"La
Nitália l'è brodéga"
Andavo a piedi da Vezzano del Trentino a Castel Madruzzo, avendo per guida
e portatore un omettino sui cinquant'anni, piccolino, bruttino, giallognolo,
umile come un fraticello. Non aveva un bel nome ed era salutato per nome da
quanti incontravamo. - Addio, Patata. - Bondì, Patata. - Com'ela, Patatina? -
Èi doi i fiorini stavolta, Patata?
Patata rispondeva con garbo a tutti. Solo mostrava turbarsi delle
allusioni alle mie future larghezze. All'amico dai doi fiorini rispose:
- Oh sì, mato - con quella cantilena trentina, intonata, nelle risposte, di
blanda meraviglia e di correzione giudiziosa, che vi fa colà sentire un mite
sapiente disturbato nel suo chilo in ciascuno cui avete chiesto la strada o il
nome di qualche bicocca dei monti. Questa modestia di Patata mi commosse. Egli
era del resto, un santerello. Faceva divotamente di berretto alle immagini
sacre, mi raccontava con molta compunzione le buone opere del parroco tale e
del parroco tal altro, i miracoli operati dal patrono del suo paese nativo, una
terricciola di Val d'Adige. Udite se la sua pietà era sincera e profonda. A
Calavino entro da un tabaccaio a comperarmi delle sigarette e intanto lui resta
fuori a discorrere con un prete. Quando mi volto per uscire, odo Patata che
dice:
- E come stalo po', sior decano, el so zio? - Eh caro - risponde il prete
- è più d'un anno ch'è andato in Paradiso. - Patata si reca una mano al
berretto, l'altra sul cuore, fa un inchino e dice gravemente: - Ben fato.
***
Ma io porto Patatina nella memoria per un altro episodio di quel viaggio.
Si stava girando il fianco del monte sotto le torri diroccate di Castel
Madruzzo, che guardano in giro un gran vuoto e quindi una ressa, un disordine
di monti indietreggiati d'ogni parte, come per far largo al signore. Riconobbi
i pressi di Castel Toblino, e, siccome contavo passar la notte a Castel
Madruzzo, pensai che avrei volentieri riveduto, l'indomani, il laghetto di
Toblino. Il cielo era sereno quasi del tutto. Però in un angolo del mezzogiorno
veniva su dall'invisibile Garda una gran fumata di nuvoloni densi. - Sentite un
po' - dissi alla mia guida. - Che tempo avremo domani? - Patata si fermò,
guardò il cielo a destra e a sinistra, e considerò poi a lungo la fumata del
Garda. - Ma, sior! - rispose con un tono di cattivo augurio. - La Nitália l'è
brodéga.
Nel suo linguaggio ciò significava: - L'Italia è sporca. - Replicai:
molto! E come si potrebbe pulire? - Elo el scherza, sior. - Niente affatto.
Come si potrebbe pulire? - Mah, se Quel de sora el vol, salo....! - Ma come, si
potrebbe provar noi? - Patata sorrise con finezza. - S'el vol che soffiente,
sior?... Ch'el soffia elo che po soffierò anca mi. - Io non dissi nulla, ma
sentii la profondità del concetto di Patata: per pulire l'Italia non c'è che
Domeneddio e il solo rimedio umano sarebbe di soffiar dentro tutti quanti nelle
immondizie, con quanto fiato si ha in corpo.
Mentre salivamo il valloncello ombroso «delle marmotte» intagliato a
tergo di Castel Madruzzo nel gran sasso biancastro che lo porta in testa e che
porge al sole sull'opposta faccia scoscesa ulivi e agavi, il cielo si andava già
oscurando. Poco tempo dopo, quando nel cortile del castello contemplavo con i
miei ospiti e con altri amici le torri spettrali, i baluardi ruinosi, il
vecchio noce pendente in un angolo sul pozzo, la signorile casa del
cinquecento, nido di un Madruzzo cardinale, accanto alle rovine del duecento,
covo d'un Madruzzo ladrone, cominciò a soffiare acqua e pioggia dalla montagna
calva che sale dolcemente dietro il castello. Ci rifugiammo nella sala dove
forse Carlo Gaudenzio Madruzzo, nato in Issogne, come tu sai, Giacosa, da una
Challant, pensava, guardando il magnifico paese a' suoi piedi, che avrebbe
volontieri peccato mortalmente pur di non lasciar uscire di famiglia il
vescovado di Trento. Tuonava, lampeggiava, ondate di pioggia battevano furiose
i vetri; o proprio in quel momento, per un caso di cui la Italia sporca non era
affatto in colpa, alcune case ardevano da lontano verso levante, si udivano fra
un tuono e l'altro tante campane di paeselli suonare a stormo.
Alla sera il cielo si rischiarò, uscì la luna e andai a goderla con due
amici sul terrazzo di un torrione. - Bene! - esclamai lassù guardando il cielo
- la Nitàlia non è più bròdega. - Ciò condusse il discorso sulle sentenze di
Patata e sugli scandali bancari italiani.
