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Carlo Goldoni
Il filosofo inglese

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ATTO PRIMO

SCENA PRIMA

 

Gioacchino e Birone, ciascheduno dalla parte della sua bottega

 

 

 

BIR.

Ecco i stampati fogli, che il padron mio vi manda: (a Gioacchino)

I soliti foglietti di Parigi e d'Olanda,

Il Mercurio Galante, che fa tanto rumore,

Ed il corrente foglio del nostro Spettatore.

GIO.

Oh sì, che faran festa, leggendo i curiosi;

Verranno a satollarsi i critici oziosi;

E senza sale in zucca, e senza discrezione,

Si sentirà ciascuno a dir la sua opinione.

BIR.

Frattanto che siam soli, dammi il caffè, Gioacchino.

GIO.

Tel porto, e tu, Birone, recami un libriccino.

BIR.

Ben volentier, qual libro? Chiedilo, e te lo dono.

GIO.

Vorrei che tu mi dessi qualche cosa di buono.

BIR.

Ti porterò un romanzo. In oggi, se nol sai,

Sono le favolette in voga più che mai.

Chi può stampar romanzi, libraio è fortunato;

E suol, chi li compone, passar per letterato. (entra nella sua bottega.)

GIO.

Anch'io, per dire il vero, li leggo con piacere.

Son cose all'età mia conformi, e al mio sapere.

BIR.

Eccoti il libro.

GIO.

Aspetta. Darti il caffè mi preme.

BIR.

L'hai tu beuto ancora?

GIO.

No, lo berremo insieme. (va in bottega a prendere il caffè.)

BIR.

Ogni garzon per uso fa quel che facciam noi;

Tratta gli amici a spese delli padroni suoi.

GIO.

Eccol per tutti due. (porta due chicchere di caffè.)

BIR

Sediamo. (siedono ciascuno alla sua panca.)

GIO.

Sì, sediamo.

Questo poco di bene, fin che si può, godiamo.

BIR.

L'ora non è avanzata. Facciamla da signori,

Finché arrivar si veggano i nostri seccatori.

GIO.

Uno ve n'è fra quelli, che ognor da noi si vedono,

Che parmi un ignorante, e pur molti gli credono:

Emanuel Bluk si chiama, uomo che fa il sapiente,

Ma intesi dir da molti, ch'è un furbo e non sa niente.

BIR.

Da noi, per dire il vero, pratica gente buona:

Jacobbe Monduill merita una corona.

Filosofo, ma vero, non di quelli all'usanza,

Che per filosofia fan passar l'increanza.

GIO.

Dicon però, che il vostro filosofo erudito

Da madama Brindè sia stato un po' ferito.

BIR.

Madama di Brindè, vedova letterata,

Della di lui virtude si dice innamorata.

Vi è chi di lor si burla, chi mormora e sospetta;

Vi è chi dei studi loro qualche bel frutto aspetta.

Ma vi è chi li difende; chi dice che contenti

Passano il loro tempo coi libri e gli argomenti.

GIO.

So che madama Saixon, di lei minor sorella,

Si burla della tresca di questa vedovella.

Abitan qua di sopra, come tu sai. Sovente

Su questa loggia loro l'una e l'altra si sente.

La Saixon viene spesso anche in bottega nostra:

Di spirito vivace suol far pomposa mostra.

Diverte chi l'ascolta talor con qualche sale;

Ma tutti i suoi discorsi finiscono in dir male.

BIR.

E suo marito il soffre?

GIO.

Saixon è un negoziante,

Che più della consorte apprezza il suo contante.

Un buon marito, un uomo che di lei non sospetta;

Se in casa non la trova, senza gridar l'aspetta.

E quando la signora ritorna accompagnata,

Non chiede, con prudenza, dove e con chi sia stata.

BIR.

Suol la Brindè nutrire altri costumi in seno:

È saggia, è regolata; per quel che pare almeno.

GIO.

Vien gente.

BIR.

Separiamci.

GIO.

Addio.

BIR.

Buon dì, Gioacchino.

Del caffè ti ringrazio.

GIO.

Ed io del libriccino. (ambi si ritirano nelle loro botteghe)

 

 

 




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