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Giuseppe Rovani
Cento anni

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  • LIBRO QUINTO
    • VII
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VII

Ella, vedendo che l'auditore scrivente aveva deposta la penna, aspettava di essere di nuovo interrogata dall'attuaro. Ma questo invece si fece dare il processo verbale, e lo passò all'illustrissimo signor capitano, il quale, dopo averlo letto attentamente, si alzò e così disse alla contessa :

- Il tribunale ha compiuto l'ufficio; dolente per un lato di avervi sottoposta a gravi disturbi, felice per l'altro di aver consolato queste aule dove risuona di continuo la voce della colpa, d'averle consolate, dico, colla vostra presenza, colla vostra coraggiosa franchezza, coi vostri savj ragionamenti, colle vostre calde preghiere. Spero che vi sarete fatta capace della necessità che si aveva di sentirvi in giudizio di presenza. Se il vostro senno e le vostre fervide sollecitazioni potranno far sì che la giustizia, per quanto spontaneamente solerte, pure accresca il suo zelo, e, messa in guardia dai vostri consigli, scopra il lato giusto e sorprenda il varco che mette alla scoperta della verità, voi stessa dovrete ringraziare l'eccellentissimo nostro Senato se da Venezia vi ha obbligata a venire tra noi.

Così dicendo, si mosse dalla seggiola, si accostò a quella dove stava donna Clelia, le porse il braccio a sorgere, e insieme con lei venne a donna Paola, la quale strinse affettuosamente la mano alla contessa.

Così e l'una e l'altra furono accompagnate fino al capo dello scalone, dove il signor capitano marchese Recalcati, con un profondo inchino, le lasciò. E donna Clelia, che nel punto in cui la carrozza entrò nel palazzo s'era sentita a coprire il cuore per ribrezzo, provò in quel momento una soddisfazione insolita, una compiacenza, di cui da molto tempo non aveva provata l'eguale. Così avviene spesso nelle cose di questo mondo; e in quel modo che dagli indizj di felicità scaturisce talvolta l'affanno, le paurose aspettazioni si convertono sovente in occasioni di contento. Intanto uno de' servi, già salito con esse, discese a far venire la carrozza ai pie' dello scalone e a tener aperto lo sportello. Le donne salirono, adocchiate da cento curiosi che s'erano affollati presso; e tosto lo scalino fu ripiegato con rumore, lo sportello si richiuse con solennità, il servitore salì a far compagnia al collega. Il cocchiere sollecitò i cavalli, e di rumor di ruote e di scalpiti risuonò tutto il palazzo all'uscire del carrozzone patrizio.

Ma quello non era giunto in piazza Fontana, che tosto svoltò nel cortile un altro carrozzone non patrizio, ma che era un rappresentante legittimo del popolo; un carrozzone da nolo, dalla cassetta del quale, dove s'era assiso baldanzosamente insieme al cocchiere, discese un domestico colle gambe arcuate, portante una livrea azzurra passamantata di rosso fuoco, la quale gli scendeva fino ai piedi, ad attestare come essa, senza fargli carico della statura, apparteneva, più meno del carrozzone, a tutto il rispettabile pubblico pagante.

E il domestico disceso ad aprir la portiera era nientemeno che l'amico Zampino del teatrino Ducale, e la signora che ne uscì era la ballerina Gaudenzi, a cui tenne dietro l'indispensabile zia.

Alla celebre danzatrice trattenutasi a Milano con permesso scritto e sottoscritto dagl'ispettori del teatro di san Moisè di Venezia, scadeva in quel appunto il termine estremo, onde il giorno dopo doveva partire per Venezia. Ella veniva a trovare il signor Lorenzo Bruni, che stava adempiendo alla sua quarantena dentro, e raccomandato dal ministro-governatore, vi era anche ben trattato, avuto riguardo alla qualità della locanda. Quelle visite della Gaudenzi si rinnovavano spesso, e siccome essa largheggiava di mancie a dritta e a sinistra, così accorse il custode del palazzo appena ella discese; accorsero gli uscieri appena ella salì; accorsero i secondini appena ella si mostrò all'anticamera del signor carceriere in capo. Ed or lasciamola andare al suo destino, chè la raggiungeremo tra poco.

Nel cortile trovavasi contemporaneamente una mano di giovinotti buontemponi, con cui ci siam già affiatati altra volta al caffè del Greco, ci pare al mercoledì grasso; e che, se non è assolutamente necessario, non è nemmeno tempo gettato a sentirli anch'essi, e tanto più che ci troviamo avere a' nostri comodi un quarticello di ricreazione.

