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Giuseppe Rovani
Cento anni

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  • LIBRO SESTO
    • I
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I

Sono trascorsi sedici anni. Saltano fanciulli e parlano adolescenti di cui i genitori nel 1750 o non si conoscevan tra loro affatto, o non sapevano di dover diventare marito e moglie, o i loro nomi non erano stati ancor gridati da nessuna balaustra di altar maggiore; son giovinotti maturi quelli che alla metà del secolo, non avendo che venti anni, eran chiamati fanciulli dai giovinotti maturi del loro tempo. Le belle donne che, allora nella canicola dei venticinque anni, facevano girar la testa a chi le avvicinava, ora hanno varcato il quarantesimo anno, e qualche ruga incipiente ha fatto cadere, a loro dispetto, il termometro fin quasi a zero; e non osano più sfidare le lucide e bianche mattine, e molto meno il perfido sole di mezzogiorno, ma amano di preferenza le luci artificiali, modificate dalle seriche cortine piuttosto color rosso o rosa o violaceo, che gialle e verdi; e, se escono a passeggi sollazzevoli, benedicono gli smorenti crepuscoli, incaricati di gettare una benefica confusione tra i confini che dividono la gioventù dalla maturanza! E chi era maturo ora è vecchio e chi vecchio è decrepito: l'avvocato Agudio, per esempio, non può più recarsi nemmeno in carrozza in lettiga al collegio dei giureconsulti, e, obbligato al letto dal femore cronicamente offeso, serba però ancora lucidissima la mente e inesauribile la dottrina legale, e consulti a chi ne vuole. Il dottor Bernardino Moscati si fa ajutare dal figlio Pietro e il giovinetto Giambattista Paletta lascia la giurisprudenza per la chirurgia superiore. Il pittor Londonio ha sparpagliato per tutta Lombardia una popolazione di vacche e buoi e asini e capre con tanta verità e in tale quantità, da essere chiamato in questo genere il primo pittore del suo tempo. Pietro Verri non è più il destituito patrocinatore dei carcerati, ma un ex-ufficiale ripatriato, e, da cinque mesi, consigliere del consiglio supremo d'economia; e Beccaria non è più fanciullo, ma un giovane di trent'anni, già rinomato in tutt'Italia e in tutt'Europa per un libro che fu alla scienza del diritto quello che molti anni dopo fu la pila di Volta alle scienze fisiche. E giacchè l'accennare a questo libro, insieme col libro ci fa uscire da Milano e dall'Italia, voglia ricordarsi il lettore che poco oltre la metà dei tre lustri decorsi erasi pubblicata a Parigi l'Enciclopedia, a gettare in tutto il mondo un filo di congiunzione e di fratellanza tra tutti gli uomini del pensiero, quel pensiero che irretì e dominò e generò poi l'azione. Federico II aveva fatto le sue grandi prove di valore nella guerra de' sette anni; ma la preponderanza del pensiero cominciava ad essere così invadente, che il re soldato pareva spesse volte un suddito al cospetto dell'ironia dissolvente di Voltaire, il Mefistofele in carne ed ossa, al cui confronto impallidisce e si dilegua il postumo ideale del poeta di Weimar. E il genio del sentimento, intinto di pazzia e armato di sofisma, aveva già dettato a Rousseau tutti i suoi capolavori e il Contratto sociale, in cui stava il germe di Robespierre e la profezia della rivoluzione francese; ed era morto papa Lambertini, l'epigrammatica sapienza, ed eragli successo colui che doveva essere perpetuato dal genio di Canova; e giacchè la chiesa ci allarga a tutto il mondo, voglia ricordarsi il lettore, per farsi un'idea del colore e della densità dell'atmosfera ond'è tutt'all'intorno vastamente circondata la nostra piccola sfera drammatica, voglia ricordarsi che, nel frattempo da noi saltato, l'Inghilterra aveva già fondata la sua compagnia nelle Indie, e cercato di sottrarre le mogli indiane al rogo volontario, e i fanatici al carro di Jaggernath; mentre Spagna aveva ordinato il battesimo ai Cinesi delle Manille, quasi nel tempo stesso che scopriva il nuovo Messico ed ordinava il censimento delle Filippine; e voglia ricordarsi che Caterina II era successa a Pietro III sul trono di Russia, ed erasi fatta la pace tra la Svezia, la Prussia e la Russia; e un'altra ne facevano Austria, Prussia e Sassonia, e un'altra ancora Inghilterra, Francia e Spagna; e a proposito di Spagna e Francia, i gesuiti della seconda avean deposto l'abito regolare, mentre quelli della prima erano stati mandati per mare nelle terre del papa; che nell'anno anteriore a quello a cui ci troviamo oggi colla nostra storia, cominciò l'insurrezione delle Colonie Inglesi nell'America settentrionale quando appunto era uscita l'opera Dei Delitti e delle Pene. Due fatti che non hanno in apparenza parentela nessuna, ma che pure, in così diverso modo, vengono a mostrare la scienza dell'uomo solitario e l'istinto delle moltitudini, anelanti alla riconquista del diritto razionale e naturale. Ma se il nome di Beccaria ci fece uscir da Milano, ora con lui dalle lontane regioni dei due mondi, colla velocità quasi della luce, rivoliamo in casa nostra, a tener dietro ai personaggi a noi già famigliari, che cangiarono età, aspetto, condizione, fortuna; e a far la conoscenza dei nuovi, per dominare così gli atteggiamenti di due generazioni.

