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Baldassarre Castiglione
Il libro del cortegiano

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LXI.

 

Un'altra sorte è ancor, che chiamiamo “bischizzi”; e questa consiste nel mutare o vero accrescere o minuire una lettera o sillaba, come colui che disse: “Tu dèi esser piú dotto nella lingua "latrina", che nella greca”. Ed a voi, Signora, fu scritto nel titulo d'una lettera: “Alla signora Emilia impia”. È ancora faceta cosa interporre un verso o piú, pigliandolo in altro proposito che quello che lo piglia l'autore, o qualche altro detto vulgato; talor al medesimo proposito, ma mutando qualche parola; come disse un gentilomo che avea una brutta e despiacevole moglie, essendogli domandato come stava, rispose: “Pensalo tu, ché Furiarum maxima iuxta me cubat”. E messer Ieronimo Donato, andando alle Stazioni di Roma la Quadragesima insieme con molti altri gentilomini, s'incontrò in una brigata di belle donne romane, e dicendo uno di quei gentilomini:

 

            Quot coelum stellas, tot habet tua Roma puellas;

 

súbito suggiunse:

 

            Pascua quotque haedos, tot habet tua Roma cinaedos,

 

mostrando una compagnia di giovani, che dall'altra banda venivano. Disse ancora messer Marc'Antonio dalla Torre al vescovo di Padoa di questo modo: “Essendo un monasterio di donne in Padoa sotto la cura d'un religioso estimato molto di bona vita e dotto, intervenne che 'l padre, praticando nel monasterio domesticamente e confessando spesso le madri, cinque d'esse, che altrettante non ve n'erano, ingravidarono; e scoperta la cosa, il padre volse fuggire e non seppe; il vescovo lo fece pigliare ed esso súbito confessò, per tentazion del diavolo aver ingravidate quelle cinque monache; di modo che monsignor il vescovo era deliberatissimo castigarlo acerbamente. E perché costui era dotto, avea molti amici, i quali tutti fecer prova d'aiutarlo, e con gli altri ancor andò messer Marc'Antonio al vescovo per impetragli qualche perdono. Il vescovo per modo alcuno non gli volea udire; al fine facendo pur essi instanzia, e raccommandando il reo ed escusandolo per la commodità del loco, per la fragilità umana e per molte altre cause, disse il vescovo: "Io non ne voglio far niente, perché di questo ho io a render ragione a Dio"; e replicando essi, disse il vescovo: "Che responderò io a Dio, il dí del giudicio quando mi dirà: Redde rationem villicationis tuae? - rispose allor súbito messer Marc'Antonio: "Monsignor mio, quello che dice lo Evangelio: Domine, quinque talenta tradidisti mihi; ecce alia quinque superlucratus sum. Allora il vescovo non si poté tenere di ridere, e mitigò assai l'ira sua e la pena preparata al malfattore”.

 

 




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