Era dunque la solita compagnia del caffè del Greco, trascinata dall'ozio e dalla curiosità fino al Capitano di Giustizia per appurare le notizie del giorno indietro e per raccogliere quelle della giornata, un po' tempestando il custode, un po' qualche usciere che per caso discendesse; un po' qualche assessore, o auditore, o notajo, o scrivano amico. Tra quella schiera di buontemponi felici, si trovava, già s'intende, anzi stava a capo di tutti, quel chiacchierone indomabile che già vedemmo seduto colla paletta in mano al braciere d'inverno del caffè.

- Ma sapete che è una giornata curiosa questa! (era esso che parlava). Il palazzo del Capitano di giustizia ha cambiato faccia... e se la va innanzi di tal passo, il teatrino si trasloca qui. Carrozzoni con tre livree, contesse in gran gala, conti e contini e baroncini e marchesini che passeggiano su e giù per gli atri e per le scale. (Erano infatti i nobili praticanti e i patrocinatori dei carcerati). Per ultimo ballerine col carrozzone del teatro... è qui Zampino in persona, Zampino in livrea... Sta a vedere che fra poco questo cortile sarà la platea, e le celle dei detenuti saranno i palchetti. Ma va benissimo così. È assai meglio che il palazzo di Giustizia metta il parrucchino e il belletto e diventi allegro come il palco scenico di quello che presentano le tragedie asmatiche di Corneille; men male quelle di Racine, il quale par che faccia il disperato o pianga per diporto, tanto è calcolato in tutto, onde si direbbe che paga il fiaschetto delle lagrime un tanto all'oncia.

- Ma cosa fai qui, Zampino, e come puoi abbandonare il teatro?

- Meglio servitore di carrozza, che servitore di palco scenico, quando non è stagione di carnevale. Allora gli artisti son tutti di cartello, e pagano senza contare... Adesso sono straccioni che non han di proprio nemmen le maglie; perciò di giorno servo il carrozzone del comune e conduco in giro i forestieri... Men male però stavolta che s'è fermata a Milano... questa cara bionda, la quale non guarda pel sottile... e insieme coi denari vien anche roba e cibo e vino... Ah... questa ragazza e il signor Amorevoli, per far star bene chi li serve, non c'è chi li somigli.

- A proposito, che è avvenuto del tenore?...

- È a Venezia... ed or sa Dio quando tornerà, perchè quando un tenore di quella vaglia, piglia il volo, chi può sapere dove andrà a finire? Inviti di qua, inviti di , se poi vanno alla Corte di Francia, o alla Corte di Spagna, o alla Corte di Vienna... a rivederci all'altro mondo... E dire che m'aveva promesso di condurmi con lui... perchè gli piaceva il mio servizio... ma... È stato un tal diavolo a quattro questo carnovale passato, con tante disgrazie... che... basta!... Ora son qui.

- Povero Zampino, e cosa viene a fare in questi luoghi la tua bionda?

- Bella domanda! a trovar il signor Bruni, il violino di spalla... e lo sposerà, appena uscirà all'aperto. Sì, signori. Così rimarranno con tanto di naso quei cari cicisbei spasimanti che credevano abbagliarla collo specchietto degli anelli di brillante e coi titoloni; e va benissimo, e mi fanno ridere questi ruba occhiate... Ma il signor Bruni è un altro galantuomo che paga bene.... e che è quel che si direbbe una mosca bianca fra i suonatori... bollettoni eterni che portano in deposito al pignoratario persino il contrabasso e il corno quando non c'è teatro, e non sono chiamati a far baldoria a qualche festa di chiesa di campagna.

Tutta la brigata volle smascellarsi dal ridere a codesta espansione furibonda del nano Zampino contro gli stracci teatrali; ma vedendo che scendeva dallo scalone un auditore, il quale era uno degli amici, furon tutti colà a tempestarlo di domande:

- E così? non si sa nulla della contessa che fu lasciata partire com'è entrata?

- E che diavolo! volevate che le si mettessero le manette come a un borsaiuolo?

- Chi ha mai pensato e detto questo? entrava lesto il chiacchierone; io anzi ho sempre detto che a mandar a prender la contessa per forza, la giustizia avrebbe fatto un buco nell'acqua.

- E se non la si fosse mandata a pigliare, avreste detto che erano i soliti riguardi paurosi che l'autorità ha verso i titolati.

