VII
Ella, vedendo che l'auditore scrivente aveva deposta la
penna, aspettava di essere di nuovo interrogata dall'attuaro. Ma questo invece
si fece dare il processo verbale, e lo passò all'illustrissimo signor capitano,
il quale, dopo averlo letto attentamente, si alzò e così disse alla contessa :
- Il tribunale ha compiuto l'ufficio; dolente per un lato di
avervi sottoposta a gravi disturbi, felice per l'altro di aver consolato queste
aule dove risuona di continuo la voce della colpa, d'averle consolate, dico,
colla vostra presenza, colla vostra coraggiosa franchezza, coi vostri savj
ragionamenti, colle vostre calde preghiere. Spero che vi sarete fatta capace
della necessità che si aveva di sentirvi in giudizio di presenza. Se il vostro
senno e le vostre fervide sollecitazioni potranno far sì che la giustizia, per
quanto spontaneamente solerte, pure accresca il suo zelo, e, messa in guardia
dai vostri consigli, scopra il lato giusto e sorprenda il varco che mette alla
scoperta della verità, voi stessa dovrete ringraziare l'eccellentissimo nostro
Senato se da Venezia vi ha obbligata a venire tra noi.
Così dicendo, si mosse dalla seggiola, si accostò a quella
dove stava donna Clelia, le porse il braccio a sorgere, e insieme con lei venne
a donna Paola, la quale strinse affettuosamente la mano alla contessa.
Così e l'una e l'altra furono accompagnate fino al capo
dello scalone, dove il signor capitano marchese Recalcati, con un profondo inchino,
le lasciò. E donna Clelia, che nel punto in cui la carrozza entrò nel palazzo
s'era sentita a coprire il cuore per ribrezzo, provò in quel momento una
soddisfazione insolita, una compiacenza, di cui da molto tempo non aveva
provata l'eguale. Così avviene spesso nelle cose di questo mondo; e in quel
modo che dagli indizj di felicità scaturisce talvolta l'affanno, le paurose
aspettazioni si convertono sovente in occasioni di contento. Intanto uno de'
servi, già salito con esse, discese a far venire la carrozza ai pie' dello
scalone e a tener aperto lo sportello. Le donne salirono, adocchiate da cento
curiosi che s'erano affollati lì presso; e tosto lo scalino fu ripiegato con
rumore, lo sportello si richiuse con solennità, il servitore salì a far compagnia
al collega. Il cocchiere sollecitò i cavalli, e di rumor di ruote e di scalpiti
risuonò tutto il palazzo all'uscire del carrozzone patrizio.
Ma quello non era giunto in piazza Fontana, che tosto svoltò
nel cortile un altro carrozzone non patrizio, ma che era un rappresentante
legittimo del popolo; un carrozzone da nolo, dalla cassetta del quale, dove
s'era assiso baldanzosamente insieme al cocchiere, discese un domestico colle
gambe arcuate, portante una livrea azzurra passamantata di rosso fuoco, la quale
gli scendeva fino ai piedi, ad attestare come essa, senza fargli carico della
statura, apparteneva, nè più nè meno del carrozzone, a tutto il rispettabile
pubblico pagante.
E il domestico disceso ad aprir la portiera era nientemeno
che l'amico Zampino del teatrino Ducale, e la signora che ne uscì era la
ballerina Gaudenzi, a cui tenne dietro l'indispensabile zia.
Alla celebre danzatrice trattenutasi a Milano con permesso
scritto e sottoscritto dagl'ispettori del teatro di san Moisè di Venezia,
scadeva in quel dì appunto il termine estremo, onde il giorno dopo doveva
partire per Venezia. Ella veniva a trovare il signor Lorenzo Bruni, che stava
adempiendo alla sua quarantena là dentro, e raccomandato dal
ministro-governatore, vi era anche ben trattato, avuto riguardo alla qualità
della locanda. Quelle visite della Gaudenzi si rinnovavano spesso, e siccome
essa largheggiava di mancie a dritta e a sinistra, così accorse il custode del
palazzo appena ella discese; accorsero gli uscieri appena ella salì; accorsero
i secondini appena ella si mostrò all'anticamera del signor carceriere in capo.
Ed or lasciamola andare al suo destino, chè la raggiungeremo tra poco.
Nel cortile trovavasi contemporaneamente una mano di
giovinotti buontemponi, con cui ci siam già affiatati altra volta al caffè del
Greco, ci pare al mercoledì grasso; e che, se non è assolutamente necessario,
non è nemmeno tempo gettato a sentirli anch'essi, e tanto più che ci troviamo
avere a' nostri comodi un quarticello di ricreazione.
