I
Sono trascorsi sedici anni. Saltano fanciulli e parlano
adolescenti di cui i genitori nel 1750 o non si conoscevan tra loro affatto, o non
sapevano di dover diventare marito e moglie, o i loro nomi non erano stati
ancor gridati da nessuna balaustra di altar maggiore; son giovinotti maturi
quelli che alla metà del secolo, non avendo che venti anni, eran chiamati
fanciulli dai giovinotti maturi del loro tempo. Le belle donne che, allora
nella canicola dei venticinque anni, facevano girar la testa a chi le
avvicinava, ora hanno varcato il quarantesimo anno, e qualche ruga incipiente
ha fatto cadere, a loro dispetto, il termometro fin quasi a zero; e non osano
più sfidare le lucide e bianche mattine, e molto meno il perfido sole di
mezzogiorno, ma amano di preferenza le luci artificiali, modificate dalle
seriche cortine piuttosto color rosso o rosa o violaceo, che gialle e verdi; e,
se escono a passeggi sollazzevoli, benedicono gli smorenti crepuscoli,
incaricati di gettare una benefica confusione tra i confini che dividono la
gioventù dalla maturanza! E chi era maturo ora è vecchio e chi vecchio è
decrepito: l'avvocato Agudio, per esempio, non
può più recarsi nemmeno in carrozza nè in lettiga al collegio dei
giureconsulti, e, obbligato al letto dal femore cronicamente offeso, serba però
ancora lucidissima la mente e inesauribile la dottrina legale, e dà consulti a
chi ne vuole. Il dottor Bernardino Moscati si fa ajutare dal figlio Pietro e il
giovinetto Giambattista Paletta lascia la giurisprudenza per la chirurgia
superiore. Il pittor Londonio ha sparpagliato per tutta Lombardia una
popolazione di vacche e buoi e asini e capre con tanta verità e in tale
quantità, da essere chiamato in questo genere il primo pittore del suo tempo.
Pietro Verri non è più il destituito patrocinatore dei carcerati, ma un
ex-ufficiale ripatriato, e, da cinque mesi, consigliere del consiglio supremo
d'economia; e Beccaria non è più fanciullo, ma un giovane di trent'anni, già
rinomato in tutt'Italia e in tutt'Europa per un libro che fu alla scienza del
diritto quello che molti anni dopo fu la pila di Volta alle scienze fisiche. E
giacchè l'accennare a questo libro, insieme col libro ci fa uscire da Milano e
dall'Italia, voglia ricordarsi il lettore che poco oltre la metà dei tre lustri
decorsi erasi pubblicata a Parigi l'Enciclopedia, a gettare in tutto il mondo
un filo di congiunzione e di fratellanza tra tutti gli uomini del pensiero,
quel pensiero che irretì e dominò e generò poi l'azione. Federico II aveva
fatto le sue grandi prove di valore nella guerra de' sette anni; ma la
preponderanza del pensiero cominciava ad essere così invadente, che il re
soldato pareva spesse volte un suddito al cospetto dell'ironia dissolvente di
Voltaire, il Mefistofele in carne ed ossa, al cui confronto impallidisce e si
dilegua il postumo ideale del poeta di Weimar. E il genio del sentimento,
intinto di pazzia e armato di sofisma, aveva già dettato a Rousseau tutti i
suoi capolavori e il Contratto sociale, in cui stava il germe di Robespierre e
la profezia della rivoluzione francese; ed era morto papa Lambertini,
l'epigrammatica sapienza, ed eragli successo colui che doveva essere perpetuato
dal genio di Canova; e giacchè la chiesa ci allarga a tutto il mondo, voglia
ricordarsi il lettore, per farsi un'idea del colore e della densità
dell'atmosfera ond'è tutt'all'intorno vastamente circondata la nostra piccola
sfera drammatica, voglia ricordarsi che, nel frattempo da noi saltato,
l'Inghilterra aveva già fondata la sua compagnia nelle Indie, e cercato di
sottrarre le mogli indiane al rogo volontario, e i fanatici al carro di
