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Baldassarre Castiglione Il libro del cortegiano IntraText CT - Lettura del testo |
Son adunque li populi da Dio commessi sotto la custodia de' príncipi, li quali per questo debbono averne diligente cura, per rendergline ragione come boni vicari al suo signore, ed amargli ed estimar lor proprio ogni bene e male che gli intervenga, e procurar sopra ogni altra cosa la felicità loro. Però deve il principe non solamente esser bono, ma ancora far boni gli altri; come quel squadro che adoprano gli architetti, che non solamente in sé è dritto e giusto, ma ancor indrizza e fa giuste tutte le cose a che viene accostato. E grandissimo argumento è che 'l principe sia bono quando i populi son boni perché la vita del principe è legge e maestra dei cittadini, e forza è che dai costumi di quello dipendan tutti gli altri; né si conviene a chi è ignorante insegnare, né a chi è inordinato ordinare, né a chi cade rilevare altrui. Però se 'l principe ha da far ben questi offici, bisogna ch'egli ponga ogni studio e diligenzia per sapere; poi formi dentro a se stesso ed osservi immutabilmente in ogni cosa la legge della ragione, non scritta in carte o in metallo, ma sculpita nell'animo suo proprio; acciò che gli sia sempre non che familiare ma intrinsica, e con esso viva come parte di lui; perché giorno e notte in ogni loco e tempo lo ammonisca e gli parli dentro al core, levandogli quelle perturbazioni che sentono gli animi intemperati li quali per esser oppressi da un canto quasi dal profundissimo sonno della ignoranzia, e dall'altro dal travaglio che riceveno dei loro perversi e ciechi desidèri, sono agitati da furore inquieto, come talor chi dorme da strane ed orribili visioni.