I miei amici misero fuori innanzi tutto la loro inorridita onestà. Quanto
ai rimedii, l'uno invocò la caduta del Ministero e della Camera, l'altro
suggerì una gran frittata di ministri, di deputati e di senatori. Io apersi
allora il mio cuore e parlai così:
***
Non facciamo della politica come se fossimo al caffè Aragno. Qui siamo
assai più in alto, in una solitudine, mille rovine di una forma sociale. Non
parliamo di cambiare Camere o Ministeri. Quand'anche riesciste ad avere un
Ministero Patata, che sarebbe il più onesto governo possibile, e quand'anche il
mio Patatina v'imbandisse la frittata che desiderate, ciò non farebbe che
ritardare forse d'un'ora il grande, provvidenziale processo di
disorganizzazione in corso. Se siete uomini politici, pensate a guadagnare
quest'ora; se non lo siete pensate ad altro. Facciamo come gli amici di Giobbe
seduti intorno al suo giaciglio immondo. Prima piangiamo pure; ma poi non
suggeriamogli i bagni di mare, nè la bambagia fenicata, nè le pennellature di
iodio nè alcun empiastro. Confessate intanto la corruzione segreta delle
moltitudini che gridano contro le corruzioni pubbliche. Oggi la gente, nel suo
segreto, apprezza sopratutto il danaro; perciò non grida tutta insieme che
quando vede in alto mani rapaci adunghiar danaro non dovuto ad esse. Allora poi
va fuori dei gangheri. Ma questi sono i fiori e non la radice del male. Vi ha
chi strepita pure contro le cause immediate della disonestà, il lusso, i
piaceri, le vanità, il mal costume. Ma queste sono solamente le frondi del
male. Poi vi ha un partito che attribuisce, in sostanza, tutti i guai
all'impoverimento della Chiesa cattolica e alle società segrete che le fanno
guerra; ma il primo non è un male e le seconde sono un ramo non la radice del
male. Vi dirò una cosa strana che io penso: la radice dei clamorosi mali che
voi lamentate è un gran bene.
***
Voi udite ripetere dalle persone religiose che la società si
scristianizza ogni giorno. Non è vero; è l'opposto che succede. Alle
putrefazioni scandalose nell'alto corrisponde sempre
il salire di una grande idea cristiana nel basso. Ciò che vi ha di più
contrario a lei nell'ordine sociale, intristisce a quel recondito contatto, si
corrompe, si putrefa. Guardate la decadenza romana e l'alta società francese
quando vi si formavano i primi germi della Rivoluzione e vi fermentava sotto,
non conosciuta ancora, una grande idea cristiana di eguaglianza civile. Tutto
ciò che godeva privilegi cadeva in una putrefazione schifosa. Adesso fermentano
in Europa i germi di un'altra rivoluzione, ed è una grande idea cristiana di
giustizia economica, non conosciuta ancora, che sta salendo. Perciò ribollono
in alto le cupidigie disoneste del danaro e le corruzioni dei nostri
ordinamenti economici vengono continuamente a galla. Badate bene che i progressi
dell'idea cristiana sono comunemente iniziati, aiutati da gente anticristiana:
nel secolo scorso, dai filosofi dell'Enciclopedia, nel secolo presente dai
socialisti negatori del Cristianesimo, gente che crede andare dove vuol lei, e
va dove nè lei nè altri sa, dove vuole una Legge superiore. Se credeste
spaventarmi con gli anarchici, vi direi che saranno essi pure strumenti
inconsci di una trasformazione cristiana della società. Anche il Macaulay si
spaventava di simili orde selvagge, vedeva raccogliersi all'ombra delle nostre
chiese e dei nostri musei altri Goti, altri Unni, altri Vandali pronti a
distruggere la civiltà moderna. Ma sono appunto i barbari che hanno trasformata
la civiltà pagana in cristiana.
***
Vi dico io che non vi sia nulla da fare? No, vi dico solo che operar sui
Ministeri e sui Parlamenti è più che inutile; bisogna operar sulle anime, nel
senso stesso dell'idea cristiana che va trasformando il mondo. A operar sulle
anime in un senso religioso qualsiasi, la letteratura moderna ci pensa. Proprio
adesso il conte Tolstoi si è battuto con Emilio Zola circa questo punto. Zola
predica la religione della scienza e del lavoro; Tolstoi, dopo un'acuta e
acerba critica di questa religione, predica il non agire, chiede ai
lavoratori di fermarsi, di riflettere su quel che fanno, di domandarsi perchè
lo fanno e a cosa serve.
- Trasformate - egli dice loro - la vostra vita pagana con il concetto
cristiano dell'amore. L'amore per gli altri diventi il solo movente delle
vostre azioni. - Egli esalta Alessandro Dumas che scrive le stesse cose al
direttore del Gaulois. Ora io vorrei dire, se lo posso col debito
rispetto, che il cervello del conte Tolstoi è un meraviglioso meccanismo dove
alcune ruote non lavorano perfettamente bene.
