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Baldassarre Castiglione
Il libro del cortegiano

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XXVII.

 

Però è ancor officio del bon principe instituire talmente i populi suoi, e con tai leggi ed ordini, che possano vivere nell'ccio e nella pace senza periculo e con dignità e godere laudevolmente questo fine delle sue azioni che deve esser la quiete; perché sonosi trovate spesso molte republiche e príncipi, li quali nella guerra sempre sono stati fiorentissimi e grandi, e súbito che hanno aúta la pace sono iti in ruina e hanno perduto la grandezza e 'l splendore, come il ferro non esercitato. E questo non per altro è intervenuto, che per non aver bona instituzion di vivere nella pace, né saper fruire il bene dell'ocio; e lo star sempre in guerra, senza cercar di pervenire al fine della pace, non è licito, benché estimano alcuni príncipi il loro intento dover esser principalmente il dominare ai suoi vicini, e però nutriscono i populi in una bellicosa ferità di rapine, d'omicidi e tai cose e lor dànno premi per provocarla e la chiamano virtú. Onde fu già costume fra i Sciti che chi non avesse morto un suo nemico non potesse bere nei conviti solenni alla tazza che si portava intorno alli compagni. In altri lochi s'usava indrizzare intorno il sepulcro tanti obelisci, quanti nemici avea morti quello che era sepulto; e tutte queste cose ed altre simili si faceano per far gli omini bellicosi, solamente per dominare alli altri; il che era quasi impossibile, per esser impresa infinita, insino a tanto che non s'avesse subiugato tutto 'l mondo; e poco ragionevole, secondo la legge della natura, la qual non vole che negli altri a noi piaccia quello che in noi stessi ci dispiace. Però debbono i príncipi far i populi bellicosi non per cupidità di dominare, ma per poter diffendere se stessi e li medesimi populi da chi volesse ridurgli in servitú, o ver fargli ingiuria in parte alcuna; o vero per discacciar i tiranni e governar bene quei populi che fossero mal trattati, o vero per ridurre in servitú quelli che fossero tali da natura, che meritassero esser fatti servi, con intenzione di governargli bene e dar loro l'ocio e 'l riposo e la pace; ed a questo fine ancora deveno essere indrizzate le leggi e tutti gli ordini della giustizia, col punir i mali, non per odio, ma perché non siano mali ed acciò che non impediscano la tranquillità dei boni; perché in vero è cosa enorme e degna di biasimo, nella guerra, che in sé è mala, mostrarsi gli omini valorosi e savi; e nella pace e quete, che è bona, mostrarsi ignoranti e tanto da poco, che non sappiano godere il bene. Come adunque nella guerra debbono intender i populi nelle virtú utili e necessarie per conseguirne il fine, che è la pace, cosí nella pace, per conseguirne ancor il suo fine, che è la tranquillità, debbono intendere nelle oneste, le quali sono il fine delle utili; ed in tal modo li sudditi saranno boni, e 'l principe arà molto piú da laudare e premiare che da castigare; e 'l dominio per li sudditi e per lo principe sarà felicissimo, non imperioso, come di patrone al servo, ma dolce e placido, come di bon padre a bon figliolo-.

 

 




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