Jaggernath; mentre Spagna aveva ordinato il battesimo ai Cinesi delle Manille,
quasi nel tempo stesso che scopriva il nuovo Messico ed ordinava il censimento
delle Filippine; e voglia ricordarsi che Caterina II era successa a Pietro III
sul trono di Russia, ed erasi fatta la pace tra la Svezia, la Prussia e la
Russia; e un'altra ne facevano Austria, Prussia e Sassonia, e un'altra ancora
Inghilterra, Francia e Spagna; e a proposito di Spagna e Francia, i gesuiti
della seconda avean deposto l'abito regolare, mentre quelli della prima erano
stati mandati per mare nelle terre del papa; che nell'anno anteriore a quello a
cui ci troviamo oggi colla nostra storia, cominciò l'insurrezione delle Colonie
Inglesi nell'America settentrionale quando appunto era uscita l'opera Dei
Delitti e delle Pene. Due fatti che non hanno in apparenza parentela nessuna,
ma che pure, in così diverso modo, vengono a mostrare la scienza dell'uomo
solitario e l'istinto delle moltitudini, anelanti alla riconquista del diritto
razionale e naturale. Ma se il nome di Beccaria ci fece uscir da Milano, ora
con lui dalle lontane regioni dei due mondi, colla velocità quasi della luce,
rivoliamo in casa nostra, a tener dietro ai personaggi a noi già famigliari,
che cangiarono età, aspetto, condizione, fortuna; e a far la conoscenza dei
nuovi, per dominare così gli atteggiamenti di due generazioni.
Ed ora si ripigli il filo del quale abbiam reciso un capo.
È probabile che taluno dei più fantasiosi tra i nostri
lettori qualche volta abbia pensato, come sarebbe vario e bizzarro e proficuo,
se fosse possibile, lo spettacolo che si presenterebbe a chi avesse facoltà in
un dato punto di simultaneamente girar l'occhio e penetrare nell'interno di più
luoghi e di più dimore, ad assistere dall'alto alla varietà delle scene e delle
azioni di molti uomini intenti a disparate cose in uno stesso momento. Tale
spettacolo, che è e fu sempre un assurdo
impossibile se non nelle ballate nordiche o nelle leggende del medio evo, noi
vogliamo presentarlo a' nostri lettori oggi, senza essere maghi e senz'avere
nessuna scopa ai nostri comandi; e questo ne giova, perchè sorprendendo alcuni
de' nostri personaggi di antica conoscenza e alcuni de' personaggi nuovi in
quell'attitudine onde ci si mostreranno, vedremo, senza perder tempo, che
intenzioni hanno e da che punto prendon le mosse, e a che accennino.
Collochiamoci dunque in alto, e volgiamo l'occhio ad
osservare le molteplici macchiette delle figure che stanno e s'agitano e
formicolano al basso.
Gettiamo lo sguardo nella camera di ricevimento di donna
Paola, e la vedremo impegnata in un dialogo seriissimo con una dama, dell'età
press'a poco come la sua, e che è la contessa Arese, conservatrice del
monastero di san Filippo Neri.
E se dopo gli occhi, vogliamo far lavorare gli orecchi, ecco
quel che al lettore potrà giovare per conoscere di che si tratta. Così dunque
sta parlando la contessa Arese:
- Io ho creduto bene, donna Paola, di renderla avvisata di
questa grave circostanza. La fanciulla è troppo bella, vivace e troppo ardente,
perchè la si possa trattenere più oltre in mezzo alle altre educande, e tanto
più con quell'inconveniente che le ho detto. D'altra parte, proibirle di
passeggiare in giardino insieme colle sue compagne, prendere per lei misure
particolari, sarebbe un gettare lo scandalo nel convento, sarebbe mettere in
allarme tutti i parenti delle fanciulle... Giacchè dunque la ragazza è già per
varcare i quindici anni, io sarei di parere che vostra signoria, nella sua
saviezza, la levasse di là, e la tenesse qui sotto ai suoi occhi.
