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Carlo Goldoni Il filosofo inglese IntraText CT - Lettura del testo |
SCENA QUARTA
Emanuel Bluk e detto, poi Gioacchino
EMA. |
Gioacchino. (chiama.) |
GIO. |
Che comanda? (esce dalla bottega.) |
EMA. |
Vi è dello Spettatore Foglio verun stamane? |
GIO. |
L'abbiamo. Sì signore. |
EMA. |
Portalo. |
GIO. |
Anche il Mercurio porterò, se lo vuole. |
EMA. |
Non lo voglio. Non perdo il tempo in cotai fole. È la filosofia mio nume e mio diletto. Voglio lo Spettatore. |
GIO. |
Vel porterò. |
EMA. |
Ti aspetto. |
GIO. |
(Vuol di filosofia parlare un argentiere. Quanto farebbe meglio badare al suo mestiere!) |
MIL. |
Emanuel Bluk, che fate? |
EMA. |
Oh, Milord, ti saluto. Pensavo a gravi cose: non ti avevo veduto. |
MIL. |
(Un'altra specie è questa di filosofi strani. Il tu lo danno a tutti: lo danno anche ai sovrani). |
GIO. |
Ecco il richiesto foglio. (a Emanuel.) |
EMA. |
Bene. |
GIO. |
Ed or, se volete, Vi porterò il caffè. |
EMA. |
Non bevo senza sete. (Gioacchino si ritira nella sua bottega.) |
MIL. |
Il caffè non per sete, amico, si suol bere, Ma per trattenimento, per uso e per piacere. |
EMA. |
Trattenimento è questo dei sciocchi e degli oziosi Le cose per piacere non le fan che i viziosi. |
MIL. |
A me pure è diretto lo stil poco opportuno. |
EMA. |
Quando parlo di tutti, io non escludo alcuno. |
MIL. |
La verità, nol nego, ogni virtute avanza; Ma separare il vero si può dall'increanza. |
EMA. |
Tu sei un uomo ricco, tu sei nobile nato, Ma fosti d'una pasta, come son io, creato. Filosofia distingue gli sciocchi dai sapienti; Quel che creanza chiami, è ambizion delle genti. |
MIL. |
Ma tutti quei che sono nell'etica iniziati, Non usan per virtute di fare i malcreati. |
EMA. |
Trovami un uom che sappia, un uomo illuminato Che pensi alla tua foggia. |
MIL. |
Amico, io l'ho trovato. |
EMA. |
Chi è costui? |
MIL. |
Un uom saggio, che i suoi doveri intende: È Jacobbe Monduill, ch'è dotto e non pretende. |
EMA. |
Jacobbe Monduill è un ciarlator bugiardo, Chiamato per ischerno filosofo bastardo. Delle passioni umane altrui vuol porre il freno, Ed ei le ha mascherate, ma le coltiva in seno. Di madama Brindè pazzo, scorretto amante, Fa il precettore in piazza, ed in casa il galante. |
MIL. |
Come! Jacobbe aspira della Brindè all'affetto? |
EMA. |
Non vi aspira, il possiede. |
MIL. |
(Ah, mi pone in sospetto). (da sé.) |
EMA. |
Egli, quell'uom sì saggio, molle del pari e avaro, Della vedova insidia il cuore ed il danaro. E l'ignorante volgo, che a tutto presta fede, Quel ch'è passione in loro, virtù figura e crede. |
MIL. |
Qual fondamento avete per sostener tai detti? |
EMA. |
Lo so. Questo ti basti. |
MIL. |
Ponn'essere sospetti. |
EMA. |
Non mentono i miei pari. Quando per noi si dice Questa tal cosa è vera, nessun ci contradice. Una parola nostra val più di un istrumento, La fè che a noi si presta, prevale al giuramento. Jacobbe è un menzognero. È ver, perché io lo dico. (Jacobbe è un temerario. Jacobbe è un mio nemico). (da sé; entra nella bottega del caffè.) |