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Baldassarre Castiglione
Il libro del cortegiano

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LXX.

 

Qual sarà adunque, o Amor santissimo, lingua mortal che degnamente laudar ti possa? Tu, bellissimo, bonissimo, sapientissimo, dalla unione della bellezza e bontà e sapienzia divina derivi ed in quella stai, ed a quella per quella come in circulo ritorni. Tu dulcissimo vinculo del mondo, mezzo tra le cose celesti e le terrene, con benigno temperamento inclini le virtú superne al governo delle inferiori e, rivolgendo le menti de' mortali al suo principio, con quello le congiungi. Tu di concordia unisci gli elementi, movi la natura a produrre e ciò che nasce alla succession della vita. Tu le cose separate aduni, alle imperfette dài la perfezione, alle dissimili la similitudine, alle inimiche la amicizia, alla terra i frutti, al mar la tranquillità, al cielo il lume vitale. Tu padre sei de' veri piaceri, delle grazie, della pace, della mansuetudine e benivolenzia, inimico della rustica ferità, della ignavia, in somma principio e fine d'ogni bene. E perché abitar ti diletti il fior dei bei corpi e belle anime e di talor mostrarti un poco agli occhi ed alle menti di quelli che degni son di vederti, penso che or qui fra noi sia la tua stanzia. Però dégnati, Signor, d'udir i nostri prieghi, infundi te stesso nei nostri cori e col splendor del tuo santissimo foco illumina le nostre tenebre e come fidata guida in questo cieco labirinto mostraci il vero camino. Correggi tu la falsità dei sensi e dopo 'l lungo vaneggiare donaci il vero e sodo bene; facci sentir quegli odori spirituali che vivifican le virtú dell'intelletto, ed udir l'armonia celeste talmente concordante, che in noi non abbia loco piú alcuna discordia di passione; inebriaci tu a quel fonte inesausto di contentezza che sempre diletta e mai non sazia, ed a chi bee delle sue vive e limpide acque gusto di vera beatitudine; purga tu coi raggi della tua luce gli occhi nostri dalla caliginosa ignoranzia, acciò che piú non apprezzino bellezza mortale e conoscano che le cose che prima veder loro parea, non sono, e quelle che non vedeano veramente sono; accetta l'anime nostre, che a te s'offeriscono in sacrificio; abbrusciale in quella viva fiamma che consuma ogni bruttezza materiale, acciò che in tutto separate dal corpo, con perpetuo e dolcissimo legame s'uniscano con la bellezza divina, e noi da noi stessi alienati, come veri amanti, nello amato possiam transformarsi, e levandone da terra esser ammessi al convivio degli angeli, dove, pasciuti d'ambrosia e nèttare immortale, in ultimo moriamo di felicissima e vital morte, come già morirono quegli antichi Padri, l'anime dei quali tu con ardentissima virtú di contemplazione rapisti dal corpo e congiungesti con Dio -.

 

 




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