che non se ne parli più, - disse la sposa di Ottorino con aria risoluta e dignitosa, e tornando poi tosto a prendere un tuono più affabile, perocchè avea visto quel mariuolo abbassare il capo e rimanersi in silenzio come tutto confuso e mortificato: - Quello che vi domando, - soggiungeva, - si è se Ottorino possa stare ancora un pezzo a giungere.

- Se sapeste, - disse allora il Pelagrua con una faccia che parea tutta contrita, - se sapeste quanto mi duole che il primo annunzio che ho a dare alla mia padrona non sia un annunzio di subita gloia!

- Che annunzio avete? - domandò Bice con una sollecitudine paurosa. - Sapete qualche cosa di nuovo?

- È arrivato un corriere dal Seprio pochi momenti prima che giungeste voi, - rispose il tristo, - e reca che non tornerà per tutt'oggi.

- Per tutt'oggi? e che ha egli a far colà tutto il giorno? e il corriere prima di partire ha egli veduto il mio sposo? gli ha parlato? e che cosa mi manda egli a dire? Via, fate che venga subito da me, voglio parlargli, voglio parlar io con lui, voglio parlar subito col corriere, avete capito?

- Se mi permettete, posso dirvi io ogni cosa, perchè veramente il messo... a farlo venir qui... gli ha parlato prima di mettersi in viaggio, l'ha lasciato in castello in compagnia di Lupo, e d'uno scudiero di vostro padre, che è tornato fin stanotte; sono sani e salvi tutti e tre, chè quello assalto fu cosa da nulla, e dice che abbiate a star di buon animo, e che appena si possa spicciare da certe brighe che lo trattengono colà, volerà da voi.

- Ma quando? quando ha detto che torna? al più tardi poi, stasera, è vero?

- Oh sì, oh credo ben di sì che stasera verrà senza fallo.

- Ma non l'ha detto lui proprio di sicuro?... Via, chiamatemi subito questo corriere.... andate: non sono usa a replicare tante volte un comando ad un mio vassallo.

Il Pelagrua chinò profondamente il capo, stringendosi tutto nelle spalle come se domandasse perdono, e se n'andò dicendo in cuor suo: - Ih, ih, la superbetta! Via, cecina, quetati, quetati! -. L'amaro e crudele scherno di quelle interne parole venne espresso, e, dirò cosi, compendiato in uno sguardo che il mariuolo uscendo dalla camera, saettò addosso alla sua prigioniera. Non avete mai visto un uccellatore, che spiccata una cinciallegra dai panioni, tien l'occhio per un momento sulla stizzosa bestiola, la quale si rivolta a dar di becco alla mano che con una lieve stretta può stritolarle gli ossicini, farne una schiacciatina? bene, col debito agguaglio, era la stessa cosa.

Tosto che il castellano fu uscito, Bice si diede a misurare colla fantasia tutte le ore che dovean passare: se le figurava eterne, non sapeva come riempierne il vôto, le parea che non avesse a venir mai più la sera di quel giorno, che non le rimanesse tanta forza da attraversare quel deserto. Era come il viandante, il quale dopo un lungo e disastroso cammino, arriva spossato e rotto in cima d'un'altura avvisata di lontano pel termine del suo pellegrinaggio, e gli si scopre in faccia un altro colle, al di del quale gli vien detto trovarsi la terra del suo riposo.

Lauretta, che s'accorse dell'abbattimento della padrona, le si fece dappresso, appoggiò le braccia incrocicchiate sul tavolino, sul quale ella teneva il gomito, chinò il capo verso di lei, e, levandole in volto due occhi commossi, stette un momento in silenzio a guardarla con un affetto temperato di riverenza, e poi le disse:

- Sentite, una giornata poi alla fine non è l'eternità: ne son passate tante, passerà anche questa; il sole anderà sotto, quando vorrà il Signore, verrà questa benedetta sera, verrà; si tratta di poche ore: capisco che la vi debbe somigliare amara, capisco, ma poi quando si sa...! Oh via, state di buon cuore... se aveste bisogno di nulla? se volete che vi faccia recar qualche cosa... me l'ha detto il castellano sull'uscio nel partire, che comandiate, e tutto è qui per obbedirvi.

