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Baldassarre Castiglione Il libro del cortegiano IntraText CT - Lettura del testo |
LII.
Disse allora messer Pietro Bembo: - E perché non dite voi quella del vostro commissario fiorentino? il quale era assediato nella Castellina dal duca di Calavria, e dentro essendosi trovato un giorno certi passatori avvelenati, che erano stati tirati dal campo, scrisse al Duca che, se la guerra s'aveva da far cosí crudele, esso ancor farebbe porre il medicame in su le pallotte dell'artiglieria e poi chi n'avesse il peggio, suo danno -. Rise messer Bernardo e disse: - Messer Pietro, se voi non state cheto, io dirò tutte quelle che io stesso ho vedute e udite de' vostri Veneziani che non son poche, e massimamente quando voglion fare il cavalcatore. - Non dite, di grazia, - rispose messer Pietro, - che io ne tacerò due altre bellissime che so de' Fiorentini -. Disse messer Bernardo: - Deono esser piú presto Sanesi, che spesso vi cadeno. Come a questi dí uno, sentendo leggere in consiglio certe lettere, nelle quali, per non dir tante volte il nome di colui di chi si parlava, era replicato questo termine “il prelibato”, disse a colui che leggeva: “Fermatevi un poco qui, e ditemi: cotesto Prelibato, è egli amico del nostro commune?” - Rise messer Pietro, poi disse: - Io parlo de' Fiorentini e non de' Sanesi. - Dite adunque liberamente, - suggiunse la signora Emilia, - e non abbiate tanti rispetti -. Seguitò messer Pietro: - Quando i signori Fiorentini faceano la guerra contra' Pisani, trovaronsi talor per le molte spese esausti di denari; e parlandosi un giorno in consiglio del modo di trovarne per i bisogni che occorreano, dopo l'essersi proposto molti partiti, disse un cittadino de' piú antichi: “Io ho pensato dui modi, per li quali senza molto impazzo presto potrem trovar bona somma di denari; e di questi l'uno è che noi, perché non avemo le piú vive intrate che le gabelle delle porte di Firenze, secondo che v'abbiam undeci porte, súbito ve ne facciam far undeci altre, e cosí radoppiaremo quella entrata. L'altro modo è, che si dia ordine che súbito in Pistoia e Prato s'aprino le zecche, né piú né meno come in Firenze, e quivi non si faccia altro, giorno e notte, che batter denari e tutti siano ducati d'oro; e questo partito, secondo me, è piú breve e ancor de minor spesa” -.