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Baldassarre Castiglione
Il libro del cortegiano

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LXXXIII.

 

Potrei forsi ancor, signori, raccórre molti altri lochi, donde si cavano motti ridiculi; come le cose dette con timidità, con maraviglia, con minacce for d'ordine, con troppo collera; oltra di questo, certi casi novi, che intervenuti inducono il riso; talor la taciturnità, con una certa maraviglia; talor il medesimo ridere senza proposito; ma a me pare ormai aver detto a bastanza, perché le facezie che consistono nelle parole credo che non escano di que' termini di che noi avemo ragionato. Quelle poi che sono nell'effetto, avvenga che abbian infinite parti, pur si riducono a pochi capi; ma nell'una e nell'altra sorte la principal cosa è lo ingannar la opinione e rispondere altramente che quello che aspetta l'auditore; ed è forza, se la facezia ha d'aver grazia, sia condita di quello inganno, o dissimulare o beffare o riprendere o comparare, o qual altro modo voglia usar l'omo. E benché le facezie inducano tutte a ridere, fanno però ancor in questo ridere diversi effetti; perché alcune hanno in sé una certa eleganzia e piacevolezza modesta, altre pungono talor copertamente, talor publico, altre hanno del lascivetto, altre fanno ridere súbito che s'odono, altre quanto piú vi si pensa, altre col riso fanno ancor arrossire, altre inducono un poco d'ira; ma in tutti i modi s'ha da considerar la disposizion degli animi degli auditori, perché agli afflitti spesso i giochi dànno maggior afflizione; e sono alcune infirmità che, quanto piú vi si adopra medicina, tanto piú si incrudiscono. Avendo adunque il cortegiano nel motteggiare e dir piacevolezze rispetto al tempo, alle persone, al grado suo e di non esser in ciò troppo frequente (ché in vero dà fastidio, tutto il giorno, in tutti i ragionamenti e senza proposito, star sempre su questo), potrà esser chiamato faceto; guardando ancor di non esser tanto acerbo e mordace, che si faccia conoscer per maligno, pungendo senza causa o ver con odio manifesto; o ver persone troppo potenti, che è imprudenzia; o ver troppo misere, che è crudeltà; o ver troppo scelerate, che è vanità; o ver dicendo cose che offendan quelli che esso non vorria offendere, che è ignoranzia; perché si trovano alcuni che si credono esser obligati a dir e punger senza rispetto ogni volta che possono, vada pur poi la cosa come vole. E tra questi tali son quelli, che per dire una parola argutamente, non guardan di macular l'onor d'una nobil donna; il che è malissima cosa e degna di gravissimo castigo, perché in questo caso le donne sono nel numero dei miseri, e però non meritano in ciò essere mordute, ché non hanno arme da diffendersi. Ma, oltre a questi rispetti, bisogna che colui che ha da esser piacevole e faceto, sia formato d'una certa natura atta a tutte le sorti di piacevolezze ed a quelle accommodi li costumi, i gesti e 'l volto; il quale quant'è piú grave e severo e saldo, tanto piú fa le cose che son dette parer salse ed argute.

 

 




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