- La ringrazio, contessa, dell'avviso e del consiglio,
risponde donna Paola; ma non è cosa che si possa fare con precipitazione. Se
colui, ch'ella dice, ha fatto acquisto della casa e del giardino contiguo al
convento con manifesta intenzione di gettare insidie alla ragazza, mi pare che
all'amministrazione del convento, pel pericolo a cui potrebbero essere esposte
tutte le monache e le educande in conseguenza di questa comunicazione immediata
coll'altrui dimora, potrebbe far murare una cinta ed isolare il monastero
affatto. Io stessa ne farà parola... Intanto, domani che è giovedì, parlerò
alla ragazza; sentirò, e vedrò poi, di pieno accordo colla signoria vostra,
quello che si dovrà fare.
Ma in questo punto, in cui la nobile conservatrice del
monastero di san Filippo sta parlando con donna Paola, noi, girando l'occhio e
facendolo penetrare entro al monastero stesso, possiamo vedere una fanciulla
trattenersi nel dormitorio, mentre le sue compagne educande ne escono a coppie;
indugiarsi un momento davanti uno specchio, accarezzarsi le chiome quasi a
migliorare la gretta acconciatura del convento, levarsi il grembialetto di
levantina nera, assottigliarsi la vita stringendo la cintura oltre il punto
voluto dalla governante del dormitorio; e, fatto questo, accostarsi al proprio
letto, tirar la stringa della fodera del guanciale, levarne un gelsomino
appassito, odorarlo, con una inspirazione lenta, estatica, voluttuosa, che
finisce in un lungo sospiro; poi rimetterlo di furto, guardandosi in torno,
sotto la copertina del guanciale, e con passo lieve lieve e quasi trasvolante
uscir dal dormitorio, discender le scale e farsi colle compagne, baciando sulla
guancia la prima che le si fa incontro, ma con un trasporto e con un atto così
particolare e curioso, che sembra quasi che,
baciando materialmente quella faccia, coll'intelletto del senso ne baci
un'altra.
Tentare di tradurre al vivo il profumo incantevole, la
vaghezza, diremo, trasparente, ma che parrebbe voler dissimulare i tratti più
risentiti di quell'adolescente beltà; rendere quella grazia lieve e quasi
fuggitiva e che lascia indovinare come, scorrendo qualche lustro, ella potrebbe
forse ritrarsi per lasciar luogo a forme più compiute, più sode, più solenni;
tentare adunque di tradurre ciò in sembianza
di verità viva, è impossibile. Anche ai pittori è malagevole più che mai il far
ritratto della beltà femminile adolescente; forse perchè presenta il fenomeno
d'un'assidua ineguaglianza.
Ma nel punto che questo lavoro ineffabile della natura
artefice bacia il volto della fanciulla compagna, lungi da Milano, a Bologna,
in una delle aule assegnate alla facoltà matematica, la laureata contessa
Clelia V..., seduta nella cattedra, sta leggendo ad un uditorio di trentacinque
giovani studenti le seguenti parole:
"Galilæus ad Magni Verulamii votum deterso scholarum
situ veterum geometrarum severitate ratiocinari homines edocuit, et quadam
veluti expeditione in lunam, venerem, solem, jovem, et fixas usque feliciter
absoluta, ad reformandam physicam et mechanicam delapsus genuina principia
aperuit, quibus problemata motus omnia expedirentur, ecc."
