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Carlo Gozzi
L'Augellino belverde

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Scena ottava

 

Brighella, Tartagliona, e detti.

 

BRIGHELLA (piano a Tartagliona)

Labbra, di questo cor chiavi sicure,

non vi scordate i miei funesti accenti.

TARTAGLIONA (piano a Brighella)

Lascia pur fare a me. Dov'è, mio figlio,

quest'oggetto divin ch'ha tanta forza?

TARTAGLIA

Mirate in ricca, e portentosa mole

la bella aurora, anzi in meriggio il sole.

PANTALONE (a parte) (Porlo esser piú cotto? El parla insin colla so rimetta).

TARTAGLIONA

Bella; nol so negar. Figlia, io contemplo

nelle vostre fattezze un bell'oggetto

(basso a Brighella). Ora le ficco i tuoi detti tremendi.

Voi siete bella assai; ma piú bella sareste,

s'un de' pomi, che cantano, in una mano aveste.

TARTAGLIA Uh, che diavol trovate, madre antica?

PANTALONE Questo xe ben cercar el pelo in tel vovo.

BARBARINA (smaniosa a Smeraldina)

E fia possibil, Smeraldina! Ahi lassa!

Dunque il pomo, che canta, io non possiede?

SMERALDINA Non vel diss'io, che qualcosa vi manca?

TARTAGLIONA (basso a Brighella) Poeta, attento; l'opera compisco.

Figlia, voi siete bella; ma piú bella sareste,

s'acqua, che suona, e balla, nell'altra mano aveste.

TARTAGLIA Oimè, stitica madre, che trovate?

PANTALONE (a parte) (Ghe manca el pomo, che canta, e l'acqua, che sona, e balla? Ghe ne indormo alle fantasie de Cappello, barcariol, in piazzetta).

BARBARINA (furiosa)

Quai rimproveri a me? Perisca il mondo,

ma non si dica mai, ch'acqua, che balla,

ed il pomo, che canta, io non possieda (entra con impeto).

SMERALDINA

E le stelle in guazzetto, ed il sol fritto (entra).

BRIGHELLA (a parte)

(Gran forza in uman core ha vanitade,

e gran possanza ha poesia sull'alme!) (entra).

PANTALONE (da sé) El fio xe deventà pallido. La marantega giubila; me cavo dal fresco, che per un poco d'acqua, e un pomo, no vogio esser spettator su sto pergolo de tragedie, e de sangue tra mare, e fio) (entra).

TARTAGLIA

Madre tiranna, voi non siete paga,

se non fate crepare i vostri parti.

TARTAGLIONA

E che ti feci, figlio temerario?

TARTAGLIA (minaccioso).

Se non foste mia madre... Viva il cielo...

TARTAGLIONA

Fermati, scellerato; che ti feci?

TARTAGLIA

Voi per invidia dell'altrui bellezze

mandaste a rischio il mio dolce conforto

di lasciarvi la pelle. E non v'è noto,

qual sia mortal periglio il grand'acquisto

di quel musico pomo, di quell'acqua

d'oro, che suona, e balla? Brutta vecchia

mai scordate, che Berta piú non fila,

e con la cispa agli occhi, e senza denti,

superba, e vana ancora, vostro figlio

perseguitar volete insino a morte.

Che pretendete? Ch'io non abbia moglie?

O che alla fin deva sposar mia madre?

A che mi partoriste? A che nel core

non mi ficcate il spiedo dell'arrosto,

e non mangiate le infelici carni

che generaste al mondo? Io maledico

il punto, in cui da un utero sí indegno

nacqui infelice a un scettro, a un trono, a un regno

(entra collerico).

TARTAGLIONA

Pur ch'io sia salva dal destino oscuro,

che 'l poeta minaccia,

fremi pur, figlio audace, io non mi curo.

 

 

 




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