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Baldassarre Castiglione Il libro del cortegiano IntraText CT - Lettura del testo |
E s'io parlassi con essi o con altri che fosseno d'opinion contraria alla mia, mi sforzarei mostrar loro quanto le lettere, le quali veramente da Dio son state agli omini concedute per un supremo dono, siano utili e necessarie alla vita e dignità nostra; né mi mancheriano esempi di tanti eccellenti capitani antichi, i quali tutti giunsero l'ornamento delle lettere alla virtú dell'arme. Ché, come sapete, Alessandro ebbe in tanta venerazione Omero, che la Iliade sempre si teneva a capo del letto; e non solamente a questi studi, ma alle speculazioni filosofice diede grandissima opera sotto la disciplina d'Aristotele. Alcibiade le bone condizioni sue accrebbe e fece maggiori con le lettere e con gli ammaestramenti di Socrate. Cesare quanta opera desse ai studi, ancor fanno testimonio quelle cose che da esso divinamente scritte si ritrovano. Scipion Affricano dicesi che mai di mano non si levava i libri di Senofonte, dove instituisce sotto 'l nome di Ciro un perfetto re. Potrei dirvi di Lucullo, di Silla, di Pompeo, di Bruto e di molt'altri Romani e Greci; ma solamente ricordarò che Annibale, tanto eccellente capitano, ma però di natura feroce ed alieno da ogni umanità, infidele e despregiator degli omini e degli dèi, pur ebbe notizia di lettre e cognizion della lingua greca; e, s'io non erro, parmi aver letto già che esso un libro pur in lingua greca lasciò da sé composto. Ma questo dire a voi è superfluo, ché ben so io che tutti conoscete quanto s'ingannano i Francesi pensando che le lettre nuocciano all'arme. Sapete che delle cose grandi ed arrischiate nella guerra il vero stimulo è la gloria; e chi per guadagno o per altra causa a ciò si move, oltre che mai non fa cosa bona, non merita esser chiamato gentilomo, ma vilissimo mercante. E che la vera gloria sia quella che si commenda al sacro tesauro delle lettre, ognuno po comprendere, eccetto quegli infelici che gustate non l'hanno. Qual animo è cosí demesso, timido ed umile, che leggendo i fatti e le grandezze di Cesare, d'Alessandro, di Scipione, d'Annibale e di tanti altri, non s'infiammi d'un ardentissimo desiderio d'esser simile a quelli e non posponga questa vita caduca di dui giorni per acquistar quella famosa quasi perpetua, la quale, a dispetto della morte, viver lo fa piú chiaro assai che prima? Ma chi non sente la dolcezza delle lettere, saper ancor non po quanta sia la grandezza della gloria cosí lungamente da esse conservata, e solamente quella misura con la età d'un omo, o di dui, perché di piú oltre non tien memoria; però questa breve tanto estimar non po, quanto faria quella quasi perpetua, se per sua desgrazia non gli fosse vetato il conoscerla; e non estimandola tanto, ragionevol cosa è ancor credere che tanto non si metta a periculo per conseguirla come chi la conosce. Non vorrei già che qualche avversario mi adducesse gli effetti contrari per rifiutar la mia opinione, allegandomi gli Italiani col lor saper lettere aver mostrato poco valor nell'arme da un tempo in qua, il che pur troppo è piú che vero; ma certo ben si poria dir la colpa d'alcuni pochi aver dato, oltre al grave danno, perpetuo biasmo a tutti gli altri, e la vera causa delle nostre ruine e della virtú prostrata, se non morta, negli animi nostri, esser da quelli proceduta; ma assai piú a noi saria vergognoso il publicarla, che a' Franzesi il non saper lettere. Però meglio è passar con silenzio quello che senza dolor ricordar non si po; e, fuggendo questo proposito, nel quale contra mia voglia entrato sono, tornar al nostro cortegiano.