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Carlo Gozzi
L'Augellino belverde

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Scena nona

 

Sala del palagio dei gemelli.

 

Renzo con pugnale in mano nel fodero, e Truffaldino.

 

RENZO (fanatico)

Ah dimmi, Truffaldin; vedesti mai

piú bella creatura della statua

del mio giardin? Dí il ver, non adularmi.

TRUFFALDINO Adulando, loda in grado estremo quella creatura (a parte). (Che non vide un matto simile, innamorato d'una statua) (ride).

RENZO

Chiunque vederà quella bellezza,

dí, Truffaldin, non scuserà il mio amore?

TRUFFALDINO Anzi sarà lodato il suo amore da tutti; che il suo è il vero amore platonico, e non si potrà piú cantare la canzonetta:

Ma che si dia platonico

tra due di sesso vario,

s'anche venisse un diavolo,

non mel darebbe a credere.

Ch'è stato anch'egli innamorato di qualche statua, la quale però non aveva le carni tanto dure, come quella (a parte, sua derisione).

RENZO

Dimmi, quand'io piangeva inginocchiato

innanzi alla mia statua, udisti a sorte

quel, che mi disse quell'Augel belverde,

che mi comparve, e favellò sí chiaro?

TRUFFALDINO Non ha udito nulla; non sa, chi sia questo Augel belverde.

RENZO

L'Augel belverde non conosci, amante

di Barbarina? Nol vedesti, sciocco?

TRUFFALDINO Non saper nulla di queste belle maraviglie

(a parte, ride di tali amori).

RENZO

Ah, sei pur ignorante! E non vedesti

questo pugnale, che mi fu scagliato

innanzi ai piedi, mentre ch'io piangeva?

TRUFFALDINO Non sa né di voce, né di Augello, né di coltello (a parte). (Renzo esser matto, ma matto da catene ec.).

RENZO (da sé)

(Ah, che dovrò pensar sulle parole

dell'Augello belverde, che m'apparve,

che negò palesar di chi son figlio,

di soli arcani empiendomi la mente?

Quali non deggio ricusar perigli?

E quali son questi perigli estremi

per ottener, che il simulacro viva?

E qual di questo portentoso ferro

uso far deggio? Io son fuor di me stesso).

TRUFFALDINO (a parte) (L'imita in caricatura, e ride della pazzia).

 

 

 




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