- E voi altri dottoroni della legge, per far vedere che siete uomini integerrimi, avete cominciato a dar prova d'imparzialità precisamente dove non occorreva... Così siete caduti dalla padella nella brace!

- Che brace e che padella?

- Brace e padella, sì... Prima si poteva dire che eravate maligni ma acuti, oggi si può dire che siete galantuomini ma balordi... Ma già è un destino che non abbiate a imbroccarne mai una.

- Taci, taci, buontempone... che se il mondo dovesse regolarsi a chiacchiere.... tu saresti il Giove in cipria; fortuna che ti si lascia dire e dire... e chi deve fare fa, senza il tuo parere...

- E per questo le cose camminano come camminano; piuttosto è che ad un bisogno sapete essere e bricconi e balordi - così si pigliano più piccioni a un favo... bravissimi! e mentre s'importuna la Repubblica di Venezia per importunare la contessa che stava benissimo col suo bel tenore... qui non si pensa che il conte F... è il fratello del marchese; e che, data pure per assurda e impossibile la presunzione, sentirlo in giudizio, bisognava ben sentirlo... Ma invece... se il conte F... fosse morto da cento anni non si potrebbe dimenticarlo meglio...

- E puoi tu dire di sapere quel che si farà?

- Che cosa so io?... Quand'anche si finisse coll'impiccarlo, la giustizia avrebbe sempre il torto di avere aspettato troppo tardi... E poi che bel merito... Di qui soffia uno e discopre gli altarini, di l'avvocato Agudio spicca un libello e mette sossopra la città, e cerca e trova testimonj. Capisco anch'io che a questo modo, a calci nel sedere, dee camminar la giustizia anche a Milano... Oh ci vuol proprio un gran merito...

- Ma intanto il cameriere dei Tre Re....

- Che cameriere?

- Diavolo, tu che sai tutto... non sai che il testimonio ingaggiato dall'avvocato Agudio è il cameriere dei Tre Re? e domani sarà messo agli interrogatorj un altro cameriere che si mandò a pigliare fino a Cremona?

- Oh ora va bene... e questo primo cameriere?...

- Fu messo alle strette... e disse che il lacchè Suardi trovavasi in Milano e bazzicò più volte all'albergo nella settimana grassa. Questo basta perchè il Galantino sia trovato in mendacio... basta, cioè, sino ad un certo segno... perchè poi c'è un altro guajo...

- Che guajo?

- Che nel punto in cui il cameriere doveva confermar tutto con giuramento, ei fece di tratto un gran passo indietro e protestò che la memoria poteva forse ingannarlo... e in ogni modo non sapea risolversi a giurare a danno altrui... e qui non c'è che dire che fare... Ma domani si sentirà l'altro... e se mai parlasse come questo... e per soprappiù giurasse... e, messo in confronto col Galantino... Basta, vedremo... Ora tu continua a dire che noi vogliamo chiuder la porta al vero, e tener mano a' birbanti. Il contrattempo sai tu piuttosto in che consiste? consiste in ciò che il conte F... è a malissimo partito. Ma voi... mi fate perder tempo, mentre sono aspettato in Pretorio. Addio, buone lane.

E l'auditore partì, e la brigata, salutato il Zampino, se ne andò, indovinate dove?... verso le parti di Santa Maria Podone, per raccogliere notizie intorno alla salute del conte F... Ma non avevan voltato il canto di Santa Maria Fulcorina, che sentirono a qualche distanza i suoni intermittenti di un campanello scosso a mano, una voce acuta che spiccava nel silenzio, per esser tosto seguita dal rumore di cento voci. Sancta Maria, acclamava la voce bianca; ora pro eo, rispondeano le altre in sordo brontolìo. E il campanello intercalavasi a quelle voci: Salus infirmorum, ora pro eo - Refugium peccatorum, ora pro eo - Consolatrix afflictorum, ora pro eo... e così finchè i nostri compagni giunsero in veduta del santissimo Viatico, il quale entrò nel portone di casa F...

- Si vede che il conte non sta benissimo di salute, disse ridendo il più assiduo interlocutore. Ora guardate, che, allorquando un uomo è nato sotto la protezione della ruffiana fortuna, muore nel punto preciso che la morte è un colpo orbo alla bassetta.

Ma per vedere in qual condizione si trovi precisamente il moribondo conte, entriamo anche noi in casa F... insieme col Viatico.

 




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