Bice, che avea la mente preoccupata, invece di rispondere a quelle parole, scappò fuori a dire, come seguitando colla bocca un discorso già incamminato nella fantasia: - Oh! questo poi è vero: c'è anche Lupo, c'è lo scudiero di mio padre!...

- È quello che dico io, - seguitava allora l'ancella, secondando l'avviamento di quelle idee per poter appiccar seco discorso. - È quello che dico io; dubbio non ce n'è; è in buona compagnia, in terra amica, e non dobbiam darcene pensiero: solo, che bisogna aver un po' di pazienza. Il male si è che vi siete messa in cuore d'averlo a trovar qui arrivando, o che avesse a capitarvi sul momento: del resto non ve lo diceva io poco fa?... Ma andate subito in collera! Noi che siamo qui ad aspettare, che non abbiam da far nulla, il tempo ci par lungo, e non ha mai fine a passare, ma chi è nelle faccende, e che non può... Insomma, mettete il cuore in pace fino a stasera. Stasera credo bene che verranno, li aspetto anch'io stasera: oh vengono senza fallo... ma se mai per un caso, chi sa?...

- Eh via chiacchierina! - l'interruppe Bice, che non potea sentir accennare, benchè con tanto riservo, un dubbio ch'ella avea pur troppo in fondo del cuore. Era come uno che trema in suo segreto d'aver qualche male di rischio, e monta sulle furie contra chi se ne lascia scappar di bocca pure il nome in sua presenza. - A dire che non abbia a giungere neppur questa sera? mi faresti rinnegar la pazienza qualche volta.

- Perdonatemi, ho detto male, non è ch'io creda... anzi: era solo perchè... se mai, per un caso...

- Non c'è caso o non caso; codeste le non sono pazzie da pensarsi. S'egli avesse anche il mondo sulle spalle, ha da venire, e verrà: tornar via piuttosto un'altra volta, se non può far di meno: non ismontare pur da cavallo, sto per dire, ma lasciarsi vedere. Basta, adesso sentiremo questo corrier benedetto... pena ben molto il castellano a condurlo... Anche codesto tardar tanto comincia a darmi qualche noia. Che cosa fa egli in tutto questo tempo?

Che fa?... oh poveretta, se tu lo sapessi!... Il Pelagrua spende quel tempo a raffazzonare, ad istruire, ad imboccare un suo cagnotto perchè si faccia presso di lei corriere d'Ottorino, onde rigirarla meglio.

Quando i due manigoldi furono all'ordine, vennero a far la loro parte com'eran concertati.

Quegli che dovea spacciarsi pel corriere era un vecchio birbone scampato dalle forche, che il Pelagrua avea stanato da un casolare vicino al castello, in cui vivea d'accatto, posciachè domato dagli anni non potea più viver di sangue: il tristaccio era guercio, con un largo sfregio che attraversandogli la fronte e il naso, gli entrava nell'occhio sinistro: avea i capelli rossi, la barba rossa. Al primo metter piede nella camera delle donne, finse di scappucciare, e venne innanzi barcollando, e movendosi tutto a ondate.

Bice ne ebbe paura e si levò da sedere; ma il Pelagrua le si fece vicino, e coll'usato suo atto di sommessione, additandole il sozio, dicea sotto voce:

- È un buon figliuolo, vedete; peccato ch'ei s'avvinazzi troppo spesso! e allora... è un po' latino di bocca... Gli è per questo che non m'arrischiava di condurlo alla presenza vostra... basta, io v'ho obbedito. Egli è giunto già un po' alticcio; qui poi in questo po' di tempo, bevi e ribevi, s'è strafatto. Con tutto ciò se volete interrogarlo, qualcosa, spero, saprà rispondere ancora!

- Domandategli un po' se ha veduto il mio sposo prima di partire, - disse Bice.

Il Pelagrua si accostò al finto ubbriaco, e battendogli una mano su d'una spalla: - Senti, Mastino, - gli disse, - qui madonna ti domanda se hai veduto quel cavaliere per conto del quale sei venuto da Castel Seprio?

- Il cavaliere? - rispose il tristo affoltando e frastagliando le parole, - se l'ho veduto il cavaliere! e non vuoi che l'abbia veduto se è stato lui che mi ha fatto portar quel fiasco che ti diceva: ma che vino ve', che vino!... e anche qui non è cattivo, a dirla; ma è un po' ruvido.

