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Baldassarre Castiglione Il libro del cortegiano IntraText CT - Lettura del testo |
XLII.
Disse messer Cesare: - Io non ho mai conosciuti questi, che siano dalle donne pregati; ma sí ben molti, li quali, vedendosi aver in vano tentato e speso il tempo scioccamente, ricorrono a questa nobil vendetta e dicono aver avuto abondanzia di quello che solamente s'hanno imaginato; e par loro che il dir male e trovare invenzioni, acciò che di qualche nobil donna per lo vulgo si levino fabule vituperose, sia una sorte di cortegiania. Ma questi tali, che di qualche donna di prezzo villanamente si dànno vanto, o vero o falso, meritano castigo e supplicio gravissimo; e se talor loro vien dato, non si po dir quanto siano da laudar quelli che tale officio fanno. Ché se dicon bugie, qual scelerità po esser maggiore, che privar con inganno una valorosa donna di quello che essa piú che la vita estima? e non per altra causa, che per quella che la devria fare d'infinite laudi celebrata? Se ancora dicon vero, qual pena poria bastare a chi è cosí perfido, che renda tanta ingratitudine per premio ad una donna, la qual, vinta dalle false lusinghe, dalle lacrime finte, dai preghi continui, dai lamenti, dalle arti, insidie e periuri, s'ha lassato indurre ad amar troppo; poi, senza riservo, s'è data incautamente in preda a cosí maligno spirto? Ma per respondervi ancor a questa inaudita continenzia d'Alessandro e di Scipione, che avete allegata, dico ch'io non voglio negare che e l'uno e l'altro non facesse atto degno di molta laude; nientedimeno, acciò che non possiate dire che per raccontarvi cose antiche io vi narri fabule, voglio allegarvi una donna de' nostri tempi di bassa condizione, la quale mostrò molto maggior continenzia che questi cui grand'omini.