Ed ora si ripigli il filo del quale abbiam reciso un capo.

È probabile che taluno dei più fantasiosi tra i nostri lettori qualche volta abbia pensato, come sarebbe vario e bizzarro e proficuo, se fosse possibile, lo spettacolo che si presenterebbe a chi avesse facoltà in un dato punto di simultaneamente girar l'occhio e penetrare nell'interno di più luoghi e di più dimore, ad assistere dall'alto alla varietà delle scene e delle azioni di molti uomini intenti a disparate cose in uno stesso momento. Tale spettacolo, che è e fu sempre un assurdo impossibile se non nelle ballate nordiche o nelle leggende del medio evo, noi vogliamo presentarlo a' nostri lettori oggi, senza essere maghi e senz'avere nessuna scopa ai nostri comandi; e questo ne giova, perchè sorprendendo alcuni de' nostri personaggi di antica conoscenza e alcuni de' personaggi nuovi in quell'attitudine onde ci si mostreranno, vedremo, senza perder tempo, che intenzioni hanno e da che punto prendon le mosse, e a che accennino.

Collochiamoci dunque in alto, e volgiamo l'occhio ad osservare le molteplici macchiette delle figure che stanno e s'agitano e formicolano al basso.

Gettiamo lo sguardo nella camera di ricevimento di donna Paola, e la vedremo impegnata in un dialogo seriissimo con una dama, dell'età press'a poco come la sua, e che è la contessa Arese, conservatrice del monastero di san Filippo Neri.

E se dopo gli occhi, vogliamo far lavorare gli orecchi, ecco quel che al lettore potrà giovare per conoscere di che si tratta. Così dunque sta parlando la contessa Arese:

- Io ho creduto bene, donna Paola, di renderla avvisata di questa grave circostanza. La fanciulla è troppo bella, vivace e troppo ardente, perchè la si possa trattenere più oltre in mezzo alle altre educande, e tanto più con quell'inconveniente che le ho detto. D'altra parte, proibirle di passeggiare in giardino insieme colle sue compagne, prendere per lei misure particolari, sarebbe un gettare lo scandalo nel convento, sarebbe mettere in allarme tutti i parenti delle fanciulle... Giacchè dunque la ragazza è già per varcare i quindici anni, io sarei di parere che vostra signoria, nella sua saviezza, la levasse di , e la tenesse qui sotto ai suoi occhi.