Era dunque la solita compagnia del caffè del Greco,
trascinata dall'ozio e dalla curiosità fino al Capitano di Giustizia per
appurare le notizie del giorno indietro e per raccogliere quelle della
giornata, un po' tempestando il custode, un po' qualche usciere che per caso
discendesse; un po' qualche assessore, o auditore, o notajo, o scrivano amico.
Tra quella schiera di buontemponi felici, si trovava, già s'intende, anzi stava
a capo di tutti, quel chiacchierone indomabile che già vedemmo seduto colla
paletta in mano al braciere d'inverno del caffè.
- Ma sapete che è una giornata curiosa questa! (era esso che
parlava). Il palazzo del Capitano di giustizia ha cambiato faccia... e se la va
innanzi di tal passo, il teatrino si trasloca qui. Carrozzoni con tre livree,
contesse in gran gala, conti e contini e baroncini e marchesini che passeggiano
su e giù per gli atri e per le scale. (Erano infatti i nobili praticanti e i
patrocinatori dei carcerati). Per ultimo ballerine col carrozzone del teatro...
è qui Zampino in persona, Zampino in livrea... Sta a vedere che fra poco questo
cortile sarà la platea, e le celle dei detenuti saranno i palchetti. Ma va
benissimo così. È assai meglio che il palazzo di Giustizia metta il parrucchino
e il belletto e diventi allegro come il palco scenico di quello che presentano
le tragedie asmatiche di Corneille; men male quelle di Racine, il quale par che
faccia il disperato o pianga per diporto, tanto è calcolato in tutto, onde si
direbbe che paga il fiaschetto delle lagrime un tanto all'oncia.
- Ma cosa fai qui, Zampino, e come puoi abbandonare il
teatro?
- Meglio servitore di carrozza, che servitore di palco
scenico, quando non è stagione di carnevale. Allora gli artisti son tutti di
cartello, e pagano senza contare... Adesso sono straccioni che non han di
proprio nemmen le maglie; perciò di giorno servo il carrozzone del comune e
conduco in giro i forestieri... Men male però stavolta che s'è fermata a
Milano... questa cara bionda, la quale non guarda pel sottile... e insieme coi
denari vien anche roba e cibo e vino... Ah... questa ragazza e il signor
Amorevoli, per far star bene chi li serve, non c'è chi li somigli.
- A proposito, che è avvenuto del tenore?...
- È a Venezia... ed or sa Dio quando tornerà, perchè quando
un tenore di quella vaglia, piglia il volo, chi può sapere dove andrà a finire?
Inviti di qua, inviti di là, se poi vanno alla Corte di Francia, o alla Corte
di Spagna, o alla Corte di Vienna... a rivederci all'altro mondo... E dire che
m'aveva promesso di condurmi con lui... perchè gli piaceva il mio servizio...
ma... È stato un tal diavolo a quattro questo carnovale passato, con tante
disgrazie... che... basta!... Ora son qui.
- Povero Zampino, e cosa viene a fare in questi luoghi la
tua bionda?
- Bella domanda! a trovar il signor Bruni, il violino di
spalla... e lo sposerà, appena uscirà all'aperto. Sì, signori. Così rimarranno
con tanto di naso quei cari cicisbei spasimanti che credevano abbagliarla collo
specchietto degli anelli di brillante e coi titoloni; e va benissimo, e mi
fanno ridere questi ruba occhiate... Ma il signor Bruni è un altro galantuomo
che paga bene.... e che è quel che si direbbe una mosca bianca fra i
suonatori... bollettoni eterni che portano in deposito al pignoratario persino
il contrabasso e il corno quando non c'è teatro, e non sono chiamati a far
baldoria a qualche festa di chiesa di campagna.
Tutta la brigata volle smascellarsi dal ridere a codesta
espansione furibonda del nano Zampino contro gli stracci teatrali; ma vedendo
che scendeva dallo scalone un auditore, il quale era uno degli amici, furon
tutti colà a tempestarlo di domande:
- E così? non si sa nulla della contessa che fu lasciata
partire com'è entrata?
- E che diavolo! volevate che le si mettessero le manette
come a un borsaiuolo?
- Chi ha mai pensato e detto questo? entrava lesto il
chiacchierone; io anzi ho sempre detto che a
mandar a prender la contessa per forza, la giustizia avrebbe fatto un buco
nell'acqua.
- E se non la si fosse mandata a pigliare, avreste detto che
erano i soliti riguardi paurosi che l'autorità ha verso i titolati.
