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Baldassarre Castiglione Il libro del cortegiano IntraText CT - Lettura del testo |
XVIII
- Ed io, - rispose allora il signor Gaspar, - ho conosciuti pochi omini eccellenti in qualsivoglia cosa, che non laudino se stessi; e parmi che molto ben comportar lor si possa, perché chi si sente valere, quando si vede non esser per l'opere dagli ignoranti conosciuto, si sdegna che 'l valor suo stia sepulto e forza è che a qualche modo lo scopra, per non essere defraudato dell'onore, che è il vero premio delle virtuose fatiche. Però tra gli antichi scrittori, chi molto vale rare volte si astien da laudar se stesso. Quelli ben sono intollerabili che, essendo di niun merito, si laudano; ma tal non presumiam noi che sia il nostro cortegiano -. Allor il Conte, - Se voi, - disse, - avete inteso, io ho biasmato il laudare se stesso impudentemente e senza rispetto; e certo, come voi dite, non si dee pigliar mala opinion d'un omo valoroso, che modestamente si laudi; anzi toôr quello per testimonio piú certo che se venisse di bocca altrui. Dico ben che chi, laudando se stesso, non incorre in errore, né a sé genera fastidio o invidia da chi ode, quello è discretissimo ed, oltre alle laudi che esso si dà, ne merita ancor dagli altri; perché è cosa difficil assai -. Allora il signor Gaspar, - Questo, - disse, - ci avete da insegnar voi -. Rispose il Conte: - Tra gli antichi scrittori non è ancor mancato chi l'abbia insegnato; ma, al parer mio, il tutto consiste in dir le cose di modo, che paia che non si dicano a quel fine, ma che caggiano talmente a proposito, che non si possa restar di dirle, e sempre mostrando fuggir le proprie laudi, dirle pure; ma non di quella maniera che fanno questi bravi, che aprono la bocca e lascian venir le parole alla ventura; come pochi dí fa disse un de' nostri che, essendogli a Pisa stato passata una coscia con una picca da una banda all'altra, pensò che fosse una mosca che l'avesse punto; ed un altro disse che non teneva specchio in camera perché quando si crucciava diveniva tanto terribile nell'aspetto, che veggendosi aría fatto troppo gran paura a se stesso -. Rise qui ognuno; ma messer Cesare Gonzaga suggiunse: - Di che ridete voi? Non sapete che Alessandro Magno, sentendo che opinion d'un filosofo era che fussino infiniti mondi, cominciò a piangere, ed essendoli domandato perché piangeva, rispose, “Perch'io non ne ho ancor preso un solo”; come se avesse avuto animo di pigliarli tutti?. Non vi par che questa fosse maggior braveria che il dir della puntura della mosca? - Disse allor il Conte: - Anco Alessandro era maggior uom che non era colui che disse quella. Ma agli omini eccellenti in vero si ha da perdonare quando presumono assai di sé; perché chi ha da far gran cose, bisogna che abbia ardir di farle e confidenzia di se stesso e non sia d'animo abbietto o vile, ma sí ben modesto in parole, mostrando di presumer meno di se stesso che non fa, pur che quella presunzione non passi alla temerità -.