Il castellano l'interruppe domandandogli: - Che cosa ti ha detto prima di congedarti?

- Ti ha detto?... niente ti ha detto: ti ha detto: bevi un fiasco alla mia salute; e io l'ho bevuto: e qui poi ne ho mandati altri due a tener compagnia a quel primo, e tutti alla sua salute, che è un buon cavaliere, e non ha il granchio alla scarsella come qualcuno che so poi io, che non gliene cascherebbe mai un maladetto.

- Di' un po', Mastino, bada a me, e c'era qualcun altro con lui?

- Non l'ho già detto che c'era io?

- Dico se c'era alcun altro?

- Sì, c'era alcun altro.

- E chi?

- Oh bella? c'era lui.

- Lui? chi è questo lui?

- Lui, quel cavaliere: che il diavolo ti porti, chi ci avea da essere? so molto io!

Il Pelagrua, curvandosi nelle spalle, si rivolse a Bice come se volesse dire: - Vedete anche voi che costrutto se ne può cavare -. Ma quella poveretta, che avea pur tanto desiderio di saper qualche cosa del suo sposo, disse al castellano: - Via, cercate di fargli intendere se gli abbia detto ch'ei venga questa sera.

- Mi proverò, - riprese il traditore; e preso per un braccio il compagnone, gli diede una forte strappata, gridandogli sotto al muso: - Voltati in qua, che vai guardando verso mercoledì? - poscia gli domandò: - Quel cavaliere ha detto che verrà stasera?

- Quest'altra! - saltò su il mascalzone dando in una grossa e sconcia risata, - dice che è sera! - Si trasse due passi indietro, stese un dito mal fermo verso il Pelagrua, ripiegandosi sulle gambe, e ondeggiando sempre, e gridava con voce rantolosa e avviluppata: - dice che è sera, quando non è ancor vespro: uh! va via lasagnone! ti compatisco chè ti gira la memoria: vergogna! esser in cimberli a quest'ora!... Ma anch'io voglio bere, portane qua del buono, chè ho un'arsione in gola, come se il diavolo vi stesse a bottega.

- Taci , buffone, e fàlla finita una volta; ti domando se il cavaliere abbia detto che verrà qui stasera?

- Ah se verrà stasera? è questo che mi domandi?

- Sì, in tanta malora!

- Sicuro che verrà stasera, verrà stasera senza fallo.

Bice si sentì tutta consolare, ma fu una consolazione che durò poco, perchè il castellano, fattosi più presso a quel cialtrone, gli gridò nell'orecchio:

- Ma non m'hai detto a me che veniva domattina?

- Sì, ho ben detto domattina; sicuro, domattina.

- Sta un po' in cervello, se puoi: è stasera insomma, o è domattina che verrà?

- Stasera e domattina, - rispose il finto ubriaco; - oh bella! sì signore, stasera e domattina, - e qui si mise a cantare con una voce da cornacchia:

 

Beviam, beviam, stasera e domattina,

A gorgata, a zinzini, a garganella:

Allor ch'io bacio in bocca la mezzina,

N'indormo il creditore e la gonnella;

Ho in tasca i birri...

 

Ma il Pelagrua stampandogli un ceffatone sul grifo, gli gridò: - taci , boccaccia di forno!

La povera fanciulla, fastidita da quel, sozzo spettacolo fece segno al castellano che sgombrasse. - Mettete subito un uomo fidato a cavallo, - gli disse: - egli portetà a Castel Seprio una lettera che ora vi sarà data; e tornerà colla risposta: fra tre ore al più tardi ch'ei sia qui, o ne avrete a render conto a me.

Il castellano, dopo d'aver risposto con un inchino profondo che sarebbe stata obbedita, uscì traendosi dietro per un braccio lo sciagurato, il quale si lasciava trascinare come un uomo di cenci, balenando e spiombando a dritta e a manca, mentre badava pure a gridare: - Dove mi tiri? dove mi tiri? ubriacone! ubriacone! ubriacone! - L'uscio s'era rinchiuso, i due manigoldi erano già in fondo alla loggia, già cominciavano a scendere le scale; e le donne sentivano ancora quella voce sconcia e ribalda che andava pur gridando: - Ubriacone! ubriacone! ubriacone!

 

 




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