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Carlo Gozzi
L'Augellino belverde

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Scena quarta

 

Tartagliona, regina vecchia in caricatura, e Tartaglia.

 

TARTAGLIONA

Figlio, cosí mi tratti? Ove si vide,

che dopo diciott'anni, che sta lunge

dal sen materno un figlio, giunto alfine

si perda per la corte in bagattelle,

pria di correre ansante, senza trarsi

gli stivali di gamba, e dare un bacio

sulla destra real della sua madre?

TARTAGLIA

Signora madre cara, vi scongiuro

a ritirarvi nelle vostre stanze,

ed a lasciar in pace un disperato.

TARTAGLIONA

O temerario figlio! Già ti leggo

nel profondo del cor. Di Tartagliona

figlio non sembri. Io so, che ti rincresce

di Ninetta la morte, e che piú care

avevi le tue corna, di tua madre.

Dimmi, che far dovea di quell'indegna,

se l'onor tuo tradia, se d'altra prole,

per la stirpe real, non era buona,

che di mufferli orrendi? Tu scrivesti,

che nell'arbitrio mio lasciavi intera

la tua vendetta; e poi cosí mi scacci?

Sovvengati chi son, da chi discendo,

che la regina de' Tarocchi io sono.

TARTAGLIA

Signora madre, una vecchia decrepita

qual siete voi, doveva usar prudenza.

Io sono un giovinetto poco esperto,

ed il sangue mi bolle. Scrissi allora

con trasporto di caldo, suscitato

dalle lettere vostre. Forse... basta...

So, che odiavate quella poveretta...

Non vi dico di piú. Signora madre,

vi prego a ritirarvi, e non seccate

d'un re sdegnato le filiali natiche.

TARTAGLIONA

Che sento! Oh dei! Tu non sei piú mio figlio.

Vecchia a me! Sommi dei, che ingiuria è questa!

Dunque errai nell'oprar? Dunque sepolta

non dovea rimaner la tua vergogna?

TARTAGLIA

La vergogna mio padre in voi sofferse

né vi fe' seppellir nei vostri errori.

Forsvergogna mia l'opera vostra.

TARTAGLIONA

Vergogna è il partorir figli tuoi pari.

TARTAGLIA

Chi non può partorir, muore nel parto.

Dovevate lasciar di partorirmi.

TARTAGLIONA

Ingrato! Cosí parli a chi nel ventre

ti portò pel girar di nove lune?

TARTAGLIA

Pagherò un asinello, che vi porti

per quante lune san girare in cielo.

TARTAGLIONA

Figlio disumanato! Ti ricorda,

ingratissimo figlio che, bambino,

non volli balie, e che i miei propri petti

ti diero il latte, ch'or cosí mi paghi.

TARTAGLIA

Quando passan le femmine dal latte,

io ve ne pagherò venti mastelle.

Cosí posso pagar il benefizio;

ma voi non mi potete render viva

la mia Ninetta, di Concul figliuola.

Un povero monarca, affaticato

in guerra diciott'anní, giugne al trono,

crede di riposar nel caro seno

della consorte, e trova, ch'ella è morta,

sepolta sotto il buco della scaffa.

Non ho piú moglie, amici piú non trovo;

per me non v'è piú pace in questo mondo (piange).

TARTAGLIONA

Figlio, ti vo' scusar; ma da viltade

troppo sei preso. Il tuo dolor solleva.

Giuocheremo ogni giorno a gatta cieca,

tocca ferro, a romper la pignatta,

e ti divertirai. Verrà frattanto

forse a noi la Schiavona, o Saltarei1;

io troverò consorte di te degna.

TARTAGLIA

Signora madre, burla troppo grande

fu il seppellir la mia Ninetta viva.

Giungano pur le ninfe della Bragola,

tutte le dee della calle de' Corli2;

insensibil sarò. Mi fate rabbia;

vi prego, andate via.

TARTAGLIONA

Rabbia la madre!

Scacciar la madre! O ciel, lo fulminate.

TARTAGLIA

Voi non volete andar; dove voi siete,

non ho flemma di star. Vedo, che in seno

vi si muove il catarro. Il mio rispetto

vuol, ch'io vi lasci, e me ne vada a letto (entra).

 

 

 




1 «due notissime pubbliche meretrici» (N.d.A.)



2 «la Bragola e la calle de' Corli sono a Venezia posti delle prostitute» (N.d.A.)






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