E intanto che la laureata contessa sta recitando la sua
prolusione, a Monaco, nella casa vicina al teatro, il tenore Amorevoli, in
variopinta veste da camera, sta scorrendo questo brano di lettera del signor
Bruni, marito della signora Gaudenzi, il quale brano dice così:
"Lasciando per ora il discorso della mia Gaudenzi, che
ha fatto furore a Napoli, quantunque, per verità, non sia più giovane, vi dirò
che essendo io venuto a Milano per trattare con questi signori interessati
all'appalto del regio Ducale Teatro la scrittura di mia moglie pel prossimo
carnevale 1766-67, ho raccolte le notizie che m'avete raccomandato. La
fanciulla è tra le educande del monastero di san Filippo Neri, e porta il nome
del conte V..., e come tale anzi fu collocata colà; il conte che vive ancora
qui, ha fatto causa per declinare la legittimità di detta sua figliuola... La
causa dura da quindici anni, avendo il conte rinnovata la lite più volte per
essergli sorvenuti sempre nuovi documenti e
testimonianze da persone di Milano e di Venezia. Ma il Senato ha rigettato le
sue domande ed ha pronunciato sentenza contraria, dichiarando sua figlia
legittima quella che voi sapete, e avente per conseguenza pieno diritto al nome
del casato del conte, all'eredità, alla successione."
Scorsa la qual lettera, il tenore non fa altro che sorridere
e dalla poltrona passare alla spinetta a ripetere de' vocalizzi per tenere in
esercizio la sua trachea oramai di quarantadue anni.
E dalla casa attigua al teatro di Monaco, piegando ancora
l'ala dell'occhio verso Milano, e fermandola al disopra di una casa in contrada
di Pantano, dopo aver percorsa una fuga di stanze a pianterreno, in ciascuna
delle quali stanno seduti giovani scrivani col capo chino su grossi libri
maestri, vediamo in un salotto un bellissimo giovane di trentacinque anni,
vestito riccamente, ovverosia vediamo il signor Andrea Suardi, detto il
Galantino, ora banchiere, successore al signor Rocco Rotigno, quale altro degli
impresari della Ferma generale del sale, del tabacco e delle mercanzie del
ducato di Milano, intento a dir queste parole ad un suo commesso:
- In forza dell'articolo ottavo della grida del 7 aprile di
quest'anno, farete oggi, anche per ordine del presidente camerale, come appare
da questo foglio che terrete con voi, una rigorosa perquisizione nel monastero
di san Filippo Neri, dove sappiamo essersi nascosta una gran quantità di
tabacco di Spagna. Nel fare tale perquisizione, trattandosi d'un luogo
privilegiato e godente del sacro asilo, per vostra norma vi farete leggere
prima dal capo dello studio il disposto nell'ultimo concordato colla santa
sede.
Licenziato il qual commesso, il nostro ex-lacchè tira il
campanello, e al servo gallonato che gli compare innanzi:
- Fa mettere la sella al cavallo, dice, che voglio uscire a
fare una galoppata.
E una galoppata in questo medesimo istante la sta facendo un
giovane di ventisette anni, il quale chi ha veduto il ritratto di Shelley, il
fantastico amico di Byron, è costretto a dire che gli somiglia in tutto e per
tutto.
E di fatto il giovane è figlio di padre inglese, ossia è
lord Guglielmo Crall, ossia è il figlio maggiore di donna Paola Pietra. E il
giovine caccia il cavallo a furia, avendo probabilmente per isprone e per
iscudiscio un pensiero che lo esalta, e dopo aver fatto il giro di tutte le
mura della città, se ne vien giù per porta Romana, e d'una in altra via, fa
sentire lo scalpito suonante del suo cavallo nella contrada Nuova, dov'era
situato il monastero di san Filippo, e nella quale, venendo dal naviglio di
porta Tosa, entra, pur galoppando, il signor Andrea Suardi, incontrandosi in
lord Crall appunto, e voltando subito dopo nella porta d'una casa.
Ed ora che abbiam fatto sfilare la maggior parte degli
attori del secondo atto, imitando i direttori delle compagnie equestri che,
allorchè danno spettacoli nell'arena, prima d'incominciare fanno caracollare in
giro i così detti artisti che devono prodursi sulla corda, sui cavalli e sulle
bighe; ora dunque, previe alcune spiegazioni troppo necessarie al lettore, per
comprendere talune inaspettate trasformazioni, stiamo attendendo quel che sarà
per succedere, giacchè pare che il celebre sestetto della Cenerentola - O che
nodo avviluppato - sia stato scritto espressamente dal maestrone per essere poi
applicato come epigrafe al nostro libro.
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