- E voi altri dottoroni della legge, per far vedere che
siete uomini integerrimi, avete cominciato a dar prova d'imparzialità
precisamente dove non occorreva... Così siete caduti dalla padella nella brace!
- Che brace e che padella?
- Brace e padella, sì... Prima si poteva dire che eravate
maligni ma acuti, oggi si può dire che siete galantuomini ma balordi... Ma già
è un destino che non abbiate a imbroccarne mai una.
- Taci, taci, buontempone... che se il mondo dovesse
regolarsi a chiacchiere.... tu saresti il Giove in cipria; fortuna che ti si
lascia dire e dire... e chi deve fare fa, senza il tuo parere...
- E per questo le cose camminano come camminano; piuttosto è
che ad un bisogno sapete essere e bricconi e balordi - così si pigliano più
piccioni a un favo... bravissimi! e mentre s'importuna la Repubblica di Venezia
per importunare la contessa che stava benissimo là col suo bel tenore... qui
non si pensa che il conte F... è il fratello del marchese; e che, data pure per
assurda e impossibile la presunzione, sentirlo in giudizio, bisognava ben
sentirlo... Ma invece... se il conte F... fosse morto da cento anni non si
potrebbe dimenticarlo meglio...
- E puoi tu dire di sapere quel che si farà?
- Che cosa so io?... Quand'anche si finisse coll'impiccarlo,
la giustizia avrebbe sempre il torto di avere
aspettato troppo tardi... E poi che bel merito... Di qui soffia uno e discopre
gli altarini, di là l'avvocato Agudio spicca un libello e mette sossopra la
città, e cerca e trova testimonj. Capisco anch'io che a questo modo, a calci
nel sedere, dee camminar la giustizia anche a Milano... Oh ci vuol proprio un
gran merito...
- Ma intanto il cameriere dei Tre Re....
- Che cameriere?
- Diavolo, tu che sai tutto... non sai che il testimonio
ingaggiato dall'avvocato Agudio è il cameriere dei Tre Re? e domani sarà messo
agli interrogatorj un altro cameriere che si mandò a pigliare fino a Cremona?
- Oh ora va bene... e questo primo cameriere?...
- Fu messo alle strette... e disse che il lacchè Suardi
trovavasi in Milano e bazzicò più volte all'albergo nella settimana grassa.
Questo basta perchè il Galantino sia trovato in mendacio... basta, cioè, sino
ad un certo segno... perchè poi c'è un altro guajo...
- Che guajo?
- Che nel punto in cui il cameriere doveva confermar tutto
con giuramento, ei fece di tratto un gran passo indietro e protestò che la
memoria poteva forse ingannarlo... e in ogni modo non sapea risolversi a
giurare a danno altrui... e qui non c'è nè che dire nè che fare... Ma domani si
sentirà l'altro... e se mai parlasse come questo... e per soprappiù giurasse...
e, messo in confronto col Galantino... Basta, vedremo... Ora tu continua a dire
che noi vogliamo chiuder la porta al vero, e tener mano a' birbanti. Il
contrattempo sai tu piuttosto in che consiste? consiste in ciò che il conte
F... è a malissimo partito. Ma voi... mi fate perder tempo, mentre sono
aspettato in Pretorio. Addio, buone lane.
E l'auditore partì, e la brigata, salutato il Zampino, se ne
andò, indovinate dove?... verso le parti di Santa Maria Podone, per raccogliere
notizie intorno alla salute del conte F... Ma non avevan voltato il canto di
Santa Maria Fulcorina, che sentirono a qualche distanza i suoni intermittenti
di un campanello scosso a mano, una voce acuta che spiccava nel silenzio, per
esser tosto seguita dal rumore di cento voci. Sancta Maria, acclamava la voce
bianca; ora pro eo, rispondeano le altre in sordo brontolìo. E il campanello
intercalavasi a quelle voci: Salus infirmorum, ora pro eo - Refugium
peccatorum, ora pro eo - Consolatrix afflictorum, ora pro eo... e così finchè i
nostri compagni giunsero in veduta del santissimo Viatico, il quale entrò nel
portone di casa F...
- Si vede che il conte non sta benissimo di salute, disse
ridendo il più assiduo interlocutore. Ora guardate, che, allorquando un uomo è
nato sotto la protezione della ruffiana fortuna, muore nel punto preciso che la
morte è un colpo orbo alla bassetta.
Ma per vedere in qual condizione si trovi precisamente il
moribondo conte, entriamo anche noi in casa F... insieme col Viatico.
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