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Carlo Gozzi L'Augellino belverde IntraText CT - Lettura del testo |
Scena sesta
Tartaglia, e Tartagliona.
TARTAGLIA (fugge dalla madre).
TARTAGLIONA
Figlio, non mi fuggir.
TARTAGLIA
Signora madre,
v'ho scacciata dal cuor, piú non vi soffro;
andate a farvi seppellir, ch'è tempo.
TARTAGLIONA
O figlio d'una strega, bricconaccio, (rabbiosa)
becco cornuto, sono stanca al fine,
non voglio, che tu sposi una bastarda,
che non si sa, chi sia. Nuore non voglio,
che sien bastarde, e diventar la nonna
di qualche discendenza vergognosa.
TARTAGLIA
Io non so di bastarde, o non bastarde;
so ben, che non vorreste esser mai nonna.
Sangue di Malacoda, son monarca,
voglio sposarmi a chi mi pare, e piace,
e voi sposate il diavol, che vi porti.
TARTAGLIONA
O canaglia, birbante! Ho inteso tutto.
Io voglio far pagamento di dote,
e farti un conto al sei per cento addosso,
che ti porterò via sin le brachesse.
TARTAGLIA
Capisco, via. Questi sono consulti
di quel vostro canaglia di poeta,
che cerca farvi fare il testamento.
E voi credete, che per voi sospiri,
vecchia senza giudizio. Non vi temo.
Io vi noterò tanto d'interdetto,
vi pianterò ventiquattro conversi,
ed averò avvocati sí valenti,
che vi faran crepare sulla panca
e quel vostro poeta pidocchioso
lo caccerò coi calci nel preterito
a scriver le canzon per la regata.
TARTAGLIONA
Ben, ben, ci toccheremo le gambette.
Leverò fra mezz'ora un vadimonio,
ed a cauzion farò bollarti il regno ,
e sino i denti, ch'hai nelle mascelle.
Vedrem, se allor mi porterai rispetto.
Ah, non doveva maritarmi mai;
questo è quel, che s'acquista a far dei figli (piange).
TARTAGLIA
Andate a sequestrar Monterotondo,
e a farmi diventare un re fallito;
non bado al lagrimar dei coccodrilli.