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Carlo Gozzi
L'Augellino belverde

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Scena decima

 

Tremuoto, prodigi oscurità.

 

Calmon, statua antica, e detti.

 

CALMON

Barbarina ha ragion: Renzo apri gli occhi.

BARBARINA

O Dio, Renzo; una statua, che cammina!

Una statua, che parla!,

RENZO

È questo un caso,

che un filosofo mai nol crederebbe,

e pur è ver. Statua, mi dí, chi sei?

CALMON

Son un che un giorno visse qual tu or sei

filosofo meschin. Scoprir pretesi

degli uomini l'interno, ed uomo anch'io

vidi amor proprio in tutti esser cagione

d'ogni menoma azion. Vidi, o mi parve

farneticando di veder, ragione

schiava de' sensi, e colla mente ardita

generalmente avara, traditrice,

perversa, ingrata, tutta per se stessa,

nulla per gli altri, di veder mi parve

l'umana spezie, e del motor superno

la piú illustre fattura, la piú bella

temerario sprezzai. Tronca mi fossi

la lingua, prima di cambiare il nome

dell'eroismo d'opere pietose,

che pur vedea talor d'uomo per altr'uomo,

in quel di fanatismo, di follia,

figlia del proprio amor, nata da intenso

compiacimento borioso, e stolto.

Quante troncai bell'opre, e quanti ingrati

a' benefizi fur per mia cagione!

Qual pro, Renzo, qual pro, ridur se stesso

a sospettar di tutti, e l'eloquenza

tutta adoprar a suader le genti,

che per se stesso necessariamente

pessimo è ogni uomo, e che ragion soggetta

è degli umani sensi? Altro non vinci,

che sospetti destar in fra i viventi,

abborrimento l'un per l'altro, noia,

nimicizia perpetua. Tu piú, ch'uomo,

Renzo, non sei. S'un ti dirà, che pensa,

come di tutti gli altri tu rifletti,

sopra l'interno tuo, so, che vergogna

ti prenderà, che la tua lingua, mossa

dall'amor proprio, tenterà ogni via

di giustificazion, per farti credere

leale, liberal, pietoso, umano,

che natura in te parla, e il male abborre.

Tal dunque esser vorresti, e tal capisci,

che l'uomo esser dovrebbe, e la ragione,

non schiava a' sensi, a te distinguer lascia

qual sia mal, qual sia bene. Ama te stesso

amando gli altri, e la ragion seguendo,

dei decreti del ciel figlia, e non serva

del fragil senso, tal riescirai,

te stesso amando, quale esser vorresti.

BARBARINA

Renzo, la statua non mi sembra certo

filosofo cattivo.

RENZO

Egli è, sorella,

un filosofo statua, un moralista

rancido, marcio; ancor non ha provato,

che non opera l'uom per proprio amore.

CALMON

Fanciullo, anch'io pensai, come tu pensi,

quattrocent'anni or son. Sprezzai le genti

colle stesse tue idee. Volli usar forza,

e far, che l'opre mie non dipendessero

dall'amor di me stesso. Allor m'avvenne,

che pietra si fe' il cor, le membra tutte

mi si cambiaro in marmo, e sul terreno

caddi: ivi giacqui molti anni fra l'erba

sepolto, e il sucidume. Inutil corpo,

berzaglio fui de' passeggier, che il peso

di natura sgravar. Tal diverrebbe

ogni mortal, che contro al proprio amore,

principio d'ogni azione, oprar volesse.

RENZO

A che dunque venir con cantilene

tanto noiose, se volevi darmi

vinta la causa mia, statua ridicola?

Tutto è amor proprio dunque, tutto, tutto.

CALMON

Stolto filosofastro, tu ragioni

col linguaggio degli empi, che a' difetti,

a' vizi lor, sprezzando la fattura

dell'eterno motore onnipossente,

cercano scusa. Ov'amor proprio alberga,

compassion, pietà de' casi avversi

pel sozio alberga, brama di virtude,

timor di morte, e dell'eterne angosce.

Non adombrare il vero. È l'uomo parte

del sommo Giove, e, se medesmo amando,

ama il suo creator. Celeste forza

è amor proprio nell'uom, ma il proprio amore

nessun piú sente di colui, che, oprando

colla compassion, colla virtude,

colla pietà, felice, eterna vita,

sé nell'origin sua, nel centro suo,

amando, a sé procura, e si compiace

nella virtú, che gli empi tuoi maestri

fanatismo chiamar per propria scusa.

Verran l'ore funeste, e alle afflizioni

indispensabilmente umanitade

sensibil esser dee. Verrà il momento,

sí, pur troppo verrà, che doveranno

gli uomini averti a schifo; e allor conforto

sol ti sarà l'aver, mentre vivesti,

coltivate le idee dentro al tuo seno

di tua grandezza al tuo finir qui in terra.

Non avvezzar l'interno, i rei seguendo

filosofi maligni, a diffidenza

d'un asilo superno, ed immortale.

Leva il grugno da terra, animal sozzo,

mira il cielo, e le stelle, e il tuo pensiero

non allacciar qua giú tra i sensi, e il nulla.

BARBARINA

In somma questa statua ha del giudizio.

RENZO

Sí, sí; brava; mi piace. Ella però

non m'impedirà mai d'esser filosofo.

CALMON

Non te l'impedirò, ma nol sarai.

Debolezza nell'uomo è grande troppo.

Tu, schioccherello, il proverai fra poco.

Filosofia v'è ben, ma non filosofo.

RENZO

Alla fine chi sei, e a che venisti?

CALMON

Fui re d'uomini un giorno, ora comando

a tutti i simulacri. I miei soggetti

sono migliori assai di voi mortali,

da' viziosi filosofi corrotti.

Dagli avi vostri tratto fui dal fango,

drizzato in un giardin della cittade,

che vicina lasciaste. Il benefizio

degli avi vostri in voi, cari orfanelli,

di compensar venuto sono in traccia.

BARBARINA

Oh cara statua! Dunque conoscesti

gli ascendenti di noi? Ci narra in grazia:

di chi siam figli? Tu devi saperlo.

CALMON

Lo so, né il posso dir. Dirò soltanto,

che a un'orribil catastrofe di mali

soggetti siete: il scioglimento loro,

e la dichiarazion dell'esser vostro

dipender de' dall'Augellin belverde,

che gira intorno a Barbarina amante.

RENZO

Comincio a dubitar d'esser un sciocco,

che non sa nulla. Oscure predizioni...

Un Augellin belverde, ente, da cui

dipender de' la sorte nostra... Un uomo

fatto di marmo, che ragiona... Il capo

mi va girando... Non intendo nulla.

CALMON

Renzo, non istupir. Molti viventi

sono forse piú statue, ch'io non sono.

Tu proverai qual forza abbia una statua,

e come simulacro un uom diventi.

Quel sasso a voi dinanzi raccogliete;

tornate alla città; là di rimpetto

alla reggia il scagliate, e di meschini

ricchi sarete tosto: a' gran perigli

Calmon chiamate: io sarò vostro amico

(tremuoto, prodigi; Calmon entra).

RENZO

Calmon, sorella, ci ha lasciati orfani,

pieni di fame, e freddo, e di paura,

e con un sasso nelle mani. Oh caro!

BARBARINA (raccoglie il sasso)

Andiam, com'ei ci disse, ed alla reggia

di rimpetto il scagliamo. Vederemo

le maraviglie da Calmon promesse.

Dalle sciagure, ch'ei ci ha minacciate,

forse usciremo, e alfin nelle miserie,

se compatiti siam da chi ci ascolta,

siam fortunati, e lieti esser dobbiamo.





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