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Baldassarre Castiglione Il libro del cortegiano IntraText CT - Lettura del testo |
E se non vorrete chiamarlo cortegiano, non mi dà noia; perché la natura non ha posto tal termine alle dignità umane, che non si possa ascendere dall'una all'altra; però spesso i soldati simplici divengon capitani, gli omini privati re, e i sacerdoti papi e i discipoli maestri, e cosí insieme con la dignità acquistano ancor il nome; onde forse si poria dir che 'l divenir institutor del principe fosse il fin del cortegiano. Benché non so chi abbia da rifiutar questo nome di perfetto cortegiano, il quale, secondo me, è degno di grandissima laude; e parmi che Omero, secondo che formò dui omini eccellentissimi per esempio della vita umana, l'uno nelle azioni, che fu Achille, l'altro nelle passioni e tolleranzie, che fu Ulisse, cosí volesse ancora formar un perfetto cortegiano, che fu quel Fenice, il qual, dopo l'aver narrato i suoi amori e molte altre cose giovenili, dice esser stato mandato ad Achille da Pelleo suo padre per stargli in compagnia e insegnargli a dire e fare: il che non è altro che 'l fin che noi avemo disegnato al nostro cortegiano. Né penso che Aristotile e Platone si fossero sdegnati del nome di perfetto cortegiano, perché si vede chiaramente che fecero l'opere della cortegiania ed attesero a questo fine, l'un con Alessandro Magno, l'altro con i re di Sicilia. E perché officio è di bon cortegiano conoscer la natura del principe e l'inclinazion sue e cosí, secondo i bisogni e le opportunità, con destrezza entrar loro in grazia, come avemo detto, per quelle vie che prestano l'adito securo, e poi indurlo alla virtú, Aristotile cosí ben conobbe la natura d'Alessandro e con destrezza cosí ben la secondò, che da lui fu amato ed onorato piú che padre, onde, tra molti altri segni che Alessandro in testimonio della sua benivolenzia gli fece, volse che Stagira sua patria, già disfatta, fosse reedificata; ed Aristotile, oltre allo indrizzar lui a quel fin gloriosissimo, che fu il voler fare che 'l mondo fosse come una sol patria universale, e tutti gli omini come un sol populo, che vivesse in amicizia e concordia tra sé sotto un sol governo ed una sola legge, che risplendesse communemente a tutti come la luce del sole, lo formò nelle scienzie naturali e nelle virtú dell'animo talmente, che lo fece sapientissimo, fortissimo, continentissimo e vero filosofo morale, non solamente nelle parole ma negli effetti; ché non si po imaginare piú nobil filosofia, che indur al viver civile i populi tanto efferati come quelli che abitano Battra e Caucaso, la India, la Scizia ed insegnar loro i matrimoni, l'agricultura, l'onorar i padri, astenersi dalle rapine e dagli omicidii e dagli altri mal costumi, lo edificare tante città nobilissime in paesi lontani, di modo che infiniti omini per quelle leggi furono ridutti dalla vita ferina alla umana; e di queste cose in Alessandro fu autore Aristotile, usando i modi di bon cortegiano; il che non seppe far Calistene, ancorché Aristotile glielo mostrasse; ché, per voler esser puro filosofo e cosí austero ministro della nuda verità, senza mescolarvi la cortegiania, perdé la vita e non giovò, anzi diede infamia ad Alessandro. Per lo medesimo modo della cortegiania Platone formò Dione Siracusano; ed avendo poi trovato quel Dionisio tiranno come un libro tutto pieno di mende e d'errori e piú presto bisognoso d'una universal litura che di mutazione o correzione alcuna, per non esser possibile levargli quella tintura della tirannide, della qual tanto tempo già era macchiato, non volse operarvi i modi della cortegiania, parendogli che dovessero esser tutti indarno. Il che ancora deve fare il nostro cortegiano, se per sorte si ritrova a servizio di principe di cosí mala natura, che sia inveterato nei vicii, come li ftisici nella infirmità; perché in tal caso deve levarsi da quella servitú, per non portar biasimo delle male opere del suo signore, e per non sentir quella noia che senton tutti i boni che servono ai mali -.