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Baldassarre Castiglione Il libro del cortegiano IntraText CT - Lettura del testo |
LXIX.
Se adunque le bellezze, che tutto dí con questi nostri tenebrosi occhi veggiamo nei corpi corruttibili, che non son però altro che sogni ed umbre tenuissime di bellezza, ci paion tanto belle e graziose, che in noi spesso accenden foco ardentissimo e con tanto diletto, che riputiamo niuna felicità potersi agguagliar a quella che talor sentimo per un sol sguardo che ci venga dall'amata vista d'una donna, che felice maraviglia, che beato stupore pensiamo noi che sia quello, che occupa le anime che pervengono alla visione della bellezza divina! che dolce fiamma, che incendio suave creder si dee che sia quello, che nasce dal fonte della suprema e vera bellezza! che è principio d'ogni altra bellezza, che mai non cresce né scema; sempre bella e per se medesima, tanto in una parte, quanto nell'altra, simplicissima; a se stessa solamente simile, e di niuna altra participe; ma talmente bella, che tutte le altre cose belle son belle perché da lei participan la sua bellezza. Questa è quella bellezza indistinta dalla somma bontà, che con la sua luce chiama e tira a sé tutte le cose; e non solamente alle intellettuali dona l'intelletto, alle razionali la ragione, alle sensuali il senso e l'appetito di vivere, ma alle piante ancora ed ai sassi communica, come un vestigio di se stessa, il moto e quello instinto naturale delle lor proprietà. Tanto adunque è maggiore e piú felice questo amor degli altri, quanto la causa che lo move è più eccellente; e però, come il foco materiale affina l'oro, cosí questo foco santissimo nelle anime distrugge e consuma ciò che v'è di mortale e vivifica e fa bella quella parte celeste, che in esse prima era dal senso mortificata e sepulta. Questo è il rogo, nel quale scrivono i poeti esser arso Ercule nella summità del monte Oeta e per tal incendio dopo morte esser restato divino ed immortale'; questo è lo ardente rubo di Mosè, le lingue dispartite di foco, l'infiammato carro di Elia, il quale raddoppia la grazia e felicità nell'anime di coloro che son degni di vederlo, quando da questa terrestre bassezza partendo se ne vola verso il cielo. Indriciamo adunque tutti i pensieri e le forze dell'anima nostra a questo santissimo lume, che ci mostra la via che al ciel conduce; e drieto a quello, spogliandoci gli affetti che nel descendere ci eravamo vestiti, per la scala che nell'infimo grado tiene l'ombra di bellezza sensuale ascendiamo alla sublime stanzia ove abita la celeste, amabile e vera bellezza, che nei secreti penetrali di Dio sta nascosta, acciò che gli occhi profani veder non la possano; e quivi trovaremo felicissimo termine ai nostri desidèri, vero riposo nelle fatiche, certo rimedio nelle miserie, medicina saluberrima nelle infirmità, porto sicurissimo nelle turbide procelle del tempestoso mar di questa vita.