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Carlo Goldoni
Il geloso avaro

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SCENA VENTESIMA

 

Donna Eufemia, Don Gismondo, il Dottore, Argentina e detto.

 

EUF. Oimè!

DOTT. Cosa è stato?

ARG. Quant'oro, quant'argento per terra!

GIS. Pantalone è svenuto?

EUF. Povero mio marito!

DOTT. Il scrigno in terra! Ho paura che sia diventato matto.

EUF. Signor Pantalone, marito mio, sollevatevi per carità.

PANT. Amici, muggier, no me abbandonè.

EUF. Perché non siete venuto con vostra moglie?

PANT. Perché una muggier onorata no gh'ha bisogno della custodia de so mario.

DOTT. Perché buttare in terra lo scrigno ed i denari?

PANT. Perché se mor; e un zorno el s'ha da lassar.

GIS. Amico, parmi di vedere in voi una gran mutazione. (a Pantalone)

PANT. Muggier, (bacia la mano a donna Eufemia) sior missier, sior auditor, compatime, aiuteme, lasseme respirar. (va per andar via, si ferma a guardar lo scrigno, poi gli un calcio e parte)

DOTT. Grazie al cielo, è cambiato del tutto.

GIS. Donna Eufemia, ringraziate il cielo.

EUF. Sì lo ringrazio di cuore. La mutazione è totale; io spero di vivere più felice. Questo suo cambiamento sollecito, e quasi instantaneo, è cosa strana, è cosa che non sarebbe forse creduta, se altrui si narrasse e si rappresentasse sopra una scena. Ma niente è impossibile alla provvidenza del cielo, e molte cose accadono portentose nell'ordine istesso della natura. Vinse la mia costanza del marito la gelosia; vinsero i pericoli ed i rimorsi la sua avarizia. Ecco disingannato e convinto il più affascinato geloso, il più tenace avaro. Ecco resa contenta e felice la più sventurata donna del mondo, in grazia dell'onestà e in virtù della tolleranza.

 

Fine della Commedia.

 




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