Lasciamo stare ciò che il consiglio ai lavoratori di non agire per
riflettere, può avere d'irragionevole e anche di amaro; lasciamo stare che il
consiglio di amare gli altri sopra noi stessi va contro la natura e contro
l'ideale cristiano; ma al conte Tolstoi che condanna lo Zola perchè propone
agli uomini una religione vaga e indefinita, al conte Tolstoi che condanna il Credo
positivo delle Chiese cristiane, io domando in nome di qual fede egli voglia
imporci sacrifici così grandi e se la fede sua non sia vaga e indefinita quanto
qualsiasi altra.
No, è un'altra l'idea cristiana per la quale tutti dobbiamo combattere se
vogliamo aiutar a purificare il mondo e che noi artisti predicheremo, anche
perchè il clero, forse, non può farlo in chiesa. Per infinita gente l'ideale
cristiano è semplicemente la salvezza delle
anime, la vita eterna. Ora ve n'ha un altro per il quale milioni e milioni di
cristiani pregano ogni giorno con le labbra senz'averne una chiara coscienza
nel cuore. Il movimento della evoluzione umana tende a uno stato di cose in cui
tutte le istituzioni familiari, sociali, politiche, le attività economiche,
scientifiche, artistiche prendono legge da un ideale di bontà, di verità, di
bellezza, riconosciuto come volontà divina. Questo regno di Dio ch'è già fra
noi, che si sviluppa continuamente, è pure un ideale cristiano. Il nostro
dovere è di annunciarlo con un'ardente, incrollabile fede, la nostra gloria è
di dare ad esso l'opera nostra e ogni necessario sacrificio, pronti a
discendere nella tomba senza averne veduto un progresso sensibile, sapendo che
decine di secoli non basteranno alla sua manifestazione completa sulla terra.
Lasciamo corrompersi ciò che deve corrompersi e aiutiamo ciò che sorge. Diciamo
a tanti cristiani, chiusi in una specie di egoismo religioso, che quando hanno
cercato di salvare l'anima propria e hanno beneficato il prossimo
principalmente con questo fine, non hanno fatto tutto. Devono ancora lavorare,
ciascuno come può, alla trasformazione cristiana della società, non per il loro
profitto personale in questa o nell'altra vita, ma per la gioia di secondare il
disegno divino, di servire Iddio senza stipendio. Il loro criterio per
promuovere ed aiutare una riforma sociale o no, è la relazione di questa
riforma con l'idea cristiana. S'inganneranno, sbaglieranno strada, ma il loro
lavoro non andrà mai perduto, affretterà quella evoluzione di cui nessuno può
prevedere bene la forma e che è la risultante d'infinite forze. Il diritto di
associazione pone ogni infimo cittadino in grado di prender parte a questo
spontaneo e libero lavoro. Bisogna fare dentro il seno del cristianesimo ciò
che le recenti società tedesche, inglesi, americane di cultura etica credono a
torto poter fare senza qualsiasi base religiosa, nè ristretta nè larga. Se i
vantaggi diretti non saranno grandi, i vantaggi indiretti saranno immensi. Non
conosco ideale che possa maggiormente appassionare lo spirito umano; perchè, io
vi ho parlato di riforma sociale, ma tutto è da riformare per il regno di Dio,
anche l'indirizzo della scienza e dell'arte. Nulla purifica lo spirito umano
quanto la passione per un'idea anche se quest'idea è falsa. Quando si facevano
le rivoluzioni a mano armata per un'idea, il popolo era preso da un sacro
furore di onestà; neppure i ladri osavano, in quel momento, rubare; se uno
avesse osato, era morto. Noi vedremmo il movimento per quest'altro ideale
operare nel seno stesso del cristianesimo, lasciandone intatte le dottrine, una
grande purificazione, un grande distacco dagli interessi terreni e dalle
passioni politiche. Esso acquisterebbe una forza di espansione che tra noi ha
perduta e il miglioramento morale della società non si farebbe attender molto.
***
Lo so, il pubblico italiano non è il tedesco, nè l'inglese nè il
francese. Gli italiani vanno bastantemente a predica, ma parlare ad essi, fuori
della chiesa, di argomenti che, avendo attinenza col principio religioso, sono
tuttavia per tutti materia disputabile, è come parlare alle donne di economia
politica. Si seccano. Nella massima parte essi credono per non seccarsi e non
credono per la stessa ragione; perciò sì quelli della prima che quelli della
seconda categoria, considerano inutile ogni discorso su questa materia,
malgrado una bella comune ignoranza. Ebbene, bisogna lavorare a muovere anche
il pubblico italiano onde non sia inferiore, almeno di curiosità intellettuale,
persino al pubblico russo, cui Leone Tolstoi parla in un Messaggero del Nord
qualsiasi.
***
A questo punto sbucò su dalla botola l'amico Patata, che aveva pranzato
nella cucina del Castello e veniva a congedarsi da me.
- E la Nitalia? - diss'io. - Oh, no l'è pu bròdega, no, - rispose
l'omino. - Ho soffiato, io, vedi. - Maledeta! - esclamò Patata grattandosi il
capo e fingendo maliziosamente una certa ammirazione. - A star in cüsina, me
parea ch'el soffiasse Quel de sora, mi.
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