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Baldassarre Castiglione
Il libro del cortegiano

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XXXIV.

 

- Dubito, - disse allora il signor Morello, - che se questo cortegiano parlerà con tanta eleganzia e gravità, fra noi si trovaranno di quei che non lo intenderanno. - Anzi da ognuno sarà inteso, - rispose il Conte, - perché la facilità non impedisce la eleganzia. Né io voglio che egli parli sempre in gravità, ma di cose piacevoli, di giochi, di motti e di burle, secondo il tempo; del tutto però sensatamente e con prontezza e copia non confusa; né mostri in parte alcuna vanità o sciocchezza puerile. E quando poi parlerà di cosa oscura o difficile, voglio che e con le parole e con le sentenzie ben distinte esplichi sottilmente la intenzion sua, ed ogni ambiguità faccia chiara e piana con un certo modo diligente senza molestia. Medesimamente, dove occorrerà, sappia parlar con dignità e veemenzia, e concitar quegli affetti che hanno in sé gli animi nostri, ed accenderli o moverli secondo il bisogno; talor con una simplicità di quel candore, che fa parer che la natura istessa parli, intenerirgli e quasi inebbriargli di dolcezza, e con tal facilità, che chi ode estimi ch'egli ancor con pochissima fatica potrebbe conseguir quel grado, e quando ne fa la prova si gli trovi lontanissimo. Io vorrei che 'l nostro cortegiano parlasse e scrivesse in tal maniera, e non solamente pigliasse parole splendide ed eleganti d'ogni parte della Italia, ma ancora laudarei che talor usasse alcuni di quelli termini e franzesi e spagnoli, che già sono dalla consuetudine nostra accettati. Però a me non dispiacerebbe che, occorrendogli, dicesse primor, dicesse accertare, avventurare; dicesse ripassare una persona con ragionamento, volendo intendere riconoscerla e trattarla per averne perfetta notizia; dicesse un cavalier senza rimproccio, attillato, creato d'un principe ed altri tali termini, pur che sperasse esser inteso. Talor vorrei che pigliasse alcune parole in altra significazione che la lor propria e, traportandole a proposito, quasi le inserisse come rampollo d'albero in piú felice tronco, per farle piú vaghe e belle, e quasi per accostar le cose al senso degli occhi proprii e, come si dice, farle toccar con mano, con diletto di chi ode o legge. Né vorrei che temesse di formarne ancor di nove e con nove figure di dire, deducendole con bel modo dai Latini, come già i Latini le deducevano dai Greci.

 

 




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