- La ringrazio, contessa, dell'avviso e del consiglio, risponde donna Paola; ma non è cosa che si possa fare con precipitazione. Se colui, ch'ella dice, ha fatto acquisto della casa e del giardino contiguo al convento con manifesta intenzione di gettare insidie alla ragazza, mi pare che all'amministrazione del convento, pel pericolo a cui potrebbero essere esposte tutte le monache e le educande in conseguenza di questa comunicazione immediata coll'altrui dimora, potrebbe far murare una cinta ed isolare il monastero affatto. Io stessa ne farà parola... Intanto, domani che è giovedì, parlerò alla ragazza; sentirò, e vedrò poi, di pieno accordo colla signoria vostra, quello che si dovrà fare.

Ma in questo punto, in cui la nobile conservatrice del monastero di san Filippo sta parlando con donna Paola, noi, girando l'occhio e facendolo penetrare entro al monastero stesso, possiamo vedere una fanciulla trattenersi nel dormitorio, mentre le sue compagne educande ne escono a coppie; indugiarsi un momento davanti uno specchio, accarezzarsi le chiome quasi a migliorare la gretta acconciatura del convento, levarsi il grembialetto di levantina nera, assottigliarsi la vita stringendo la cintura oltre il punto voluto dalla governante del dormitorio; e, fatto questo, accostarsi al proprio letto, tirar la stringa della fodera del guanciale, levarne un gelsomino appassito, odorarlo, con una inspirazione lenta, estatica, voluttuosa, che finisce in un lungo sospiro; poi rimetterlo di furto, guardandosi in torno, sotto la copertina del guanciale, e con passo lieve lieve e quasi trasvolante uscir dal dormitorio, discender le scale e farsi colle compagne, baciando sulla guancia la prima che le si fa incontro, ma con un trasporto e con un atto così particolare e curioso, che sembra quasi che, baciando materialmente quella faccia, coll'intelletto del senso ne baci un'altra.

Tentare di tradurre al vivo il profumo incantevole, la vaghezza, diremo, trasparente, ma che parrebbe voler dissimulare i tratti più risentiti di quell'adolescente beltà; rendere quella grazia lieve e quasi fuggitiva e che lascia indovinare come, scorrendo qualche lustro, ella potrebbe forse ritrarsi per lasciar luogo a forme più compiute, più sode, più solenni; tentare adunque di tradurre ciò in sembianza di verità viva, è impossibile. Anche ai pittori è malagevole più che mai il far ritratto della beltà femminile adolescente; forse perchè presenta il fenomeno d'un'assidua ineguaglianza.

Ma nel punto che questo lavoro ineffabile della natura artefice bacia il volto della fanciulla compagna, lungi da Milano, a Bologna, in una delle aule assegnate alla facoltà matematica, la laureata contessa Clelia V..., seduta nella cattedra, sta leggendo ad un uditorio di trentacinque giovani studenti le seguenti parole:

"Galilæus ad Magni Verulamii votum deterso scholarum situ veterum geometrarum severitate ratiocinari homines edocuit, et quadam veluti expeditione in lunam, venerem, solem, jovem, et fixas usque feliciter absoluta, ad reformandam physicam et mechanicam delapsus genuina principia aperuit, quibus problemata motus omnia expedirentur, ecc."

E intanto che la laureata contessa sta recitando la sua prolusione, a Monaco, nella casa vicina al teatro, il tenore Amorevoli, in variopinta veste da camera, sta scorrendo questo brano di lettera del signor Bruni, marito della signora Gaudenzi, il quale brano dice così:

"Lasciando per ora il discorso della mia Gaudenzi, che ha fatto furore a Napoli, quantunque, per verità, non sia più giovane, vi dirò che essendo io venuto a Milano per trattare con questi signori interessati all'appalto del regio Ducale Teatro la scrittura di mia moglie pel prossimo carnevale 1766-67, ho raccolte le notizie che m'avete raccomandato. La fanciulla è tra le educande del monastero di san Filippo Neri, e porta il nome del conte V..., e come tale anzi fu collocata colà; il conte che vive ancora qui, ha fatto causa per declinare la legittimità di detta sua figliuola... La causa dura da quindici anni, avendo il conte rinnovata la lite più volte per essergli sorvenuti sempre nuovi documenti e testimonianze da persone di Milano e di Venezia. Ma il Senato ha rigettato le sue domande ed ha pronunciato sentenza contraria, dichiarando sua figlia legittima quella che voi sapete, e avente per conseguenza pieno diritto al nome del casato del conte, all'eredità, alla successione."

Scorsa la qual lettera, il tenore non fa altro che sorridere e dalla poltrona passare alla spinetta a ripetere de' vocalizzi per tenere in esercizio la sua trachea oramai di quarantadue anni.

E dalla casa attigua al teatro di Monaco, piegando ancora l'ala dell'occhio verso Milano, e fermandola al disopra di una casa in contrada di Pantano, dopo aver percorsa una fuga di stanze a pianterreno, in ciascuna delle quali stanno seduti giovani scrivani col capo chino su grossi libri maestri, vediamo in un salotto un bellissimo giovane di trentacinque anni, vestito riccamente, ovverosia vediamo il signor Andrea Suardi, detto il Galantino, ora banchiere, successore al signor Rocco Rotigno, quale altro degli impresari della Ferma generale del sale, del tabacco e delle mercanzie del ducato di Milano, intento a dir queste parole ad un suo commesso:

- In forza dell'articolo ottavo della grida del 7 aprile di quest'anno, farete oggi, anche per ordine del presidente camerale, come appare da questo foglio che terrete con voi, una rigorosa perquisizione nel monastero di san Filippo Neri, dove sappiamo essersi nascosta una gran quantità di tabacco di Spagna. Nel fare tale perquisizione, trattandosi d'un luogo privilegiato e godente del sacro asilo, per vostra norma vi farete leggere prima dal capo dello studio il disposto nell'ultimo concordato colla santa sede.

Licenziato il qual commesso, il nostro ex-lacchè tira il campanello, e al servo gallonato che gli compare innanzi:

- Fa mettere la sella al cavallo, dice, che voglio uscire a fare una galoppata.

E una galoppata in questo medesimo istante la sta facendo un giovane di ventisette anni, il quale chi ha veduto il ritratto di Shelley, il fantastico amico di Byron, è costretto a dire che gli somiglia in tutto e per tutto.

E di fatto il giovane è figlio di padre inglese, ossia è lord Guglielmo Crall, ossia è il figlio maggiore di donna Paola Pietra. E il giovine caccia il cavallo a furia, avendo probabilmente per isprone e per iscudiscio un pensiero che lo esalta, e dopo aver fatto il giro di tutte le mura della città, se ne vien giù per porta Romana, e d'una in altra via, fa sentire lo scalpito suonante del suo cavallo nella contrada Nuova, dov'era situato il monastero di san Filippo, e nella quale, venendo dal naviglio di porta Tosa, entra, pur galoppando, il signor Andrea Suardi, incontrandosi in lord Crall appunto, e voltando subito dopo nella porta d'una casa.

Ed ora che abbiam fatto sfilare la maggior parte degli attori del secondo atto, imitando i direttori delle compagnie equestri che, allorchè danno spettacoli nell'arena, prima d'incominciare fanno caracollare in giro i così detti artisti che devono prodursi sulla corda, sui cavalli e sulle bighe; ora dunque, previe alcune spiegazioni troppo necessarie al lettore, per comprendere talune inaspettate trasformazioni, stiamo attendendo quel che sarà per succedere, giacchè pare che il celebre sestetto della Cenerentola - O che nodo avviluppato - sia stato scritto espressamente dal maestrone per essere poi applicato come epigrafe al nostro libro.

 




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