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Baldassarre Castiglione
Il libro del cortegiano

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LXXXV.

 

E' parmi che la burla non sia altro che un inganno amichevole di cose che non offendano, o almen poco; e come nelle facezie il dir contra l'aspettazione, cosí nelle burle il far contra l'aspettazione induce il riso. E queste tanto piú piacciono e sono laudate quanto piú hanno dello ingenioso e modesto; perché chi vol burlar senza rispetto spesso offende e poi ne nascono disordini e gravi inimicizie. Ma i lochi donde cavar si posson le burle son quasi i medesimi delle facezie. Però, per non replicargli, dico solamente che di due sorti burle si trovano, ciascuna delle quali in piú parti poi divider si poria. L'una è, quando s'inganna ingeniosamente con bel modo e piacevolezza chi si sia; l'altra, quando si tende quasi una rete e mostra un poco d'esca, talché l'omo corre ad ingannarsi da se stesso. Il primo modo è tale, quale fu la burla che a questi due gran signore, ch'io non voglio nominare, ebbero per mezzo d'un Spagnolo chiamato Castiglio -. Allora la signora Duchessa, - E perché, - disse, - non le volete voi nominare? - Rispose messer Bernardo: - Non vorrei che lo avessero a male -. Replicò la signora Duchessa ridendo: - Non si disconvien talor usare le burle ancor coi gran signori; ed io già ho udito molte esserne state fatte al duca Federico, al re Alfonso d'Aragona, alla reina donna Isabella di Spagna ed a molti altri gran príncipi; ed essi non solamente non lo aver avuto a male, ma aver premiato largamente i burlatori -. Rispose messer Bernardo: - Né ancor con questa speranza le nominarò io. - Dite come vi piace, - suggiunse la signora Duchessa. Allor seguitò messer Bernardo e disse: - Pochi sono che nella corte di chi io intendo capitò un contadin bergamasco per servizio di un gentilom cortegiano, il qual fu tanto ben divisato di panni ed acconcio cosí attillatamente che, avvenga che fosse usato solamente a guardar buoi, né sapesse far altro mestiero, da chi non l'avesse sentito ragionare saria stato tenuto per un galante cavaliero; e cosí essendo detto a quelle due signore che quivi era capitato un Spagnolo servitore del cardinale Borgia che si chiamava Castiglio, ingeniosissimo, musico, danzatore, ballatore e piú accorto cortegiano che fosse in tutta Spagna, vennero in estremo desiderio di parlargli, e súbito mandarono per esso; e dopo le onorevoli accoglienze, lo fecero sedere e cominciarono a parlargli con grandissimo riguardo in presenzia d'ognuno; e pochi eran di quelli che si trovavano presenti, che non sapessero che costui era un vaccaro bergamasco. Però, vedendosi che quelle signore l'intertenevano con tanto rispetto e tanto l'onoravano, furono le risa grandissime; tanto piú che 'l bon omo sempre parlava del suo nativo parlare zaffi bergamasco. Ma quei gentilomini che faceano la burla aveano prima detto a queste signore che costui, tra l'altre cose, era gran burlatore, e parlava eccellentemente tutte le lingue, e massimamente lombardo contadino; di sorte che sempre estimarono che fingesse; e spesso si voltavano l'una all'altra con certe maraviglie e diceano: “Udite gran cosa, come contrafà questa lingua!” In somma, tanto durò questo ragionamento, che ad ognuno doleano gli fianchi per le risa; e fu forza che esso medesimo desse tanti contrasegni della sua nobilità, che pur in ultimo queste signore, ma con gran fatica, credettero che 'l fusse quello che egli era.

 

 




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